Viste le ultime uscite prevalentemente alpinistiche decidiamo di andare alla parete di San Paolo alla ricerca di qualcosa di più sportiveggiante. Tra le tante classiche della parete ci orientiamo sulla via “Roberto” che pare essere poco frequentata rispetto alle vicine più blasonate.
Il primo tiro sale lungo il muretto oltre la scritta blu che identifica la via con arrampicata piuttosto impegnativa almeno per quanto riguarda i primi metri. Qui infatti si deve vincere un muro abbastanza povero di prese marcate dove la forza nelle dita gioca un ruolo fondamentale per alzarsi da terra. Solo all’altezza del primo fix è presente la prima tasca veramente netta, nascosta dal basso e comunque niente di bellissimo. Consente però di alzarsi leggermente per raggiungere alcune prese migliori sulla sinistra che in breve portano ad una lametta molto comoda su cui riposare un po’. Questa si sviluppa anche lungo lo strapiombino che chiude la parete inferiore e che si affronta in dulfer allungandosi al di sopra di esso dove marcate prese, molto sporche, consentono di rimontarlo. Si prosegue ora con arrampicata semplice lungo la rampa fessurata che curva verso destra fino ad aggirare la parete dove si esce oltrepassando una piccola protuberanza rocciosa che spancia verso l’esterno. Mantenendo le mani in fessura ed i piedi bassi si raggiunge l’altra parete dove un arbusto molesto rende difficoltoso l’ultimo passaggio per arrivare in sosta. 25m, 6b.

Simone sulla prima lunghezza, 6b.
La seconda lunghezza prosegue a destra raggiungendo la fessura verticale che si supera agevolmente grazie alle comode rocce frastagliate soprastanti. Inizia ora un breve traverso verso sinistra lungo solida placconata priva di appigli ma abbastanza corta da riuscire ad “abbracciarla” sfruttando le lame che la perimetrano. I piedi rimangono invece in aderenza dove la pendenza è meno pronunciata. Oltre la placca è possibile proteggere il secondo di cordata con un cordone attorno ad un solido alberello e proseguire ancora verso sinistra lungo un muretto semplice ed appigliato. Obliquando si raggiunge una seconda placchetta, particolarmente sporca, che si approccia in maniera simile alla precedente solo che questa volta le prese sono meno marcate. Passando al di sotto di un arbusto, e tenendo con la mano destra l’unica presa comoda a disposizione, ci si allunga completamente fino ad agguantare la lontana lama che consente di superare le difficoltà riportando il corpo a sinistra e raggiungendo la sosta aerea oltre lo spigolo della parete. 25m, 6b+.

Martina al termine della seconda lunghezza, 6b+.
Il terzo tiro risale un bel diedro in comune con la via “Ischia-Clazà”. Per raggiungerlo si segue lo spigolo del pilastrino che si erge sopra la sosta con passaggio iniziale delicato per arrivare al primo fix. Si aggira ora lo spigolo verso sinistra dove un breve traverso ben appigliato conduce alla base del diedro. La prima sezione si affronta senza particolare difficoltà sfruttando bene entrambe le pareti, ricche di appoggi per i piedi, e l’evidente fessura centrale per le mani. Si giunge in breve alla base di una piccola pancia placcosa e polverosa, vista la natura canalitica del tratto, che si supera in aderenza. Una volta rimontata alcuni facili passi conducono alla base della seconda parete del diedro dove le difficoltà sono maggiori. Si sale rimontando un piccolo strapiombetto protetto da vecchio chiodo e si continua sfruttando, come in precedenza, entrambe le pareti fino a quando il diedro si allarga e curva verso sinistra. Qui una serie di passaggi da ricercare, un po’ ad incastro, consentono di superare faticosamente i primi metri e guadagnare il pilastro di sinistra che, con un ultimo sforzo, conduce al terrazzo di sosta dopo aver attraversato qualche metro di roccette frastagliate e mobili. 35m, 6a+.

Martina al termine del terzo tiro, 6a+.
La quarta lunghezza prosegue lungo il diedro giallo di sinistra, molto ben appigliato e piacevole da salire, con progressione semplie e ben protetta grazie alla coppia di fix che si incontra lungo la salita. In breve si esce su di un lungo terrazzino che si segue giusto per alcuni metri fino a riprendere la verticale in corrispondenza delle protezioni a parete. Inizia ora una sezione su roccette e pilastrini, abbastanza scabrosa, che conduce alla base di un tettino che si affronta sfruttando il diedrino di sinistra che ospita buone prese ma distanziate costringendo a qualche allungo per passare da una all’altra. Usciti dal diedro ci si ritrova sulla stretta cengia dove si sosta abbastanza scomodamente. 20m, 6a.

L’inizio della quarta lunghezza, 6a.
Il quinto tiro aggira verso destra il piccolo strapiombetto sopra la sosta che si rimonta con passo non facile su piccole tacche per le mani e con piedi in aderenza. Una breve sezione appoggiata porta alla base di una paretina strapiombante dove inizia il tratto più difficile dell’intero itinerario. Rinviato il primo fix ci si sposta verso sinistra alla ricerca delle prese migliori che per la loro natura liscia, stondata e consumata, sono maledettamente difficili da tenere ed altrettanto difficile è trovare una posizione comoda che consente di rinviare il fix successivo. Il tratto è azzerabile anche se la distanza tra le protezioni rende questa operazione abbastanza complessa. Proseguendo ora verso destra si raggiunge qualche presa migliore che consente di rinviare il terzo fix e continuare verticalmente, con arrampicata ancora fisica e stancante, fino al termine della parete dove la verticalità termina e grossi massi consentono di riposare. Spostandosi ora verso sinistra si aggira lo spigolo e si raggiunge infine la comoda sosta. Tiro molto delicato e difficile da passare in libera, le prese ci sono ma non sono mai belle e la sequenza di passaggi non è di facile interpretazione. Allo stato attuale il tratto può essere valutato sicuramente oltre il 7a. Anche azzerare non è immediato. 20m, 7a/7a+/A0.

Lo sviluppo del tiro chiave, 7a/7a+/A0.
La sesta lunghezza corre lungo lo spigolo della parete grigia che si sviluppa oltre la sosta. L’arrampicata si svolge in alternata tra il versante di destra e quello di sinistra seguendo le prese migliori. La progressione non presenta difficoltà particolari se si leggono bene i passaggi e solo verso la fine qualche passaggio più ostico permette di guadagnare la sommità della parete. Inizia ora una sezione molto brutta e sporca dove la gran parte delle prese è costituita da massi mobili che danno la fastidiosa sensazione di instabilità e pericolosità al passaggio. Prestare quindi molta attenzione lungo questo tratto. Facendosi spazio tra terra ed arbusti si raggiunge la base di un piccolo tettino che rappresenta l’ultima difficoltà della lunghezza. Una serie di passi atletici ma su prese relativamente buone consentono di superare e raggiungere la comoda fessura subito sopra il secondo fix visibile che sancisce il termine delle ostilità. Sebbene molte relazioni diano questo tratto come A0, è invece molto alla portata (sicuramente più del tiro precedente) con difficoltà che si aggirano attorno al 6c. Proseguendo in verticale ancora per pochi metri si passa attraverso una coppia di arbusti, che chiudono il passaggio, giungendo così al terrazzino di sosta. 35m, 6c/A0.

Simone lungo il primo pilastro della sesta lunghezza, 6c/A0.
Il settimo tiro è una lotta continua con gli arbusti, la terra ed i sassi che ogni due per tre ti rimangono in mano. Tutta la lunghezza è assai sporca e richiederebbe più di una passata di restyling. Si parte affrontando l’unico tratto solido del tiro: una pancetta oltre la sosta che si supera atleticamente grazie alle fonde fessure che la solcano nel punto più alto. Da qui in poi inizia una sequenza di terrazzini alberati, terriccio e roccette alternate a qualche raro passo su brevissime placchette giusto per dare un senso al tiro. La linea si sviluppa prima verso sinistra e poi verso destra seguendo la linea dei fix, che rimangono comunque ben visibili a parete, fino ad uscire su una larga cengia in vista del pronunciato tetto giallo, protagonista del prossimo tiro, che incute timore solo a gurdarlo. Sterzando verso sinistra si prosegue nel corridoio boschivo fino a superare un ultimo muretto che conduce alla sosta da attrezzare su due fix. 38m, 5c.

La partenza del settimo tiro, 5c.
L’ultima lunghezza è senza dubbio la più bella di tutta la salita e sinceramente era ora che un tiro meritasse davvero di essere salito! Sale il pronunciato strapiombo apparentemente molto repulsivo ma che in realtà ospita uno stretto canalino verticale che si affronta fisicamente ma con difficoltà umane. Si parte aggirando la nicchia di sosta verso sinistra e si prosegue in verticale lungo roccia gialla frastagliata che non dà un gran senso di stabilità ma che tutto sommato si muove poco. Obliquando verso destra si costeggia il tetto fino a cambiare versante con passo esposto ma ben manigliato. Ci si trova ora alla base del bellissimo canale che prosegue verticalmente sino al termine della parete. L’arrampicata è sicuramente fisica, visto che la parete strapiomba leggermente, ma tutte le prese sono al posto giusto facendo della resistenza una componente fondamentale al fine di superare agevolmente il tratto. In linea di massima si cerca di rimanere all’interno del canale per buona parte della sua lunghezza ed uscirne sulla sinistra in prossimità della fine dove le prese si fanno meno marcate ed è necessario attingere alle ultime energie per uscire sul terrazzino di sosta. Qui si attrezza un grosso albero e si recupera il compagno. 28m, 6b.

Martina impegnata lungo l’ultimo tiro, 6b.
Via con passaggi interessanti ma nel complesso molto sporca e da ripulire. Le prime tre lunghezze si svolgono su roccia buona e compatta ed offrono stili diversi. Anonimi sono invece i tiri centrali dove la vegetazione sta prendendo il sopravvento, mentre l’ultimo tiro è veramente bello e meritevole. Nonostante la linea sia protetta a fix non è da prendere sottogamba ed offre sicuramente ingaggio per chi vuole mettersi alla prova.