Sguarauunda

Con il caldo fuori stagione a fare da cornice ad una splendida giornata di metà Febbraio, decidiamo di andare a fare una via in valle. Dopo un’attenta analisi delle vie papabili, considerando difficoltà intorno al 6c e lunghezza conforme alla durata della luce nelle giornate invernali, la scelta ricade su Sguarauunda, 300 metri, alla Cà del Liscio sulle Coste dell’Anglone. Di buona mattina partiamo per Dro arrivando alla base della parete giusti in tempo perchè il sole faccia capolino da dietro il monte. Si parte.

Il primo tiro rimonta un piccolo muretto iniziale per poi traversare su placca molto appoggiata verso sinistra fino ad una cengia con un albero dove si sosta. (5a)

La seconda lunghezza sale obliquamente verso destra la placca soprastante fino a raggiungere la base di un piccolo diedro. Lo si sale in verticale per tutta la sua lunghezza sino a raggiungere la sosta posta al suo culmine. (5c)

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Umberto sulla seconda lunghezza (5c)
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Simone prima del diedro finale della seconda lunghezza (5c)

 

Il terzo tiro parte con un traverso in placca molto delicato che da il grado alla sezione. Sebbene la roccia sia leggermente appoggiata non è molto fessurata e bisogna fidarsi molto dei piedi. A rendere le cose più complesse si aggiungono due fattori: Il primo è l’arrampicata leggermente in discesa, il secondo è il movimento di apertura gambe per raggiungere la presetta per il piede destro. Questo infatti richiede notevole flessibilità nella parte inferiore del corpo e, una volta raggiunta una certa stabilità, la posizione a “X” in cui ci si ritrova non è proprio facile da sciogliere se si è corti. In caso di emergenza il passaggio può essere comunque azzerato utilizzando il cordone presente. Il resto del tiro non presenta difficoltà e si raggiunge la sosta obliquando verso destra. (6b o A0)

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Simone sul passo chiave della terza lunghezza (6b)

Il quarto tiro è senza dubbio il più intenso della via. Le difficoltà non sono mai troppo elevate, ma la componente psicologica gioca un ruolo fondamentale. Si tratta di un traverso lungo circa 35 metri in placca leggermente appoggiata in cui le protezioni sono distanti tra loro rispetto allo standard della via (circa 4-5 metri l’una dall’altra). In base al meteo dei giorni precedenti, e alle ripetizioni, la roccia può risultare più o meno pulita dalla sabbietta e dal muschio. Al momento della salita, metà Febbraio, le condizioni dello sporco sulla roccia non erano eccelse ma hanno reso l’arrampicata più briosa, ballerina e divertente. E’ stato più il tempo passato a spazzolare e soffiare le prese prima di carici peso con i piedi che quello utilizzato effettivamente per eseguire i singoli passaggi. (6a)

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Umberto verso la fine del quarto tiro (6a)
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Simone all’inizio del quarto tiro (6a)

 

Sul quinto tiro iniziano finalmente la verticalità e l’esposizione. La roccia, da solida, grigia e compatta, muta rapidamente in gialla, scaglionata e meno stabile. Si rimonta verso destra fino ad un terrazzino per poi tornare verso sinistra rimontando il tetto. Qui l’esposizione è massima e l’arrampicata continua e divertente su buone prese. Senza accorgercene passiamo la sosta e iniziamo direttamente il sesto tiro che in realtà è una continuazione naturale del precedente. Obliquando verso destra si rimonta un facile diedrino strapiombante e si prosegue in zona arborea sino alla sosta. (5c per il quinto tiro e 5a per il sesto)

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Umberto sul quinto tiro (5c)

Il settimo tiro sale una rampa obliqua caratterizzata da gocce dovute all’erosione dell’acqua che cola dalla parete soprastante. (3a)

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Umberto sulla rampa del settimo tiro (3a)

L’ottavo tiro presenta le difficoltà più alte di tutta la via. Entrambi i passaggi sono comunque azzerabili tramite cordone. La prima asperità arriva subito all’inizio della lunghezza, una volta rimontato il terrazzino sopra la sosta. Sulla parte centrale della parete è presente una lametta da prendere con la mano sinistra, mentre la mano destra va alla ricerca del bordo superiore della pancia. Una volta accoppiate le mani si alzano bene i piedi e ci si sposta verso destra alla ricerca di comodi buchi tondeggianti. Una volta rimontati è possibile riposare. La seconda parte della lunghezza è decisamente più continua e difficile da interpretare “a vista”. dopo un po le prese a maniglia lasciano spazio a svasi e a qualche canna da pinzare con la mano sinistra. Il singolo passaggio dove è posto il cordone di azzeramento non è troppo complesso se si rimane sulla sinistra del rinvio e si traversa poi a destra, ma la linea degli spit può trarre in inganno. subito sopra lo spit con cordone è presente una presina abbastanza comoda per alzare i piedi e portarsi al di fuori della difficoltà. La catena è pochi metri più sopra su comodo terrazzino. (6c o A0, 6b+ o A0)

Qui si trova il libro di vetta. Pronti ad approcciare il nono tiro osserviamo la linea di spit che sale verticale alla sosta, su canne marcate. Sembra molto fisica, ma sulla guida dovrebbe essere un 6a quindi parto senza troppi pensieri ad affrontarla. Dopo qualche tentativo e un bel volo al quarto rinvio inizio a capire che qualcosa non va. E’ troppo tosto per essere un semplice 6a, nonostante riposi sulla corda numerose volte non riesco comunque a fare i singoli passaggi in maniera tranquilla. Incolpando ingenuamente la stanchezza, dovuta ai tiri precedenti e al raffreddore in atto, mi faccio calare. Una volta a terra ricontrollo la guida. La variante verticale non è segnata. Dopo mezz’ora comoda di tentatitivi torno su a smontare il tiro (grazie alle numerose maglie rapide lasciate probabilemnte dai precedenti ignari salitori). Il nono tiro “originale” traversa verso destra per circa 10 metri per poi rimontare subito prima dell’alberello. Un’ultimo traverso, sempre verso destra, porta ad un comodo terrazzino dove è posta la sosta. Decisamente il grado corretto questa volta. (6a)

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Simone sul nono tiro – quello sbagliato (?)
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Simone sul nono tiro – quello corretto (6a)

L’ultimo tiro non presenta alcuna difficoltà. Sale obliquamente verso sinistra una rampa molto appoggiata che si avventura nella vegetazione della boscaglia soprastante. Si giunge dopo una trentina di metri all’uscita della via e al sentiero di rientro. (3a)

Nel complesso la via è stata varia e molto divertente. La prima metà è senza dubbio per gli amanti dell’aderenza, mentre la seconda, più fisica e verticale, trova daccordo chi vuole avere piedi un pò più saldi e lavorare un pò più di braccia. Consigliata.