Claudia ’22

Oggi è il 2 gennaio 2023 ed è caldo. Raggiungiamo Arco con il termometro che segna gli 8°C alle 8:00 di mattina. Fortuna che il cielo è coperto e le previsioni non mettono sole per la giornata altrimenti sarebbe quasi da stare in maniche corte. L’obiettivo è quello di riniziare a muovere i primi pasi dopo le festività, quindi qualcosa di tranquillo. Ci dirigiamo verso la Parete di Pezol per salire una delle ultime realizzazioni: Claudia ’22.

Il primo tiro è particolarmente breve e consente di superare lo zoccoletto basale e di raggiungere così la parete principale. L’arrampicata è sempre semplice grazie all’inclinazione favorevole e dalle buone prese presenti. Si inizia approcciando la breve placchetta subito a destra della scritta, che identifica la via, che si vince agevolmente grazie alle accoglienti fessure orizzontali ancora un po’ sporche dal terriccio. Superato il primo tratto si prosegue lungo roccette frastagliate prima verso destra, raggiungendo un cordone attorno ad alberello, e poi verso sinistra fino ad arrivare al terrazino di sosta che si rimonta con qualche difficoltà sfruttando anche gli arbusti presenti visto che questo è particolarmente terroso e scivoloso. 15m, III+.

Martina lungo il primo tiro, III+.

La seconda lunghezza riparte lungo la parete principale che si verticalizza offrendo arrampicata interessante su roccia piuttosto solida. I primi metri del tiro sono decisamente i più difficili costringendo ad un delicato traverso verso destra dopo aver inserito il primo rinvio. Le prese qui sono minute ed appena accennate e la placca su cui poggiano i piedi è liscia. Con passo deciso, fidandosi bene dei propri mezzi, si raggiunge il muretto di destra che consente di tornare a salire in verticale. Le prese ora ci sono e sono abbondanti rendendo la progressione più semplice. Potrebbe tuttavia tornare comoda una coppia di friend medio-piccoli visto che le protezioni in loco sono distanziate in questo tratto. Puntando all’ultimo cordone penzolante visibile si vince la verticale giungendo ad un tratto più appoggiato che conduce senza ulteriori difficoltà alla cengia di sosta. 27m, V+.

I primi metri della seconda lunghezza, V+.

Il terzo tiro continua lungo il muro fessurato oltre la sosta. Si inizia portandosi di poco sulla sinistra e raggiungendo un primo esile cordoncino attorno a clessidra che si supera ritornando sulla verticale e proseguendo lungo placca compatta e facile. Le molteplici fessure a parete, fonde ed accoglienti, e le protezioni solide e ravvicinate rendono la progressione semplice e piacevole almeno fino alla placchetta finale. Questa rappresenta il passo chiave del tiro e si vince attraverso arrampicata di equilibrio e di aderenza raggiungendo le buone prese sommitali che consentono di rimontare sul terrazzino di sosta. Vista la lunghezza del tiro limitata e la linearità di quello successivo, allungando qualche protezione, si può saltare la sosta e proseguire fino a quella successiva. 20m, V+.

La linea del terzo tiro, V+.

La quarta lunghezza si avventura all’interno del diedro/canale che prosegue fino al terrazzino successivo. Lungo tutto l’itinerario la roccia è frastagliata e la progressione risulta essere sempre semplice anche se la qualità non eccelsa della roccia in questo tratto costringe a rimanere sempre sull’attenti e valutare bene quello che si prende. Dalla sosta ci si immette direttamente nel canale che obliqua verso destra preferendo la parte interna almeno per il tratto inferiore. La linea è ben evidente, grazie alle numerose clessidre adornate da altrettanti cordoncini, ed in breve si raggiunge un arbusto evidentemente potato per permettere il passaggio. Lasciato quest’ultimo sulla destra si prosegue sulla parete compatta alla sinistra del canale dove la roccia è più solida e l’arrampicata più entusiasmante. Senza particolari difficoltà si raggiunge infine il terrazzino di sosta. 28m, V-.

Martina la termine della quarta lunghezza, V-.

Molto bello ed elegante è il quinto tiro che vince la bellissima ed estetica placconata leggermente appoggiata che si estende oltre il terrazzino di sosta. Dopo un movimento in allungo per immettersi sulla placca si inizia a seguire il bordo sinistro che ospita le prese migliori. Si abbandona quest’ultimo dopo qualche metro tornando così ad arrampicare sulla placconata principale seguendo la linea delle protezioni a parete. Passando da una fessura all’altra si raggiunge l’ultimo tratto del muro grigio dove, in un unico movimento, sono concentrate le difficoltà del tiro. Un tagliente bidito permette di agguantare il bordo di una cavità che consente di alzare bene i piedi e, spingendo lungo la liscia placca, proiettarsi all’insopra del terrazzino di sosta. 30m, V.

La bella placca del quinto tiro, V.

La sesta lunghezza prosegue lungo l’evidente corridoio tra gli alberi attraverso arrampicata semplice lungo roccette rotte. Strappo alla regola sono i primi tre metri che si svolgono ancora lungo placca compatta e che costituiscono l’ostacolo maggiore del tiro. Qui infatti le prese non sono particolarmente comode e l’arbusto sulla destra ostacola un po’ il passaggio. Raggiunto il primo cordone la parete si appoggia e l’arrampicata risulta essere più semplice. Si prosegue in verticale fino a che il corridoio è chiuso da vegetazione imponendo una brusca sterzata verso sinistra che, attraverso un po’ di terriccio e cercando di rimanerne al di sopra, porta alla comoda terrazza di sosta. 22m, IV.

Martina sulla sesta lunghezza, IV.

Il settimo tiro è breve e poco entusiasmante. Supera il breve muretto oltre la sosta che conduce ad una larga terrazza detritica che si segue camminando verso destra fino a che si raggiunge la base della parete successiva dove si sosta a fianco alla scritta “Claudia”. Lungo il muretto iniziale la qualità della roccia non è delle migliori e non è raro che rimanga in mano più di qualche appiglio. Fortunatamente il tratto è breve e semplice ma è comunque fondamentale prestare attenzione. Un occhio di riguardo anche durante il traverso e quando si recupera la corda perchè è facile smuovere qualche detrito che arriva direttamente sulla sosta sottostante. 22m, IV.

L’inizio del settimo tiro, IV.

L’ottava lunghezza torna a salire in verticale all’interno di un largo diedro composto principalmente da roccette rotte e poco stabili. Prima di giungere nel diedro vero e proprio si rimonta il facile muretto basale e si prosegue mantenendo la parete di sinistra quasi fino al termine. Ignorare ora la linea di protezioni che continua ancora a sinistra (fanno parte della via “Cercando la Trincea”) e spostarsi invece lungo la parete destra del diedro rimontando il pilastro ed oltrepassando l’arbusto posto sul suo culmine. Un breve traverso verso destra porta alla base di una placchetta compatta che si vince verticalmente raggiungendo così il terrazzino di sosta. 24m, V.

Il diedro dell’ottava lunghezza, V.

Molto breve è il nono tiro che, allungando qualche protezione in precedenza, si può decidere di concatenare. Si tratta principalmente di una anonima camminata verso destra che in breve tempo porta all’uscita della via ed al libro di vetta. Solamente gli ultimi 3 metri si svolgono su roccette ma non aggiungono particolari emozioni ad un tiro sostanzialmente di collegamento. Si sosta sulla roccetta al di sotto del libro di vetta oppure, più comodamente, sull’arbusto subito sopra. 18m, II.

Gli ultimi metri del nono tiro, II.

La via si può terminare qui, seguendo il sentiero di sinistra, oppure raggiungere il breve tiro finale che consente di raggiungere la cima del Pezol arrampicando. In questo caso si segue per una decina di metri la traccia di destra fino alla parete successiva. Di seguito la descrizione.

La decima lunghezza è corta ma piacevole e si svolge lungo il muretto che termina poco prima del traliccio dell’alta tensione. Si risale la bella parete fessurata con difficoltà pressochè costanti raggiungendo dapprima un arbusto, da cui penzola un cordone, ed in seguito proseguendo a zig zag lungo la placchetta successiva. Spostandosi prima verso sinistra ed in seguito verso destra si segue la linea delle protezioni che si sviluppa lungo il bel muretto compatto alla ricerca della linea più facile ed intuitiva. Anche qui le fonde fessure aiutano la progressione che termina con un facile traversino verso sinistra che permette di rimontare in vetta. Oltrepassate le ultime roccette, ormai camminando, si raggiunge la coppia di fix che si attrezzano per l’ultima sosta. 25m, V.

Simone lungo l’ultimo tiro, V.

Via semplice e particolarmente didattica. Adatta a chi muove i primi passi sulle vie a più tiri. Le protezioni sono abbondanti lungo tutto l’itinerario, solo nel secondo tiro può essere utile inserire qualche friend. La roccia è buona anche se in alcuni tratti necessita di una controllata considerando anche che la via è recente e bisogna aspettare ancora qualche salita per il consolidamento.

Sulle pance del Pezol

Il sabato del lungo weekend di Halloween scendiamo verso Arco nonostante le temperature siano torride per il periodo. 27° di massima a fine ottobre inzia veramente ad essere preoccupante! Ci dirigiamo comunque alla Parete del Pezol di buona mattina arrivando alla base della fascia rocciosa con il sole che inizia già a scaldare la parete. La via? “Sulle pance del Pezol”.

Il primo tiro supera lo zoccoletto iniziale tramite un breve traverso verso destra su rampetta semplice ed appoggiata. Una volta aggirata la parete ci si trova su cengia che si segue costeggiando il piccolo strapiombetto sommitale fino ad incontrare il muretto successivo. Qui inizia un diedrino che si risale agevolmente, grazie alle numerose prese ed appigli quà e là, lungo roccia gialla, solida e grumosa. Al termine del diedrino ci si sposta leggermente sulla destra per raggiungere la sosta aerea da attrezzare. 27m, V.

Simone all’inizio della via, V.

La seconda lunghezza riparte con un breve traverso, ancora verso est, in aderenza su bella placchetta. Aggirato lo spigolo della parete si torna a salire verticalmente all’interno di un secondo diedro più severo e fisico rispetto a quello precedente. Le prese sono comunque abbondanti lungo tutto il tratto e giocando bene con gli appoggi laterali si riesce sempre a scaricare il peso dopo ogni movimento. Al termine del diedro si inizia un ulteriore traverso rimanendo al di sotto dello strapiombo che chiude la parete. Gli appoggi per i piedi, piuttosto alti, costringono a rimanenre quasi sempre rannicchiati rendendo così la progressione più ricercata. Se si è particolarmente alti si possono invece sfruttare le prese al di sopra dello strapiombetto, nascoste alla vista. Al termine del traverso, in corrispondenza del primo arbusto, si trova la sosta da attrezzare su 2 cordoni attorno a clessidre. 30m, VI.

Steve al termine della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro riparte ancora verso destra oltrepassando così gli alberi sopra la sosta rimanendone al di sotto. Si raggiunge così una rampetta obliqua che torna a salire in verticale dopo pochi metri. Oltrepassato qualche cordone si giunge ad una placchetta priva di ulteriori protezioni. Qui la linea da seguire non è evidente ma come riferimento continuare lungo lo spigoletto di sinistra fino alla base di un tettino sopra il quale è presente un fix non visibile dal basso. Con passo semplice si rimonta raggiungendo così un lungo terrazzino che, seguito verso destra per tutta la sua interezza, conduce alla sosta. 30m, V.

Molto bella, per via della particolare conformità della roccia, è la quarta lunghezza che, tramite traverso ascendente, porta ai piedi di un grande tetto ad arco. Si parte su solida placconata che si vince senza troppe difficoltà e che permette di raggiungere una grande canna attorno alla quale penzola un cordone bianco. Con passo atletico e meritevole si raggiunge la parete di destra maestosamente lavorata a taglienti gocce. Si traversa quindi leggermente mantenendosi il più possibile bassi, per sfruttare le prese migliori per le mani e gli evidenti appoggi per i piedi, fino alla verticale di un arbusto tagliato ed ornato da cordoncino. Qui si torna a salire sempre lungo parete gialla a gocce fino a che non lo si raggiunge. Sul terrazzino poco sopra è presente infine la sosta da attrezzare. 23m, V+.

La bella roccia a gocce a termine della quarta lunghezza, V+.

Il quinto tiro segue, per tutta la sua lunghezza, l’arcata che chiude la parete inferiore che dapprima ascende fino al culmine per poi discendere fino alla sosta successiva posta più in basso rispetto a quella attuale. La sicurezza è garantita dai numerosi cordoni attorno alle clessidre ricavate sulle molteplici canne alla base dell’arco, qualcona posta però un po’ in alto rispetto al livello del traverso. La progressione risulta comunque semplice grazie all’inclinazione favorevole della parete e all’abbondanza di appoggi su cui muovere i piedi. Raggiunto il punto più alto dell’arco si inizia lentamente a scendere disarrampicando fino alla sosta posta poco prima di raggiungere l’evidente canale che separa le pareti. 30m, IV.

Il traverso discendente del quinto tiro, IV.

La sesta lunghezza è corta ma intensa, la prima veramente ingaggiante della salita. Dalla sosta si affronta diritti per diritti il tetto soprastante, molto fisico lungo il primo tratto ma su prese comode. Tutt’altro discorso è invece il traverso successivo, puramente d’aderenza e senza prese nette per le mani. Il passo chiave è proprio questo: corpo bello attaccato alla parete e movimento lento ed estremamente delicato verso sinistra per arrivare alla fonda lama che consente di spostarsi definitivamente verso rocce più frastagliate e semplici da salire. Si continua ancora per qualche metro verso sinistra, integrando le protezioni presenti con qualche friend per agevolare la progressione del secondo di cordata. Raggiunto un diedrino lo si sale prestando attenzione alla qualità della roccia, abbastanza scadente in questo punto. Rimontato il pulpito al termine del diedro si attrezza la sosta aerea. 20m, VI+.

Jacopo lungo il passo chiave della sesta lunghezza, VI+.

Il settimo tiro riparte risalendo la breve placchetta che si sviluppa oltre la sosta leggermente sulla sinistra. Dopo un primo fix si raggiunge un facile strapiombetto che si vince senza particolari difficoltà grazie alle fonde ed accoglienti lame sommitali. Si giunge così su rampetta ascendente verso destra, particolarmente compatta e lavorata anch’essa da bei buchi e fessure. Al termine della rampa si discende per qualche metro, con passetti delicati, fino ad un cordone alla base di un piccolo tettino. Questo si supera atleticamente con movimento non semlice e si raggiunge così la sosta sul terrazzino subito oltre. 27m, V-.

La facile rampa del settimo tiro, V-.

L’ottava lunghezza riprende risalendo la placchetta oltre la sosta attraverso arrampicata piacevole e di equilibrio. Solo i primi metri, un po’ scarsi d’appoggi rilevanti, impegnano un po’ di più l’arrampicatore. Circa a metà della placca, per evitare le evidenti roccette pericolanti poco sopra, la linea piega decisamente verso sinistra fino a portarsi alla base di un pulpito. Anche qui la roccia non è il massimo ma le prese principali sembrano reggere e con un paio di passi fisici ed atletici, qui la parete straiomba un po’, si rimonta il pulpito trovandosi sul terrazzino sommitale dove è presente una sosta intermedia, ma consigliata, per evitare l’eccessivo attrito delle corde lungo il delicato muretto del tiro successivo. 25m, VI.

La placchetta iniziale dell’ottava lunghezza, VI.

Il nono tiro, se si è scelto di sfruttare la sosta intermedia, è particolarmente breve ed intenso. Si tratta di vincere la pacchetta chiusa da pronunciato tetto attraverso arrampicata elegante ma delicata. Dalla sosta si raggiungono senza difficoltà le fonde lame basali della placca e si continua, da qui in poi, arrangiandosi con le poche tacchette a disposizione obliquando leggermente verso destra. Il passo centrale è quello più ostico: qui le tacche sono storte ed appena accennate ed è fondamentale trovare gli equilibri giusti fidandosi bene dei piedi che spingono bene sulla placca. Una volta raggiunta la presa sotto il cordone si prosegue più agevolmente fino alla scomoda sosta aerea sotto il tetto. 12m, VI.

Steve alle prese con la delicata placchetta del nono tiro, VI.

La decima lunghezza ospita i singoli più duri di tutto l’itinerario e nel complesso è bella e sostenuta. Si inizia con un breve traverso verso destra che aggira lo spigolo della parete immettendosi su placchetta rossa. I primi metri del traverso sono i più delicati ma raggiunte le prime canne la progressione diviene più facile grazie anche ai numerosi appoggi per i piedi. La placchetta oltre lo spigolo invece è tutt’altro che semplice da interpretare visto che le prese a parete, a parte il vascone iniziale, sono rare e quelle presenti sono appena accennate. Il passaggio per raggiungere il cordone che penzola dal tetto soprastante è quindi molto delicato e richiede una buona dose di fiducia, sia nelle mani che nei piedi, per essere superato. Raggiunto lo strapiombo la soddisfazione è massima ma rimangono ancora alcuni metri prima di poter cantare vittoria. Lo strapiombo è faticoso sì ma tutto sommato ben appigliato e se si sono conservate un po’ di forze si passa senza troppi patemi considerando che i cordoni permettono comunque di azzerare in caso di necessità. Un breve traverso verso sinistra conduce infine alla sosta. Tiro bello e meritevole, a nostro avviso le difficoltà reali risiedono nella placca sottostante il tetto più che nel superare il tetto in sè. 28m, VII.

Simone lungo il traverso prima del passo chiave della via, VII.

L’undicesimo tiro si sviluppa lungo le belle placconate finali della parete zigzagando alla ricerca dei punti che oppongono minor resistenza. Dalla sosta si risale lungo la bella lama di sinistra fino al suo termine dove ci si sposta verso destra iniziando così un bel traverso in direzione del grande diedro che si segue per qualche metro in verticale una volta raggiunto. Per evitare la severa placchetta soprastante si torna ancora una volta verso sinistra raggiungendo lo spigolo della parete prima di tornare verso destra un’ultima volta rimontando la breve pancia che conduce alla sosta. Nonostante il tiro sia poco lineare è molto bello, ricordarsi solo di allungare qualche protezione per evitare eccessivo attrito lungo i metri finali. 40m, VI.

La bella placconata del penultimo tiro, V+.

L’ultima lunghezza riparte, traversando su cengetta, a sinistra della sosta e raggiungendo lo spigoletto finale. La qualità della roccia lascia molto a desiderare in questo tratto, prestare quindi attenzione a quello che si prende. Le difficoltà sono comunque limitate ed in breve si raggiungono i prati sopra la parete che, dopo una serie di terrazzini, portano ai piedi di una vecchia trincea. Oltrepassata anche quest’ultima si sosta comodamente al suo interno. 30m, V+.

Steve lungo gli ultimi metri della via, V+.

Via molto bella che offre molteplici spunti interessanti lungo placche, diedri e brevi strapiombetti. Le protezioni a parete sono abbondanti e posizionate intelligentemente nei punti giusti anche se ogni tanto è bene integrare la progressione per una maggiore sicurezza soprattutto del secondo di cordata. La linea è piuttosto storta ma divertente, assolutamente da non perdere!

Via Dante Dassati

Sulla parete del Pezol, alle pendici del Monte Velo, nel versante Arcense, le prime vie sono state tracciate agli inizi degli anni ’80. La scarsa frequentazione ed il tempo hanno gettato nel dimenticatoio questi itinerari, riscoperti solo di recente e rivalorizzati con interventi di ammodernamento. Un esempio è la via “Dante Dassati” che siamo andati a ripercorrere una cupa mattinata di inizio febbraio.

Il primo tiro si svolge lungo roccette poco solide, sintomo di una fascia rocciosa non sempre sana, che si alternano a pilastrini leggermente più compatti per tutta la lunghezza. Dalla base della parete si segue l’evidente linea di cordoni che sale leggermente verso destra rispetto alla partenza della via. Proprio il muretto iniziale presenta la roccia meno compatta e spesso mobile al solo tatto ed è quindi necessario valutare bene le prese che si decidono di prendere. Superare il primo muretto risulta essere anche la difficoltà maggiore della lunghezza in quanto, una volta sulla parete soprastante, la linea si appoggia ed i solidi pilastrini fessurati consentono una progressione agevole fino alla sosta costituita di anello e cordone. Rimanere comunque sull’attenti anche sulla parte superiore del tiro in quanto al di fuori dei pilastri di salita la roccia rimane friabile. 25m, V.

Simone all’inizio del primo tiro, V.

La seconda lunghezza prosegue a destra della sosta su bella placca compatta. L’arrampicata è prevalentemente di aderenza con buone prese per le mani e piedi a spalmo sulla parete. La prima parte della placca si supera sfruttando lo spigolo di sinistra che permette di raggiungere la fonda e comoda fessura che taglia la parete orizzontalmente. Rimontata questa una seconda placchetta ci divide dai terrazzini prima della sosta. Questa si supera con movimenti delicati in equilibrio che permettono di afferrare una comoda presa sullo spigolo di destra, posta un po’ in alto, ed oltrepassare così le difficoltà. Si prosegue ora lungo una successione di brevi pilastrini alternati a cenge, sulla falsa riga del tiro precedente, che, senza ulteriori difficoltà, conducono in breve alla sosta. 30m, VI.

La bella placchetta della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro cotinua ancora lungo la parete a destra del pilastro di sosta che si raggiunge con passo discendente. La placchetta che si presenta davanti è di facile risoluzione e, uscendone sulla destra, si giunge al di sopra di un terrazzino roccioso chiuso da un piccolo tettino. Da qui si traversa per un paio di metri verso sinistra fino a trovare delle buone e marcate prese che consentono di superarlo agevolmente. Continuando ancora verso sinistra si passa attraverso una zona caratterizzata da rocce rotte che evitano gli arbusti di destra. Il tratto non è protetto ma la progressione è semplice, complice la pendenza della parete tutt’altro che verticale. Giunti in prossimità dello spigolo di sinistra si torna ad obliquare verso destra in direzione di un evidente canale alla cui base è presente la sosta costituita da singolo anello. 30m, V+.

Martina al termine del terzo tiro, V+.

La quarta lunghezza rimonta le rocce staccate subito a destra della sosta proiettandoci all’interno di una largo camino particolarmente terroso. Fortunatamente i primi metri si svolgono lungo la placca fessurata della parete di sinistra, decisamente più pulita e compatta, che mano a mano che si sale diviene più severa e costringe a ripiegare all’interno del canale. Questo, oltre ad importanti accumoli di terra, è caratterizzato da numerosi massi appoggiati ed incastrati, anche di grosse dimensioni, e non è raro smuovere qualcosa durante la progressione. La sosta sottostante è comunque al riparo dalla verticale di caduta ed eventuali massi volanti impattano direttamente nel boschetto sottostante. Il camino non presenta particolari difficoltà e lo si supera sfruttando le pareti laterali un po’ ad incastro. L’arrampicata non è comunque emozionante e la sensazione è quella di volerne uscire al più presto. Il camino termina su di una piccola cengia pendente dove è presente una sosta scomoda. 20m, V-.

Il camino del quarto tiro, V-.

Il quinto tiro è molto breve e sale il muretto fessurato che si sviluppa oltre la sosta fino a raggiungere il tetto posto più in alto. L’arrampicata si svolge principalmente lungo la fessura cha fa arco verso destra, dove è possibile inserire qualche protezione rapida in aggiunta a quelle esistenti qui distanziate. Il tratto è particolarmente sostenuto per via della verticalità della parete e del fatto che le prese non sono mai belle nette. Quando la fessura inizia a curvare ci si sposta sulla placchetta di destra proseguendo con movimenti più semplici fino a raggiungere il termine delle asperità. Qui la roccia muta di forma e colore e dalle lame grige passiamo a gocce su parete rossastra. Senza grosse difficoltà inizia un breve traverso verso destra che conduce alla sosta composta da 2 cordoni posti proprio sotto lo strapiombo (c’è anche la possibilità di aggiungere un 3° cordone nella clessidra artificiale subito sotto a destra dei primi 2). 20m, VI-.

Simone sulla quinta lunghezza, VI-.

La sesta lunghezza inizia traversando verso destra per aggirare il marcato tetto sopra la sosta. Qui è anche presente il passo più difficile della via: con arrampicata fisica ed atletica si rimonta il terrazzino di destra chiuso da un piccolo strapiombo che si supera in allungo raggiungendo con le mani l’inizio della fessura che incide la placca soprastante le difficoltà. Raggiunta questa si prosegue con arrampicata più semplice seguendo la linea dei cordoni a parete che, obliquando verso destra, supera un piccolo arbusto e porta alla base della placca terminale. Qui si torna a salire verticali sfruttando le belle e fonde fessure a parete che, mano a mano che si sale, tendono a scomparire. Un ultimo passo su placca d’equilibrio conduce infine ad una sosta aerea ben evidente. 30m, VI+.

La placca finale del sesto tiro, VI+.

L’ultimo tiro non presenta difficoltà rilevanti ma la qualità della roccia, almeno lungo il primo tratto, costringe quantomeno a non abbassare l’attenzione, Con breve traverso ci si sposta verso sinstra su di un ampio terrazzino e si approccia il muretto finale. Qui qualsiasi cosa si tocchi si muove quindi delicatamente si prosegue fino a che la roccia non migliora ed un ultimo passo in placca conduce alla cresta sommitale. Si cammina raggiungendone il punto più alto dove è sito un cordone. Da qui è possibile traversare verso destra e continuare lungo l’ultimo tiro della via “Cercando la trincea”, oppure proseguire nel boschetto e sostare su di un albero per raggiungere la vetta a piedi. Per non rovinarci la sorpresa per quando andremo ad affrontare l’altra via noi abbiamo deciso di fermarci qui. 30m, IV+.

Le roccette finali, IV+.

Via modesta che alterna roccia molto solida a tratti più scabrosi. L’arrampicata è comunque divertente e continua, mai interrotta da arbusti e zone boschive, ed il bel panorama sul lago di Garda regala uno sfondo magico che ci si ferma ad ammirare ad ogni sosta. L’esposizione fa sì che il sole baci la parete per molte ore, la chiodatura è buona e solo in pochi punti è necessario integrare. Ingredienti ideali per un inevitabile affollamento.