Premiata Forneria Pfitscher

L’antiscudo è una fascia rocciosa decisamente poco frequentata, lo abbiamo scoperto a nostre spese circa un anno fa quando abbiamo salito la linea “Cane Cico” trovandola particolarmente erbosa ed abbandonata. Il che è un peccato perchè le placconate che compongono la fascia rocciosa ispirano parecchio. Tant’è che anche alla fine del 2022, per terminare l’annata in bellezza, torniamo a farci un salto per salire un’altra via, “Premiata Forneria Pfitscher”, nella speranza di trovarla in buone condizioni.

Il primo tiro è davvero bello e meritevole nonostante in alcuni punti la vegetazione disturba e non poco. Sale lungo compattissima placca tagliata verticalmente da fessurina che si segue per circa metà lunghezza. La parte superiore si svolge sempre in placca con arrampicata più delicata e di movimento visto che le prese scarseggiano. Si inizia risalendo il muretto compatto, oltre la targhetta che identifica la via, che si approccia con movimento non semplice prima di raggiungere le evidenti gocce che antecedono prese migliori. Facendosi spazio tra i primi segni di vegetazione abusiva si giunge ai piedi della fessura principale che si segue completamente. Qui l’arrampicata non è semplice e richiede particolare sforzo con le mani che tengono sempre piccole tacche taglienti ed i piedi spesso a spalmo lungo le placche laterali alla fessura. Vinte le difficoltà si raggiunge un grosso arbusto che ostacola il passaggio e che si oltrepassa lottando con i suoi rami particolarmente spessi e quindi difficili da spostare. Oltre l’albero è presente un terrazzino che spezza la verticalità prima della placconata finale. Questa inizia abbastanza semplice ma mano a mano che si sale diviene più ardua e continua lasciando poco spazio per respirare e riposare. Gli ultimi passi sono decisamente i più difficili e si svolgono lungo specchio liscio con arrampicata prevalentemente di equilibrio su piccoli appoggi dove è necessario fidarsi bene dei piedi. Obliquando verso sinistra si giunge infine al terrazzo alberato dove si sosta. Tiro molto bello ed ingaggiante, non regalato e da non sottovalutare soprattutto per via della vegetazione e del terriccio che si insidiano nelle prese. 35m, 6b.

Simone lungo i primi metri della via, 6b.

La seconda lunghezza prosegue lungo le placche frastagliate, ed incise da larghe fessure, che si formano a partire dalla sosta. La progressione qui è resa particolarmente difficoltosa dall’erba che è cresciuta all’interno delle fessure e che non agevola la ricerca delle prese impedendo addirittura di raggiungerne alcune. I fix allo stesso tempo non sono ben visibili ma la linea da seguire è abbastanza evidente e tendenzialmente corre in verticale lungo la fessura principale e sulla placca immediatamente alla sua destra. Le difficoltà maggiori della lunghezza si trovano verso il termine dove è necessario superare una bella placca compatta che si vince attraverso movimenti delicati in equilibrio. Si raggiunge così un terrazzino erboso dove si sosta. 20m, 6a.

Jacopo impegnato sul passo chiave della seconda lunghezza, 6a.

Il terzo tiro prosegue verso destra ancora lungo placca fessurata. Anche qui purtroppo la vegetazione si è ripresa il suo spazio e tutto il tiro è una lotta continua. Dopo essersi spostati qualche metro verso destra si oltrepassa un fastidioso arbusto e si entra così in un diedro che si segue verticalmente per tutta la sua interezza sfruttando entrambe le pareti laterali sia con le mani che con i piedi. Terminato il diedro si torna su placchetta che si segue verticalmente arrampicando lungo la piccola fessurina che la solca. Particolarmente ostico è il passaggio finale, in aderenza su prese scomode. Raggiunto un arbusto si sosta appena alla sua sisnistra. 20m, 5c.

Martina lungo il terzo tiro, 5c.

La quarta ed ultima lunghezza continua dapprima in verticale ed in seguito leggermente verso sinistra per raggiungere la sosta finale e la cima dell’Antiscudo. Individuando un corridoio tra i ciuffi d’erba si sale verticalmente lungo una serie di brevi pilastri fino a che si raggiunge la base di un alberello. Qui una placchetta compatta e stranamente sgombra da vegetazione permette di guadagnare gli ultimi metri della via che termina in corrispondenza di un cordone nero che olbiqua verso sinistra in direzione del boschetto. Vista la natura cedevole del terreno detritico è consigliabile seguire il cordone e sostare più tranquillamente su di un albero alla base del boschetto dove è anche più comodo e sicuro slegarsi e mettere via l’attrezzatura prima di iniziare la discesa. 30m, 5b.

La linea dell’ultima lunghezza, 5b.

Via che allo stato attuale delle cose è poco raccomandabile: troppo sporca e vegetativa. Un vero peccato perchè la prima lunghezza è davvero bella ed anche quelle successive, in condizioni diverse, sicuramente avrebbero da dire la loro. Ci vorrebbe un bel lavoro di pulizia ed una frequentazione più assidua un po’ di tutta la parete. Rimandata.

La Piccola Verticalità

In una bella temperata giornata di fine novembre ci dirigiamo verso le Coste dell’Anglone per salire “La Piccola Verticalità”, una linea adocchiata da tempo ma che non avevamo ancora avuto modo di arrampicare. Le giornate sono corte e per non rischiare alle 8:30 siamo già a parete pronti ad affrontare le sfide della giornata.

Il primo tiro è piuttosto breve e supera, senza difficoltà rilevanti, le roccette scaglionate che caratterizzano la parte inferiore della parete. Si sale prestando attenzione soprattutto al terriccio che, depositandosi, rende scivolosi gli appoggi per i piedi e nasconde le prese per le mani. Le protezioni sono buone lungo tutta la lunghezza, composte prevalentemente da cordame attorno alle clessidre, e la progressione risulta essere lineare e piacevole. L’unico passo un po’ più ostico lo si trova all’incirca a metà del tiro dove si rimonta un piccolo strapiombetto per poi dirigersi verso sinistra alla base di un secondo. Questo, molto più agevole, conduce al terrazzo di sosta, posizionata sulla destra. 25m, IV+.

Martina lungo il primo tiro, IV+.

La seconda lunghezza traversa sotto l’evidente tetto soprastante la sosta che si rimonta completamente a sinistra nel suo punto più debole. Prima del traverso ci si alza comunque qualche metro, lungo la rampetta ascendente di destra, attraverso movimenti non immediati e da ricercare per raggiungere le comode prese poste un po’ più in alto. Raggiunta la base del tetto si inizia a traversare. La progressione richiede un po’ di attenzione in quanto la fessurina che segue il tetto inizialmente è stretta e ci entrano solo le punte delle dita mentre i piedi si muovono lungo appoggi che evidentemente iniziano ad usurarsi. Verso la fine del traverso la fessura si allarga e diviene più accogliente e comoda ed anche la parete inizia a strapiombare un po’. Si rimonta quindi il tetto riportandosi verso destra, evitando di alzarsi troppo per non complicarsi la vita, fino al raggiungimento della sosta su cordoni. 20m, VI.

Simone lungo il traverso iniziale della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro continua lungo il muretto grigio oltre la sosta. Si inizia spostandosi leggermente verso destra affrontando la bella placchetta fessurata che ospita i movimenti più duri della lunghezza. Attraverso movimenti in aderenza ci si risposta verso sinistra raggiungendo così una bella lama staccata eventualmente proteggibile con friend grande. Si procede rimanendo tendenzialmente lungo la parete di destra dove si raggiunge un piccolo terrazzino dove è incastrato un dado. Proseguendo ora in verticale si arrampica lungo un bel pilastrino, con movimento non banale per raggiungerlo, prima a sinistra e poi, in corrispondenza di un cordone, verso destra, fino ad arrivare alla comoda cengia di sosta. 40m, VI-.

Jacopo al termine del terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza è anch’essa molto breve e non è immediatamente chiara la linea di salita visto che a parete non ci sono protezioni. La parte sinistra della parete, tuttavia, è evidentemente più sporca rispetto a quella di destra ed infatti si procede in quest’ultima direzione. Dalla sosta ci si sposta quindi leggermente verso destra fino a raggiungere una fascia sgombra da vegetazione che si segue attraverso arrampicata semplice lungo roccette rotte sempre però da verificare in quanto abbastanza instabili. Si raggiunge presto una fessurina più compatta dove è possibile inserire qualche protezione prima di proseguire. Oltre la fessura si raggiunge una larga cengia che si segue in direzione della parete successiva dove è posizionata la sosta. 20m, IV.

Martina impegnata sulla quarta lunghezza, IV.

Il quinto tiro riparte lungo il muretto di destra che, attraverso arrampicata continua, conduce alla base della parte superiore della parete caratterizzata da roccia gialla a gocce e grumi e da un susseguirsi di tettini brevi. L’arrampicata si svolge lungo il muro compatto e verticale seguendo la linea di fix non sempre evidenti, almeno lungo la parte inferiore. Qui infatti, oltre ad un fix iniziale, il tiro è abbastanza privo di protezioni incontrando un chiodo solo dopo una decina di metri. Da qui in poi le protezioni risultano più evidenti e così anche la linea da seguire che obliqua verso destra evitando la piccola pancia che ostacola la progressione. Si giunge quindi alla base di un piccolo pilastro che si rimonta verticalmente rimanendo sulla destra dove le prese sono maggiori. Oltre questo è presente il terrazzino di sosta. 30m, VI.

La linea del quinto tiro, VI.

La sesta lunghezza inizia la bella danza verticale che si snoda attraverso i molteplici tettini gialli alla ricerca dei loro punti deboli. Dalla sosta si rimonta, con passo iniziale non semplice, il bel muretto a gocce che in breve porta al primo tettino dove un evidente cordone invita a spostarsi leggermente verso sinistra prima di rimontarlo. Una volta al di sopra si inizia un bel traverso esposto verso destra con le mani sempre su buoni appigli sporgenti mentre i piedi si spostano lungo i numerosi appoggi a cavallo con il limite orizzontale del tetto sottostante. Le protezioni a parete sono numerose e ravvicinate rendendo il tratto piuttosto piacevole da affrontare. Al termine del traverso si rimonta il tetto con passo atletico ma su buone prese che consentono di superare agevolmente le difficoltà e di raggiungere la sosta aerea subito sotto ad un terzo tetto questa volta più pronunciato. 25m, VI.

Simone all’inizio dei tetti della sesta lunghezza, VI.

Il settimo tiro è molto breve ma al contempo intenso. In pochi metri sono infatti concentrate le difficoltà maggiori dell’itinerario che consistono nel superamento del pronunciato tettino soprastante la sosta e nei delicati passi di riassestamento seguenti. Dalla sosta si traversa un paio di metri verso sinistra per raggiungere la parte più debole dello strapiombo attraverso arrampicata esposta ma facile anche se l’usura delle prese in questo tratto risulta essere un po’ fastidiosa. All’altezza del primo fix si affronta il tetto diritti per diritti con passi fisici ed atletici ma eventualmente azzerabili grazie alla distanza ravviciniata delle protezioni. Con un passo verso destra si esce dalla fascia strapiombante a favore di un bel muro verticale lavorato a gocce e grumi che si segue, ora con difficoltà minori, fino ad una stretta cengia dove si sosta. Nonostante le relazioni mettano il passo chiave come A0 in realtà è superabile in libera con difficoltà che a nostro parere si attestano attorno al VII+. 22m, VII+ o VI- e A0.

Cordata Steve e Jacopo superato il passo chiave del settimo tiro, VII+ o VI- e A0.

L’ottava lunghezza riparte lungo il muretto strapiombante oltre la sosta con passaggi piuttosto fisici almeno per quanto riguarda i primi metri. Seguendo l’evidente linea di protezioni a parete si sale verso sinistra sfruttando le discrete prese che tendono a scomparire nel mentre si raggiunge la pancia al termine dello strapiombetto. Qui è presente il passo chiave del tiro che costringe ad un’arrampicata delicata su prese scomode e particolarmente minute. Rimontare la pancia non è semplice ma una volta al di sopra la progressione si fa via via più agevole. Si prosegue ora obliquando verso sinistra seguendo la rampetta che evita il tettino soprastante. Questa conduce ad un bel diedro che si raggiunge con passo da ricercare. Il diedro termina infine su di un minuto terrazzino alberato dove si attrezza la sosta. 40m, VII o VI e A0.

Steve sul passo chiave dell’ottava lunghezza, VII o VI e A0.

L’ultimo tiro è particolarmente lungo ma, volendo, è possibile spezzarlo attrezzando una sosta intermendia. Le difficoltà tuttavia non sono eccessive e se si allungano bene le protezioni si riesce a giungere direttamente in cima alla parete evitando di lottare troppo con l’attrito delle corde. Dalla sosta si supera la facile placchetta compatta che conduce ad una zona caratterizzata da roccette rotte e frastagliate. Oltrepassando una serie di terrazzini facili si giunge ad una larga cengia dove una coppia di cordoni attorno a clessidre invita ad una sosta intermedia prima della paretina finale. Si prosegue dunque lungo bella placchetta fessurata che crea un corridoio attraverso la vegetazione finale. La sezione più difficile è probabilmente quella per giungere in sosta dove terriccio e fogliame la fanno da padroni. Poco prima di giungere al boschetto sommitale si sosta su roccia. 55m, V.

Martina sull’ultima lunghezza, V.

Linea bella e divertente che serpeggia alla ricerca del percorso che presenta meno ostacoli. La prima parte si svolge principalmente lungo placconate e muretti verticali mentre la seconda ospita passaggi più fisici ed atletici. La linea è ben protetta lungo i tiri chiave, è invece necessario integrare con dadi e friends lungo il resto della via. Nel complesso una bella avventura, raccomandabile.

Cuore d’Oro

Giornata un po’ nuvolosa in valle del Sarca caratterizzata da nebbiolina non molto fitta ma che non lascia comunque passare i raggi del sole che timidamente fa capolino dal Bondone. Tutto sommato meglio così visto che la temperatura, già di prima mattina, è elevata e se ci fosse anche il sole a picchiare si suderebbe abbastanza. E’ da tanto che volevamo andare a ripetere la via “Cuore d’Oro” alle Coste dell’Anglone ma per un motivo o per l’altro abbiamo sempre desistito. Oggi invece è la volta buona, motivati anche dall’innesto di un simpatico terzo elemento di cordata.

Il primo tiro rimonta le rocce staccate alla base della parete principale sfruttando per la progressione la spaccatura di destra. Sopra lo zoccolo iniziale è presente un cordone e sulla destra si sviluppa una breve rampetta che si segue per tutta la sua interezza. Circa a metà di questa è presente il passo più impegnativo del tiro con le mani in fessura ed i piedi alla ricerca degli appoggi migliori sullo spigolo destro della rampa. Superata la piccola pancia si prosegue fino a raggiungere un minuto terrazzino che antecede un breve muretto. Sfruttando la fessura di destra si risale senza particolari difficoltà rimontando al di sopra di un terrazzo decisamente più largo dove si sosta comodamente. 20m, V+.

Martina lungo il primo tiro, V+.

La seconda lunghezza riparte seguendo il camminamento a destra della sosta, dapprima roccioso ed in seguito più vegetativo, che aggira la parete evitando gli strapiombi che la chiudono. Al termine della camminata è presente un comodo terrazzo dove è possibile effettuare una sosta intermedia su invitante clessidra con cordone. Vista la brevità del tiro, e di quello successivo, è però consigliato proseguire fino alla prossima sosta non molto lontana. Dal terrazzino si rimonta il muretto verticale sfruttando le buone prese di sinistra prima di intraprendere un traverso in direzione dello spigolo della parete. Le protezioni qui scarseggiano ma è possibile inserire un paio di friend nelle fessure. Aggirato lo spigolo si trova infine la sosta. 38m, IV+.

Il muretto del secondo tiro, IV+.

Il terzo tiro inizia la sequenza di traversi che caratterizza l’itinerario. Prima di iniziare il primo è però necessario superare un breve strapiombino sfruttando il comodo rovescio alla base ed allungandosi in alto a destra per raggiungere la tasca che permette di rimontare atleticamente. Si piega ora verso sinistra iniziando così una bella traversata che conduce alla cengia di sosta. Lungo il tratto i movimenti sono ricercati con i piedi che si spostano tra un appoggio e l’altro, spesso incrociando le gambe, e le mani che li seguono su prese non sempre comode anche per via della leggera usura di alcune di esse. La parte centrale del traverso è certamente la più delicata mentre una volta raggiunta una coppia di buchi rovesci si prosegue più agevolmente. Con passo esposto si rimonta infine sulla cengia di sosta dove si attrezza su coppia di fix. 20m, VI-.

Il bel traverso del terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza prosegue il traverso iniziato con il tiro precedente aggirando così l’evidente tetto soprastante altrimenti molto difficile da superare. Si inizia proseguendo lungo la cengia per alcuni metri fino al raggiungimento di un muretto giallo verticale che si vince su buone prese giungendo alla base di un piccolo tettino. Spostandosi ancora verso sinistra, seguendo la linea dei cordoni a parete, si raggiunge la parte più debole dello strapiombo da dove penzola un evidente cordone attaccato allo spit soprastante. Con passo non semplice e deciso, sfruttando le minute tacchette e cercando di rimanere il più possibile sulla sinistra, si rimonta sopra il tetto raggiungendo così le buone fessure alte che antecedono la scomoda sosta aerea poco più a destra. 25m, VI.

Il traverso iniziale della quarta lunghezza, VI.

Molto bello e caratteristico è il quinto tiro che segue l’esposto traverso verso destra chiuso da pronunciato tetto. L’arrampicata è prevalentemente di movimento con buoni appoggi per i piedi e mani alla ricerca delle prese migliori per riequilibrare ogni spostamento. Le protezioni, cordoni attorno a canne forate, sono ben posizionate rendendo la progressione meno traumatica di quanto si possa immaginare, anche per il secondo di cordata. Tutt’altra storia è invece l’uscita dal traverso dove un passo delicato lungo tratto sprotetto richiede particolare attenzione. Con movimenti ponderati si traversa ancora un po’ fino quasi allo spigolo della parete dove si torna a salire in verticale in direzione del fix con anello sotto un secondo tetto più minuto. Questo si supera in maniera atletica andando alla ricerca della buona tasca che è presente sopra sulla sinistra, nascosta dal basso. Questa consente di alzare bene i piedi e raggiungere un’altra coppia di buone prese. Si prosegue ora più facilmente obliquando leggermente verso destra fino a raggiungere la sosta dietro l’angolo. Tiro molto bello e di soddisfazione, prestare solamente attenzione all’uscita dal traverso dove una protezione in più avrebbe fatto comodo. 30m, VI+.

L’esposto traverso del quinto tiro, VI+.

La sesta lunghezza continua lungo il breve diedro oltre la sosta che si sviluppa in obliquo verso sinistra. L’arrampicata è semplice grazie alle rocce rotte di cui è composto e che offrono buone prese ed appoggi. Al termine del diedro si esce sulla sinistra, oltre la chiusura, giungendo così alla base di una semplice placchetta compatta. Le fonde fessure permettono una progressione spensierata ed in men che non si dica si raggiunge una larga terrazza un po’ vegetativa dove, sulla parete successiva, è posizionata la sosta da attrezzare. 32m, V+.

Jacopo in arrivo alla sesta sosta, V+.

Il settimo tiro segue il muro grigio oltre la sosta per tutta la sua interezza. I traversi delicati ed esposti qui sono un lontano ricordo e l’arrampicata è prevalentemente verticale su tacche e buone fessure. La roccia è solida lungo tutto il tratto rendendo la progressione facile e piacevole. La parte inferiore del muretto è leggermente appoggiata e solcata da bella fessura verticale mentre la seconda parte è più verticale ma le prese rimangono buone ed in breve si raggiunge la cengia di sosta dopo aver superato una serie di roccette rotte, da verificare, ed un paio di arbusti. 35m, VI-.

Il muretto del settimo tiro, VI-.

L’ottava lunghezza è piuttosto breve ma è comunque necessario spezzare il tiro precedente per via dello zig-zagare della linea che genererebbe attrito eccessivo sulle corde. Dalla sosta si cammina senza alcuna difficoltà verso sinistra seguendo l’evidente corridoio tra la parete ed il boschetto. Dopo un po’ inizia sulla destra una placchetta bianca che si segue in direzione dei cordoni a parete. Fonde fessure rendono l’arrampicata rapida e dopo poco si raggiunge una sezione caratterizzata da roccette e terra. Prestando attenzione a non scivolare sul terriccio si continua fino alla paretina successiva dove si sosta comodamente. 30m, V-.

Martina al termine dell’ottava lunghezza, V-.

Il nono tiro riprende superando un breve muretto grigio e compatto con arrampicata semplice grazie alle numerose prese ed appoggi che costellano la parete. I molti cordoni attorno alle clessidre dettano la direzione di salita ed in poco tempo si giunge al termine del muro dove la linea prosegue leggermente verso sinistra lungo placconata appoggiata. Questa collide con il muro finale dove si sosta una volta raggiunto quest’ultimo. 25m, V-.

Gli ultimi metri del nono tiro, V-.

La decima lunghezza torna a salire in verticale lungo stupendo diedro, a grumi nella parte inferiore e lavorato a gocce in quella superiore. Per raggiungerlo è però necessario traversare prima leggermente veso sinistra per alcuni metri attraverso arrampicata semplice. Si entra quindi nel diedro che si risale sfruttando principalmente la fessura in mezzo alle pareti laterali, molto accogliente anche per inserire qualche protezione aggiuntiva. Verso metà diedro è presente un piccolo strapiombetto che si supera elegantemente grazie alle buone prese soprastanti ed agli appoggi laterali. Inizia ora una bella sezione con roccia lavorata a gocce che prosegue leggermente verso sinistra in direzione del bordo della parete. Superato quest’ultimo si giunge su di un piccolo terrazzino dove si sosta agevolmente. 25m, VI.

Il bel diedro della decima lunghezza, VI.

L’ultimo tiro termina una bellissima salita attraverso belle placconate compatte. Dalla sosta si superano i brevi risalti rocciosi oltre la sosta che dopo poco terminano costringendo a qualche passo verso sinistra per raggiungere la placconata finale. Questa si sale rimanendo in corrispondenza del bordo della parete dove le prese sono migliori. Si arrampica con passi in aderenza, piedi a spalmo e mani lungo fessurine e piacevoli buchetti che in poco tempo portano in cima alla fascia rocciosa. Qui, prima di raggiungere il boschetto, è presente una sosta sull’ultima cengia ma si può decidere di oltrepassare anche questa e sostare direttamente, e più comodamente, su di un albero a ridosso del sentiero di rientro. 40m, V+.

Martina sulla placca finale della via, V+.

Linea molto piacevole soprattutto lungo la prima metà dove si aggirano una serie di tettini tramite bei traversi esposti. La parte superiorie è più discontinua ed attraversa corridoi rocciosi tra la vegetazione e torna verticale lungo gli ultimi due tiri, anche questi molto belli. Nel complesso una bella salita divertente dove solo qualche singolo passo impegna veramente. Le protezioni a parete sono sufficienti, portare nell’eventualità qualche friend medio/piccolo per integrare di tanto in tanto.

Via del Dottore

Scendiamo in valle del Sarca in direzione di Dro intenti ad affrontare una via alle Coste dell’Anglone di primo mattino. Le giornate di inizio settembre sono ancora calde ma non soffocanti ed il sistema di diedri di cui è composta la fascia rocciosa permette spesso di arrampicare in ombra. Anche la vegetazione presente aiuta a non soffrire troppo. L’intento è quello di salire la linea “Te lo do io il Colorado” ma sbagliando da subito il primo tiro ci ritroviamo alla prima sosta della via accanto, la “Via del Dottore”, che decidiamo di terminare.

Il primo tiro parte poco a destra rispetto all’attacco della via “Te lo do io il Colorado” di cui saliamo giusto i primi 5 metri per collegarci immediatamente alla base del corridoio ricavato in mezzo alla vegetazione. La parete qui è appoggiata e si arrampica prevalentemente su placca scaglionata. Le protezioni in questo tratto sono assenti ma è possibile usufruire degli arbusti laterali per rendere la progressione più sicura. Al termine del corridoio si giunge su di un terrazzino che anticipa un muretto da superare atleticamente sfruttando la rampetta che obliqua verso destra almeno per i primi metri. Al di sopra del muretto è presente la sosta su due chiodi uniti da cordone. 40m, III.

Martina in arrivo alla prima sosta, III.

La seconda lunghezza riparte oltre la sosta risalendo inizialmente il muretto di sinistra ed affrontando la placchetta seguente con decisione. Tramite arrampicata di aderenza, su parete leggermente appoggiata, si raggiunge un piccolo arbusto e si continua lungo la placconata successiva con progressione analoga. Al termine si sbuca su di una grande terrazza detritica che si oltrepassa dirigendosi in direzione di un grosso arbusto a destra di una serie di roccette rotte che conducono, senza ulteriori difficoltà, alla sosta posta all’interno di una nicchia. 45m, IV+.

Gli ultimi metri del secondo tiro, IV+.

Il terzo tiro prosegue lungo la bella placconata di destra dove sono ben visibili una coppia di cordoni a dettare la linea da seguire. Con arrampicata divertente si raggiunge il primo dei due e si prosegue in direzione del secondo posto al centro di una liscia placconata. Qui il passo chiave della lunghezza che obbliga a rimanere a braccia distese lungo le fessure laterali e a lavorare bene con i piedi in aderenza per vincere le difficoltà. Ci si trova così al di sopra di una larga cengia con evidente camminamento che conduce senza problemi all’albero di sosta. 25m, IV+.

Simone all’inizio della terza lunghezza, IV+.

La quarta lunghezza riparte a sinistra dell’albero di sosta raggiungendo, dopo un paio di metri di camminata su fondo detritico, la parete principale. Questa è molto bella da scalare, formata principalmente da un susseguirsi di pilastrini che si vincono seguendo la linea dettata dai chiodi a parete, obliquando costantemente verso sinistra fino a che non si sbuca alla base di una placconata chiusa da diedro giallo. Lungo la placca l’arrampicata è di aderenza ed equilibrio ed un cordone attorno a clessidra protegge i movimenti chiave. Poco dopo, prima di raggiungere il diedro, è possibile inserire un friend piccolo per garantire maggiore sicurezza. Giunti al diedro si continua al suo interno, su roccia a grumoli, fino a raggiungere, in breve, la sosta formata da cordone attorno a grossa clessidra. 40m, V.

Il bel diedro finale della quarta lunghezza, V.

Il quinto tiro termina il diedro proseguendo a destra della sosta ed aggirando un’evidente pancia. Si prosegue ora in verticale superando una coppia di cordoni e raggiungendo così un marcato strapiombo dove è presente il passo chiave del tiro. Lo strapiombo viene superato verso sinistra e rimontato con passo atletico su piccole prese per le mani. Se non si riesce a passare in libera è presente un lungo cordone adibito appositamente per azzerare. Ricordandosi di allungare bene le protezioni si continua ora lungo il diedrino di sinistra che si supera prestando attenzione alla qualità della roccia che in questo tratto è abbastanza scadente. Una volta al di sopra del terrazzino si supera un arbusto e si rimonta un secondo terrazzo al di sopra del quale è presente una comoda sosta. 20m, V+.

L’inizio del quinto tiro, V+.

La sesta lunghezza riparte per qualche metro lungo il diedro che si sviluppa a partire dalla sosta. Questo in breve termina lasciando spazio ad una placca compatta che aggira lo spigolo della parete fino a raggiungere un canale alberato. Si traversa in placca con arrampicata prevalentemente di equilibrio. I numerosi chiodi lungo il percorso rendono la progressione sicura e spensierata ed in men che non si dica si raggiunge la base del canale con passo finale leggermente più delicato. Il canale è ingombro di vegetazione e lo si abbandona quasi immediatamente in favore dello spigolo di sinistra decisamente più interessante anche se non sempre solido. A metà spigolo è presente un chiodo che si supera per affrontare la facile pancia che conduce alla sosta su grande arbusto. 25m, VI.

La partenza della sesta lunghezza, VI.

Il settimo tiro sale a sinistra dell’albero di sosta dove inizia un breve muretto che muta in rampa ascendente dopo poco. Si giunge presto su cengia terrosa prima di ripartire lungo la parete successiva. Qui la linea porta ad aggirare lo spigolo di destra della placca entrando così all’interno di un diedro con bella lama verticale sulla destra. La parete di sinistra è qualitativamente peggiore e si sfrutta solamente per qualche appoggio saltuario. Terminata la prima sezione del diedro si superano alcuni risalti rocciosi prima di giungere alla seconda parete. Qui, sulla parete di sinistra, è presente un chiodo rosso che si supera agguantando le comode prese subito sopra e rimontando il pilastrino. Un ultimo passaggio in aderenza, su placca polverosa, permette infine di raggiungere il terrazzino dove si sosta su cordini attorno a grande clessidra. 40m, V.

Martina in arrivo alla settima sosta, V.

L’ottava lunghezza supera la bella placconata appoggiata e molto fessurata che si sviluppa a sinistra della sosta. L’arrampicata qui è semplice e non ci si mette molto a raggiungere il termine della paretina. Qui un cordone sancisce l’inizio di un traverso che si svolge all’interno di un corridoio boschivo dove la difficoltà maggiore sta nel non scivolare ad ogni passo visto il fondo inclinato e composto di terriccio e fogliame. Ogni tanto qualche roccia quà e là garantisce maggiore stabilità. Faticosamente si raggiunge la base di un diedro dove si sosta. 40m, III.

La placca appoggiata dell’ottava lunghezza, III.

Il nono tiro affronta il bel diedro fessurato che parte dalla sosta. L’arrampicata è fisica ma piacevole, con i piedi costantemente lungo la rampa della parete di destra e le mani che si spostano all’interno dell’accogliente fessura. Verso il termine di questa è presente il passo più sostenuto del tiro. Qui infatti la rampa si fa più verticale e la fessura lascia spazio a presette meno nette e più scomode. Con passo deciso si raggiunge il terrazzino che prosegue in direzione di una placchetta che si aggira verso destra rimontandola lungo il tratto più semplice. Un alberello può essere utilizzato per proteggere l’uscita sulla cengia successiva dove si sosta su solido arbusto. 35m, V+.

L’inizio del nono tiro, V+.

La decima lunghezza prosegue lungo la placchetta appoggiata oltre la sosta. Si arrampica in direzione di un cordoncino azzurro che si raggiunge senza troppe difficoltà. Dal cordone si continua obliquando verso sinistra, in direzione del grande diedro, giungendo su di una breve cengia. Qui la parete si verticalizza sensibilmente ed iniziano le difficoltà. La linea non è evidente visto che non sono presenti protezioni visibili, e comoe riferimento si sale il pilastro fessurato subito a destra del diedro. Ci si protegge a friend fino a che si giunge ad un cordone bianco al termine del diedro dove si inizia a salire la placca subito a destra passando tre cordoni neri e raggiungendo il cordone di sosta. 45m, IV+.

Le roccette all’inizio della decima lunghezza, IV+

L’ultimo tiro è breve e permette di raggiungere il culmine della parete attraverso placchetta finale. L’arrampicata è semplice complice anche la pendenza della fascia rocciosa in questo tratto. Terminata la placca si piega verso sinistra in direzione di un evidente cordone bianco che anticipa la sosta finale. Per raggiungerlo si supera un muretto caratterizzato da roccia instabile ma con difficoltà limitate. Un ultimo passo verso sinistra permette di guadagnare il terrazzone finale e sostare su di un arbusto. 20m, IV.

In arrivo in cima alla parete, IV.

Via piuttosto discontinua con molti terrazzamenti che si alternano a numerose paretine rocciose le quali offrono però punti di arrampicata interessanti. Le difficoltà sono piuttosto omogenee lungo tutto l’itinerario e solo alcuni sassi isolati impegnano più della media. Questi risultano comunque ben protetti ed azzerabili se necessario. La guida di Arco le assegna una sola stella su cinque ma a nostro parare è una valutazione che non rende giustizia agli apritori. Risulta essere nel complesso una salita plaisir interessante per passare una bella giornata in parete.

La Piccola Piramide

Con le giornate che iniziano finalmente ad allungarsi si ampia anche la palette di itinerari da poter salire in valle ed in giornata. Ci dirigiamo verso l’affollato Dro e ci incamminiamo decisi a salire la via “Archai” che purtroppo era già presa ripiegando così sulla limitrofa “La Piccola Piramide” che le corre subito a destra. La tranquillità di essere i primi della giornata nonchè il sogno di rimanere gli unici si infrangono al frastuono delle comitive marcianti verso la parete. E’ ora di salire.

Il primo tiro della via inizia obliquando verso destra lungo muretto appoggiato che non presenta particolari difficoltà. Proseguendo in direzione di un piccolo tettino si incontra il primo cordone che si lascia sulla sinistra continuando ancora per un breve tratto prima di rimontare la pancia e proseguire in verticale. Si passa quindi su paretina grigia e compatta, abbastanza appoggiata anche questa, alternando di tanto in tanto qualche breve terrazzino che spezza la continuità. L’arrampicata è prevalentemente di movimento lungo la linea ben delineata dalle protezioni che, nonostante siano distanziate, non è possibile integrare per via della natura della parete che non offre nè clessidre nè fessure. Si arrampica dunque su tacchette sino a giungere ad una seconda pancia che si supera atleticamente sfruttando le buone prese soprastanti. Un ultimo muretto, sempre appoggiato, conduce infine all’ampio terrazzino dove si sosta su arbusto. 35m, V.

Simone lungo il primo tiro, V.

La seconda lunghezza prosegue lungo la cengia di sosta fino ad incontrare il prossimo muretto con cordone penzolante. Si sale quindi in verticale giusto un paio di metri prima di iniziare un lungo traverso verso sinistra per tornare sulla verticale della sosta sottostante e superarla in seguito. Qui ci si trova con i piedi al di sopra di una larga fessura che taglia la placca in orizzontale e che si segue almeno fino al primo anello disponibile dove si torna a salire con movimenti in aderenza ed equilibrio su minuti appoggi in direzione di un piccolo tettino. Raggiunto questo ci si sposta ancora verso sinistra fino a cambiare versante dove la linea prosegue rimontando lo strapiombetto attraverso passo delicato. Qui infatti le prese sono poco marcate e la placca soprastante costringe a movimenti lenti e precisi. Superate le difficoltà ci si sposta di poco verso destra fino a raggiungere la sosta da attrezzare su fix ed anello. 25m, V+.

L’inizio della seconda lunchezza, prima del traverso verso sinistra, V+.

Il terzo tiro riparte come si era concluso il precedente: una bella placca d’aderenza conduce ad un primo muro verticale fisico ma ben appigliato. Questo si supera senza troppe difficoltà nonostante le prese unte ed usurate non facilitano di certo la progressione che rimane ad ogni modo piacevole. Il passo più delicato lo si trova al termine del muro dove, al momento dell’uscita, è necessario affidarsi a prese più minute e scomode per la ribaltata sul terrazzino soprastante. Qui sono presenti anche molteplici sassolini instabili che è facile smuovere e far rotolare a valle. Attenzione quindi nel caso ci siano altre cordate lungo la via. Si cammina lungo il terrazzino fino a giungere alla base della parete finale. Anche questa è particolarmente fisica con passo centrale di non facile intuizione per spostarsi verso destra ed agguantare la fessura gialla che corre verticale fino alla sommità della parete. Si esce su rampetta frastagliata, anche questa cosparsa di detriti, che in breve conduce all’albero di sosta con cordone vecchio ed oggettivamente da cambiare. 30m, V+.

Martina lungo la delicata placca al termine della seconda lunghezza, V+.

La quarta lunghezza è una passeggiata di concatenamento lungo marcato sentiero che si sviluppa a destra rispetto la sosta. Sebbene non ci siano pericoli evidenti è sempre consigliato proteggersi in qualche modo e lungo il percorso ci sono giusto 4 arbusti che fanno al caso dove è possibile piazzare qualche cordone. La sosta si trova alla base della parete successiva su grosso albero. 20m, I.

Il marcato sentiero della quarta lunghezza, I.

Il quinto tiro prosegue lungo bellissima placconata fessurata che archeggia verso sinistra e conduce alla base dell’evidente diedro rossastro, protagonista della lunghezza successiva. Dal terrazzino di sosta si rimonta un breve muretto che, con passo ricercato, porta sulla placca. Le fonde fessure che la solcano rendono la progressione piacevole e divertente e, senza quasi accorgersene, si giunge in vista della sosta posta al di sopra di un breve pilastrino giallo. Per raggiungerla si inizia un bel traverso in equilibrio, con i piedi che seguono i naturali buchi della roccia le mani che si appoggiano alla parete a dare stabilità ai movimenti. Terminato il traverso si entra in una specie di canale che si segue senza difficoltà fino al pilastro che si affronta direttamente sfruttando le taglienti gocce che ne caratterizzano la parte superiore. Rimontando questo si attrezza la sosta su 2 fix. Tiro molto bello e ben protetto. E’ possibile sfruttare anche qualche clessidra per integrare alla bisogna. 30m, V+.

Martina sulla bella placca del quinto tiro, V+.

La sesta lunghezza si sviluppa sulla parete di destra del grande e lungo diedro rossastro oltre la sosta. L’arrampicata mai fisica, la varietà di passaggi e la conformità della roccia rendono questo tiro molto interessante e piacevole. Si sale all’interno del diedro giusto qualche metro fino ad arrivare ad un cordoncino arancio dove inizia un breve traverso in obliquo verso destra per spostarsi sulla parete laterale. La parete appoggiata e la roccia grumosa, molto particolare al tatto, facilitano l’operazione ed in breve si torna a salire più verticali. Mano a mano che si prosegue anche la parete si fa via via più verticale ma sono sempre presenti buone prese fonde ad accompagnare la progressione. Per il resto solo qualche isolato passo atletico per rimontare piccoli strapiombetti alternati a resting veramente comodi. In vista degli arbusti sommitali il diedro si restringe costringendo ad abbandonare la parete di destra a favore della fessura centrale che si segue per gli ultimi metri fino a che muta in canalino terroso. Superato questo, con l’aiuto di qualche radice se necessario, sia arriva al terrazzino di sosta. 35m, VI-.

Il bel diedro protagonista della sesta lunghezza, VI-.

Il settimo tiro prosegue a sinistra della sosta rimontando il muretto con passo iniziale non facile. Ci si trova così su di un breve pilastrino leggermente appoggiato che si segue aggirando lo spigolo di destra per cambiare versante ed approcciare il traverso che si snoda al di sotto degli strapiombi e che conduce alla base di una rampetta chiusa da pronunciato tettino. Si segue quindi la rampa rimanendo accovacciati al suo interno per via degli spazi limitati e, con movimenti goffi e maccheronici, si cerca di guadagnare faticosamente metri verso l’uscita del tetto. Lungo questo tratto si avanza prevalentemente ad incastro con i piedi sulla rampa e schiena appoggiata alla fascia rocciosa che la chiude con anche le mani, a pungo, alla ricerca degli incastri migliori lungo la larga fesura orizzontale che corre laddove le pareti si incontrano. Raggiunto il termine della rampa un passetto ostico permette di rimontare finalmente il tetto mettendo così fine all’imbarazzante e tragicomica strisciata del verme. Proseguendo per pochi metri lungo la fessura si giunge alla base di una placchetta appoggiata al centro della quale è presente l’anello di sosta. 25m, V+.

Simone oltrepassata la strettoia del settimo tiro, V+.

L’ottava lunghezza è molto breve e consente di raggiungere la paretina successiva dove la via prosegue. Si tratta di un traverso verso destra lungo terrazzini rafforzati e molto terrosi. Lasciando i primi metri rocciosi si oltrepassa una piccola pancia dove inizia la cengia vera e propria che si segue leggermente in discesa per i primi metri evitando di avventurarsi lungo il corridoio verticale che potrebbe trarre in inganno in quanto parzialmente ripulito e con evidenti segni di potatura. Si continua dunque oltrepassando un arbusto con cordone grigiastro e costeggiando le pareti seguendo lo stretto sentierino che, al netto di un paio di passi scivolosi su terriccio, conduce senza difficoltà alla sosta. 18m, II.

Al termine dell’ottava lughezza, II.

Il nono tiro segue la rampa chiusa da tetto che si sviluppa verso destra oltre la sosta. Lungo i primi metri le difficoltà sono limitate ma più si avanza e più le prese scarseggiano fino a che rimane solamente una sottile fessurina per le dita, bella usurata e scivolosa, ad accompagnare la progressione sul tratto finale. Il passaggio più duro è però quello che permette di guadagnare la base del caminetto successivo. Le prese, benchè buone e marcate, sono storte rispetto al movimento necessario per abbandonare la rampa, costringendo così ad una piccola sbandierata da controbilanciare. All’interno del camino la linea non è evidente in quanto non sono presenti ulteriori protezioni fino alla sosta successiva. Sfruttando principalmente la parete di sinistra, che offre gli appigli migliori, si risalgono i pochi metri che ci separano dalla cengia sommitale senza difficoltà particolari. Alcune relazioni mettono questo camino come VI ma è più verosimile che quella gradazione sia riferita più al passaggio per arrivare alla base più che al camino in sè che a nostro parere non supera il IV grado. Giunti sul terrazzino si sosta agevolmente. 28m, VI.

Simone sul passo ostico del nono tiro, VI.

La decima lunghezza, piuttosto lunga, disegna una ‘C’ allungata ed inizia con un traverso su roccia molto lavorata a gocce. La progressione è piuttosto semplice, complice la parete appoggiata ed i numerosi appoggi naturali lungo il percorso, ma non per questo noiosa e poco interessante. Si raggiunge in breve la base di una placchetta dove una coppia di frecce blu segnalano una diramazione. Verso sinistra si raggiunge l’uscita “alpinistica”, mentre proseguendo in verticale si esce lungo la linea “originale”. Noi seguiamo quest’ultima che affronta diritta per diritta la placca con passi delicati ed in aderenza dapprima su prese minute ed un seguito lungo fessura gialla svasata ed usurata. Al termine della placca si giunge alla base di una lunga rampa appoggiata che si sviluppa verso destra e conduce direttamente alla sosta. Tutto questo tratto è completamente sprotetto ma lungo la fessura che taglia la rampa è possibile inserire qualcosa nel caso non ci si senta sicuri. 40m, VI.

Il lungo traverso della decima lunghezza, VI.

L’undicesimo tiro è breve ma necessario per evitare l’eccessivo attrito delle corde lungo il tratto finale. Parte rimontando fisicamente il tetto oltre la sosta e prosegue verso sinistra seguendolo al di sopra per tutta la sua lunghezza. Dopo qualche metro un pronunciato, ed esteticamente bello, scudo, parzialmente staccato dalla parete principale, costringe ad una circonvallazione completa che inizia discendendo un paio di metri fino ad un comodo terrazzino per i piedi. Qui delle belle canne invitano a proseguire rialzandosi e riprendendo quota piano piano giungendo al livello della sosta che si raggiunge, ancora in traverso, con facili passi. 15m, V+.

Martina al termine dell’undicesimo tiro, V+.

L’ultima lunghezza ospita i passaggi più duri di tutta la linea. Inizia aggirando verso sinistra la nicchia di sosta lungo muretto strapiombante e continuo. L’arrampicata è sostenuta su prese non ottime e spesso distanti dove sono richiesti solidi bloccaggi ed allunghi per raggiungerle. Superati i primi cordoni si raggiunge un anello alla cui sinistra, poco più in basso, è presente una larga cavità rovescia dove riposare prima dell’ultimo passo: accoppiando la presa anche con la mano destra, togliendo ed inserendo qualche dito alla volta, si alzano bene i piedi sugli appigli più alti disponibili caricando bene e lanciando verso le evidenti lame soprastanti, decisamente comode. Si continua quindi in verticale ancora per qualche metro fino a che la vegetazione sommitale chiude il pasaggio ed inizia un traverso verso destra lungo facili roccette compatte. Queste, senza particolari difficoltà, conducono ad una rampetta appoggiata che, adagiandosi, raggiunge il culmine della fascia rocciosa dove si sosta su solido arbusto. Tiro bello sostenuto che richiede resistenza e buona esplosività, decisamente più del VI dichiarato. 30m, VI/VI+.

Martina sguli ultimi passi della via, VI/VI+.

Nel complesso una bella salita, non troppo difficile ma che ospita passaggi e movimenti interessanti. La qualità della roccia è buona lungo tutto il percorso e la chiodatura abbondante anche se c’è ancora spazio per inserire protezioni rapide dove serve. La varietà di stili accontenta tutti: placche, diedri, camini e piccoli strapiombi si alternano per una salita divertente e completa. Occhio soltanto al traffico in parete, evitare i weekend se possibile.

Di tutto un po’

La Ca’ del Liscio è quella fascia rocciosa che si trova a metà delle Coste dell’Anglone, caratterizzata da un’evidente placconata appoggiata dove salgono una manciata di vie medio/facili. Una di queste è “Di tutto un po’” che corre all’estrema sinistra della parete e prosegue, una volta terminata la placconata, zigzagando tra i muretti soprastanti.

Il primo tiro sale la facile placchetta oltre il nome della via leggermente scolorito. Sin dall’attacco è ben evidente un fix sulla sinistra che si raggiunge con arrampicata facile e piacevole. Superato questo si prosegue verso destra fino a raggiungere una comoda cengia dove si sosta. Il tiro, essendo particolarmente semplice, non è molto protetto ma è possibile integrare con qualche cordone su clessidra. 25m, 4a.

Simone al termine della prima lunghezza, 4a.

La seconda lunghezza continua a salire in placca oltre la sosta seguendo la linea degli spit con arrampicata prevalentemente facile su buone prese. Dopo una decina di metri, in corrispondenza di un vecchio chiodo rosso sulla destra, la linea devia verso sinistra puntando al cordone in lontananza. Nel mezzo è possibile integrare grazie ad una marcata e solida clessidra. Raggiunto il cordone si torna a salire in verticale affrontando il passo chiave del tiro: un paio di passi in equilibrio su placca con mani a spalmo permettono di raggiungere la lametta posta poco più sopra e proseguire così la salita. Ad ogni modo il passo ci è sembrato più facile del 6a+ dichiarato. Superate le difficoltà si prosegue giusto un paio di metri fino alla sosta aerea su fix e fix+anello. 25m, 6a/6a+.

Martina sul passo chiave del secondo tiro, 6a/6a+.

Il terzo tiro prosegue verticalmente ancora in placca con passi iniziali abbastanza delicati in aderenza e su roccia polverosa. Si giunge presto ad una lama verticale che consente una progressione più agevole fino ad entrare in una zona caratterizzata da rocce rotte che culminano su di un terrazzino. Qui la via originale devia a destra e lo segue fino alla sosta senza ulteriori difficoltà. Noi non abbiamo fatto caso a questa deviazione e siamo proseguiti diritti lasciando un alberello sulla nostra sinistra e continuando dapprima su rocce rotte ed in seguito su bella placca. Questa è la variante “Gioanin” (5c) che termina direttamente a S4. Il passo più impegnativo si trova quasi al termine dove è necessario seguire una bella rampetta che obliqua verso destra e conduce alla sosta. 52m, 6a.

Simone sul terzo tiro, 6a.

Giunti ignaramente a S4 ma convinti di essere a S3 adocchiamo una linea di spit che sale poco più a destra e, visto che sopra di noi inizia il boschetto, vi ci catapultiamo uscendo dal percorso corretto. La linea originale salirebbe proprio nel boschetto fino alla placconata nera che si sale verticalmente fino alla sosta. Noi invece iniziamo un complicato traverso che ci porta alla base del pilastro spittato che seguiamo fino al termine dove è presente una sosta. Da questa proseguiamo nel boschetto sommitale, piegando leggermente verso sinistra, fino a ricongiungerci all’originale S5. 15m alla prima sosta, altri 20m fino a S5, 5c.

La variante (sbagliata), 5c.

La sesta lunghezza è una delle più belle di tutto l’itinerario. Inizia traversando verso sinistra lungo rocce, a dir la verità, abbastanza sporche fino ad un grosso blocco staccato. Il passo per risalirlo è da ricercare ma viene naturale “camminando” verticalmente sulla rampetta di destra. Ci si ritrova quindi in piedi sul blocco dove è possibile attrezzare una sosta intermedia, decisamente non necessaria. Il passo chiave del tiro consiste nel rimontare lo strapiombetto oltre il masso risalendo atleticamente facendo affidamento al rovescio nascosto sulla sinistra, poco più in basso rispetto allo spit dove penzola il cordone per l’azzeramento. Una volta giunti sulla placchetta soprastante si prosegue con arrampicata sublime su conglomerati gialli, in leggero traverso verso destra, fino ad aggirare la parete ed incontrare la sosta aerea, sulla verticale di quella precedente. 35m, 6b o A0.

Martina sul passo chiave del sesto tiro, 6b.

Il settimo tiro è particolarmente storto e sale una serie di rampe che corrono in parallelo una sopra all’altra alternando brevi traversi con altrettanto brevi sezioni verticali per raggiungere le rampe successive. Le difficoltà non sono mai elevate ma è necessario prestare particolare attenzione alla qualità della roccia visto che le scaglie che formano le rampe tendono a spaccarsi e scivolare via. Giunti sull’ultima rampetta un traverso verso sinistra conduce ad uno stretto terrazzino erboso dove si sosta all’ombra del grosso albero soprastante. 25m, 6a.

Martina al termine della settima lunghezza, 6a.

L’ottava lunghezza è piuttosto anonima e permette di oltrepassare il boschetto oltre l’albero e giungere a fasce rocciose più compatte. I primi metri si svolgono in verticale oltre la sosta puntando alle radici dell’arbusto che rappresentano anche l’ostacolo maggiore da superare. Offrono comunque un buon punto di ancoraggio per un cordone. Una volta sulla cengia oltre l’albero la si segue fino a quando si riescono a risalire le roccette di destra (qui è presente l’unico fix del tiro) raggiungendo così la sosta all’interno di una nicchia. 25m, 4a.

Simone affronta l’albero dell’ottavo tiro, 4a.

Il nono tiro prosegue leggermente verso sinistra evitando gli strapiombetti soprastanti e salendo sopra di una rampetta con passo delicato su presette minute e particolarmente sporche. Il tutto è comunque proteggibile, oltre agli spit in loco, con cordone attorno alle piante che fuoriescono dalla parete. Una volta in piedi sulla rampa si torna a salire in verticale sulla placchetta di destra meravigliosamente lavorata a gocce. L’arrampicata si svolge tranquilla se non per un passo in uscita dove le prese sono meno marcate ed è necessario raggiungere la terrazza soprastante tramite bella ed atletica ribaltata. 20m, 5c.

Martina alle prese con la ribaltata finale del nono tiro, 5c.

La decima lunghezza, particolarmente estetica, segue la bella ed esposta rampa che corre a sinistra della sosta. I primi metri, ma in generale tutto il tiro, si svolgono senza particolari problemi vista l’abbondanza di prese per le mani e la pendenza appena accennata dove i piedi camminano appoggiando quasi l’intera pianta. Solo gli ultimi metri, in corrispondenza di un arbusto molesto dove l’esposizione è maggiore, oppongono particolare resistenza. Qui infatti è presente il passo chiave del tiro che consiste nel superamento dell’arbusto stesso (ad essere onesti abbastanza fastidioso) tramite allungo su prese rovesce. Una volta superato l’alberello si prosegue sempre lungo la rampa, ora leggermente più pendente, fino alla sosta da attrezzare su fix e fix+anello. Tiro nel complesso molto carino e piacevole dove il passo chiave è comunque ben protetto ed azzerabile. 25m, 6a+.

Il bel traverso esposto della decima lunghezza, 6a+.

L’ultimo tiro, molto corto, sale la paretina oltre la sosta con passo iniziale particolarmente ostico per raggiungere la prima protezione disponibile. Da qui un breve traverso verso destra permette di spostarsi sulla verticale finale che conduce al termine della parete. proprio al termine del traverso si trova l’ultimo passaggio degno di nota della via, per poi proseguire più semplice fino alla cengia sommitale. In generale un bel tiro, breve ma sostenuto lungo il quale è particolarmente difficile azzerare. I gradi non sono comunque estremi, attenzione soltanto ai primi 2 fix che ballano ed andrebbero stretti. 15m, 6b.

Simone in uscita dalla via, 6b.

Bella via che alterna tiri interessanti a tratti più “di collegamento”. Non entusiasmante in generale ma consigliata per chi ricerca qualcosa di non troppo impegnativo.

Il profondo rispetto dell’Indria

Circa due settimane prima eravamo scesi a Dro per affrontare “Le scalette dell’Indria”, via mediocre con qualche pro ma con molti contro. Delusi dall’ascesa complessiva volevamo comunque dare un’altra possibilità all’Indria e questo weekend quindi siamo scesi nuovamente in valle per salire “Il profondo rispetto dell’Indria” che corre immediatamente alla destra delle scalette. “Immediatamente” forse è un po’ sproporzionato ma l’idea la si intuisce.

Il primo tiro parte su placchetta appoggiata che obliqua leggermente verso destra rispetto al nome della via scritto a parete. La prima protezione, un cordone bianco, è nascosta alla vista e si nota solo quando si giunge nelle vicinanze. E’ il preludio di una chiodatura mista ma a stampo decisamente alpinistico, a volte distanziata, in cui è necessario sapersi muovere bene nei tratti più sprotetti. Proseguendo sempre in obliquo verso destra si raggiunge una serie di roccette staccate dove la linea prosegue in verticale fino alla base di una placchetta con fix ora ben visibili. Attenzione in questo tratto perchè un eventuale scivolone renderebbe inutile anche la protezione precedente, destinazione suolo. L’arrampicata sulla placca è comunque semplice, grazie alle comode fessure che la solcano ed in breve si raggiunge un piccolo terrazzino dove è presente la sosta da attrezzare su spit e fix+anello. 40m, IV+.

Martina al termine del primo tiro, IV+.

La seconda lunghezza punta inizialmente un cordone nero lungo la verticale, posto di poco sulla destra. Una volta raggiunto si torna a procedere verso sinistra, sempre in verticale, oltrepassando una coppia di spit tramite una serie di movimenti poco entusiasmanti su prese sporche. Piano piano ci si avvicina all’evidente tettino soprastante dal quale penzola un cordone nero attorno ad una bella canna. Raggiungere il cordone non è proprio banale e richiede sangue freddo. Da qui inizia un breve traverso verso sinistra che conduce direttamente al terrazzino di sosta. Al nostro passaggio il traverso era bagnato, cosa che lo ha reso tecnicamente più difficile ed aleatorio vista la sua natura placcosa. Nel complesso comunque le mani sono presenti ed in poco tempo si raggiunge la sosta. 30m, V+.

Simone sul traverso del secondo tiro, V+.

Il terzo tiro corre senza particolari difficoltà lungo il muretto oltre la sosta attraversando prima una serie di rocce rotte ed in seguito una bella placca che culmina con un liscio bombè. Questo è meglio affrontarlo alla sua estrema sinistra dove le prese consentono una progressione più agevole fino a che si rimonta sulla rampetta che fa da base ad una falesia di recente realizzazione. Superato un alberello, su cui è ancorata la corda fissa che permette di proteggere gli impavidi assicuratori in questa falesia “aerea”, si procede traversando la cengia fino alla sua estrema destra dove, in corrispondenza dello spigolo della parete, è presente la sosta. 30m, V+.

Martina si gode il panorama all’arrivo della terza lunghezza, V+.

La quarta lunghezza aggira lo spigolo e inizia ad avventurarsi nel diedro che parte facile, su grossi blocchi staccati, e continua più severo quando si verticalizza. Al termine dei blocchi la parete si divide divenendo canale sulla destra. Una freccia blu indica però la direzione corretta: si prosegue nel diedro di sinistra e non sarà per niente una passeggiata. Entrambe le pareti sono dannattamente lisce e l’unico modo per passare è letteralmente incastrandosi nella spaccatura che le divide. Il senso generale è quello di precaria instabilità ma buttando giù il rospo, e facendosi coraggio, si supera faticosamente un primo bombè, proteggibile con friend medio, raggiungendo la base di un secondo bombè. Questo presenta un’arrampicata fotocopia alla sequenza di passi precedenti e come protezione l’opportunità di inserire un altro friend medio/grande. Superata anche questa difficoltà si raggiunge l’unico spit a protezione dell’intera lunghezza, ormai in vista dell’uscita del tiro. Ad ogni modo ancorarsi su fix solidi è sempre un sollievo a livello mentale che dà la carica per concludere gli ultimi metri ed uscire sul pilastro di sinistra dove è presente la sosta. Tiro nel complesso molto fisico ed ingaggiante se non si è pratici con l’arrampicata ad incastro. 25m, V+.

Martina incastrata nel diedro del quarto tiro, V+.

Il quinto tiro aggira la sosta verso sinistra ritrovandosi così ad affrontare una bella placchetta che corre sullo spigolo della parete. I primi passi sono abbastanza semplici e consentono di raggiungere una rampetta che corre verso sinistra dove è presente il passo chiave del tiro in aderenza su piccole prese sia per mani che per piedi. Si esce sempre a sinistra su di un terrazzino che si abbandona subito a favore del muretto di destra lungo solide e compatte placche fessurate, molto piacevoli da scalare. Qualche passo in allungo, ma senza ulteriori difficoltà, consente di raggiungere il culmine del pilastro dove si sosta abbastanza scomodamente. Tiro molto meritevole, uno dei più belli della via. 30m, VI.

Il pilastro finale della quinta lunghezza, VI.

La sesta lunghezza attraversa la zona boschiva, presente al di là del pilastro di sosta, per giungere alla paretina successiva. I primi metri seguono una marcata traccia terrosa che termina al raggiungimento di una rampetta che sale su roccia staccata verso destra. L’arrampicata è facile ed in breve si raggiunge la parete successiva dove si sosta. Lungo il tiro è presente un cordone ed un chiodo sulla parete a sinistra della rampa che facilmente sfuggono alla vista in quanto al di fuori del raggio d’azione. 25m, IV.

Il poco entusiasmante sesto tiro, IV.

Il settimo tiro traversa verso destra aggirando il marciume sopra la sosta e proseguendo lungo un pilastro grigio più compatto. Lungo il traverso è necessario prestare attenzione in quanto la roccia non è delle migliori ma mano a mano che si prosegue diviene più stabile. Raggiunto il pilastro lo si supera sulla sinistra, su buone prese, fino ad entrare in una rampetta che obliqua leggermente a destra. Non lasciarsi ingannare dalla visione della sosta successiva, che invita a raggiungerla direttamente, ma continuare fino al termine della rampa e da qui iniziare a traversare verso sinistra, su cengia terrosa, fino alla base della parete successiva. Raggiunta la sosta si capisce perchè raggiungerla direttamente non sarebbe stata una grande idea. 25m, V+.

Martina sul pilastrino che conduce a S7, V+.

L’ottava lunghezza sale la bella fessura che parte a destra della sosta. Sebbene sia poco protetta risulta facilmente proteggibile con friends medi. L’arrampicata risulta comunque semplice, piacevole e mai fisica, come si potrebbe invece intuire ad un primo sguardo, con le pareti laterali che permettono di scaricare bene il peso sui piedi e riposare di tanto in tanto. Terminata la fessura la linea prosegue su di una bella placca, con qualche passaggio in allungo ma generalmente ben appigliato, fino ad un terrazzino dove è possibile attrezzare una sosta su di un albero prima di approcciare la parete successiva. 35m, VI.

Simone sulla fessura della settima lunghezza, VI.

Il nono tiro prosegue sulla parete opposta alla sosta. Qui ci aspetta un bel traverso che obliqua verso destra su buone prese e roccia ottima. Si parte salendo per un paio di metri in verticale fino al raggiungimento del primo spit. La marcata fessura soprastante ci permette di alzare i piedi su di una stretta cengia rocciosa che va seguita nella sua interezza verso destra superando un paio di cordoni ed un altro spit alla cui destra è presente un vecchio chiodo dove non è possibile inserire direttamente alcun rinvio ma un cordone può tornare utile. Il chiodo sancisce anche la fine delle protezioni a parete, nonostante la lunghezza prosegua ancora per altri 7 metri buoni su placca fessurata. L’arrampicata si rivela essere comunque facile e gradevole ed in breve si raggiunge il terrazzo di sosta. 30m, V+.

Simone all’inizio del bel traverso del nono tiro, V+.

La decima lunghezza è la meno entusiasmante di tutte. Si tratta di un traverso relativamente breve che, senza mai toccare la roccia nemmeno per sbaglio, conduce alla base della rampa del tiro successivo. 20m, I.

L’undicesima lunghezza sale la bella rampa appoggiata che obliqua verso destra. La parete destra di quest’ultima è particolarmente liscia e difatti la si sale sfruttando quanto più possibile la fessura/lama che corre sulla sinistra seguendola fino a quando termina e si trasforma in un diedro, alla metà del quale è presente un cordone. Qui si risale completamente in aderenza sfruttando i piccoli ma solidi conglomerati che caratterizzano la roccia in questo punto, in una goffa progressione a carponi. Si sosta sul terrazzino a fine rampa. 25m, IV+.

La bella rampa dell’undicesima lunghezza, IV+.

Il dodicesimo tiro è quello che, sulla carta, presenta i passi più delicati di tutta la via. L’arrampicata si svolge lungo un diedro la cui parete di destra è particolarmente liscia mentre quella di sinistra offre prese migliori. Nel primo tratto le difficoltà non sono eccessive, nonostante sia comunque necessario sapersi muovere bene e inserire protezioni rapide, grazie anche al gioco di equilibri ed incastri che offre il diedro. A metà parete il diedro è chiuso da uno strapiombo che ne impedisce la progressione ed è quindi necessario spostarsi lungo la fessura di destra per proseguire. Un cordone bianco, posizionato attorno ad un sasso incastrato di piccole dimensioni, offre una parvenza di sicurezza prima di affrontare la famosa spaccata che caratterizza la salita. In verità eviterei di caderci su se possibile perchè non dà l’impressione di voler rimanere incastrato ancora per molto. La spaccata è quella che è, probabilmente un VI+ se sei alto oppure particolarmente snodato, ma se hai l’apertura gambale limitata di certo questo è il tratto più duro di tutta la salita. Allo stesso momento il cordone bianco è distante rispetto alla fessura da raggiungere e non si può contare su di lui nemmeno per un eventuale azzeramento. Raggiunta la fessura la linea prosegue verticale con difficoltà minori, sempre tutta da proteggere, fino a che si esce su rampetta terrosa, che si segue passando 2 spit. Al secondo si torna sulla placca di destra, bella fessurata, fino a raggiungere la sosta da attrezzare su fix ed anello. 35m, VI+.

Simone sulla dodicesima lunghezza, VI+.

L’ultimo tiro procede oltre la sosta seguendo la larga fessura composta da rocce rotte e massi incastrati. Questa termina in corrispondenza di un tetto, circa 10 metri più in alto, dove la linea prosegue in un lungo traverso verso destra fino alla sosta per evitare il tetto stesso. I primi metri verticali richiedono particolare attenzione vista l’instabilità del terreno su cui ci si sta muovendo ed al fatto che non sono protetti. Il primo cordone lo si incontra poco dopo l’inizio del traverso che si svolge su roccia decisamente più solida e compatta. Al termine del traverso un ultimo muretto verticale conduce al termine della parete e alla sosta. 40m, V+.

La linea dell’ultimo tiro, V+.

Bella via con alcuni tiri davvero meritevoli ed altri ingaggianti più mentalmente che fisicamente. Nel complesso, sebbene i gradi non sono mai elevati, non è una via da sottovalutare: è infatti spesso necessario sapersi muovere bene tra protezioni distanti ed integrare dove necessario. Particolarmente consigliata a chi ha almeno un po’ di esperienza alpinistica.

Anche le donne vogliono arrampicare

Alla ricerca di una linea dalle medie difficoltà e lunga abbastanza da poterci passare almeno la mattinata ci dirigiamo verso Ceniga intenti a salire “Anche le donne vogliono arrampicare” al Sass dela Vecia. La via è generalmente ben protetta anche se distanziata in alcuni punti dove è comunque possibile integrare con protezioni rapide che raccomandiamo di portare. Nel complesso, per lo stile di arrampicata sempre alla ricerca dei punti più deboli della parete, si può considerare una via alpinistica con molti tratti sportivi.

La prima lunghezza risale la facile rampetta in direzione dell’evidente cordone su pianta. Da qui si prosegue sfruttando la rampa sino a giungere su di un terrazzino dove è possibile proteggersi con cordone attorno ad un arbusto sporgente. Continuando diritti si giunge ad un altro terrazzino da dove è possibile intravedere un chiodo sulla placchetta successiva. Qui si trova il passaggio più difficile del tiro che si affronta mantenendosi bene sulla destra. Superata la difficoltà ci si ritrova sopra di un ampia cengia terrosa che si segue verso destra fino ad incontrare la sosta su fix e clessidra con cordone. 25m, IV.

Martina sul primo tiro, IV.

La seconda lunghezza riparte salendo il muretto di fronte alla sosta approcciandolo sulla destra dove l’arrampicata risulta più facile. Proseguendo alla destra dello spigoletto successivo si raggiunge senza difficoltà la fonda fessura orizzontale che sta alla base di un piccolo tettino. Qui, con passo in aderanza, si oltrepassa lo spigolo e si approccia lo strapiombo verticale particolarmente ostico. Solo con un saggio posizionamento del corpo si vincono le difficoltà e si raggiunge la placchetta finale del tiro, anche questa particolarmente repulsiva nonostante il grado basso. Di prese buone ce ne sono poche ed alte che si raggiungono a fatica solo dopo una serie di micro-aggiustamenti di mani e piedi sulle minute tacchette della placca. Raggiunta la cengia soprastante si sosta su anello. 20m, VI.

Martina alle prese con il passo difficile della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro è fisicamente il più impegnativo di tutta la linea e, soprattutto per il secondo di cordata, c’è un fattore psicologico non indifferente tanto che anche per azzerare è costretto in numeri da circo. Si tratta di un traverso verso sinistra tutto in leggero strapiombo con movimenti ricercati. Si parte traversando in cengia fino a superare il primo cordone penzolante che si raggiunge e supera. Da qui, senza alzarsi troppo, si procede al di sotto della linea degli spit, con notevoli allunghi, fino al raggiungimento di un secondo cordone penzolante. Tornando a salire in verticale si procede leggermente a destra del cordone alla ricerca delle prese migliori che si raggiungono soltanto in corrispondenza della base del tettino soprastante. Da qui una serie di movimenti decisi su prese rovesce, e generalmente non comode, consentono di continuare il traverso verso sinistra fino ad oltrepassare lo spigolo ed intravedere la sosta che si raggiunge con un ultimo allungo puntando alle fessure di sinistra. 20m, VI+.

Simone sul traverso fisico del terzo tiro, VI+.

La quarta lunghezza inizia proseguendo lungo il diedro giallo con arrampicata atletica. Si abbandona quest’ultimo solo al suo termine oltrepassando lo spigolo di destra e trovandosi alla base di una bellissima placca grigia. Si sale la placca sfruttando le numerose fessure a parete intervallando movimenti plaisir a tratti in equilibrio che danno il grado alla lunghezza. Usciti dalla placca ci si sposta sulla breve parete oltre lo stretto canale e la si sale senza grosse difficoltà. Quest’ultimo tratto necessita di essere protetto. Si sosta su spit ed anello. 30m, VI+.

Martina in arrivo alla paretina prima della sosta, VI+.

Il quinto tiro ospita il singolo più difficile dell’itinerario, sebbene questo sia azzerabile. Si parte traversando verso sinistra la cengia di sosta, rimanendo bassi, in direzione di uno spit. Senza lasciarsi ingannare dalle scalette per i piedi, che suggerirebbero una progressione più verticale, si raggiunge la base del diedro di sinistra. Qui si torna a salire sfruttando la crepa verticale in cui è possibile inserire anche un dado visto che la distanza tra le protezioni è notevole. Dopo pochi metri si raggiunge la prima difficoltà: una lama staccata da risalire con i piedi in opposizione e aderenza su entrambe le pareti laterali del diedro. Una volta rimontata si prosegue un paio di metri su placca fino a raggiungere il passo chiave della via. Qui una lama posta sullo spigolo di sinistra ed una fessura completamente a destra invitano la progressione ma le indicazioni degli apritori sono chiare: non si imbroglia, si procede in placca! E chi siamo noi per non rispettare questa scelta artistica? Alla base della difficoltà fortunatamente ci sono delle buone prese su cui riposare che consentono di prendersi il tempo per studiare i passaggi. All’incrocio delle pareti, nel diedro, è presente una fessurina che, spallata di destra, consente di rimontare la placchetta e proseguire su di essa fino alla sosta posta su di un terrazzino 5 metri sopra che si raggiunge grazie all’ausilio di una bella fessura verticale. 30m, VII.

Martina supera agevolmente l’iconico passo chiave della via, VII.

La sesta lunghezza permette di rifiatare un po’. Obliquando leggermente verso destra si raggiunge un piccolo strapiombo che si evita passando sulla sinistra e cambiando versante della parete. Qui si continua in verticale dapprima su roccia grigia e compatta ed in seguito su roccia gialla, rotta e meno solida. Raggiunto un cordone si traversa di poco sulla cengia di destra dove è presente il necessario per attrezzare la sosta. Tiro breve e senza difficoltà particolari. 20m, V.

Martina in arrivo a S7, V.

Il settimo tiro prosegue nel diedro giallo che si sviluppa oltre la sosta per poi uscirne e continuare sulla parete successiva. L’arrampicata nel primo tratto è d’equilibrio su minute prese con unica fessura bella e scavata solo in corrispondenza del tetto che chiude il diedro. Qui un breve traverso verso destra permette di rimontare lo strapiombetto nel punto in cui pone meno opposizione. Un altro traverso, questa volta verso sinistra, conduce invece alla base di una lama che va salita atleticamente. Tutta la lama, seppur breve, risulta sprotetta ed un paio di friend medio/grandi risultano fondamentali per una progressione in sicurezza. Terminata la lama un ultimo facile muretto porta alla sosta posta su di una stretta cengia e composta da cordone e fix+anello. 30m, VI+.

Simone all’inizio del settimo tiro, VI+.

L’ultima lunghezza prosegue zigzagando tra le paretine finali che conducono al boschetto sopra la parete. Un primo facile traverso verso destra permette di raggiungere il primo spit dove, con passo atletico in allungo, si rimonta un piccolo strapiombo. Da qui si ritraversa verso sinistra, fino quasi a riportarsi sulla verticale della sosta precedente, dove ci accoglie un cordone ed un altro passaggio atletico per raggiungere le facili placche finali. Queste conducono senza difficoltà all’uscita della via, dopo aver oltrepassato un paio di cordoni su arbusti, e al sentiero di rientro dove è possibile sostare su di un albero con vecchio cordone nero. 33m, V+.

Il traverso iniziale dell’ultima lunghezza, V+.

Via nel complesso piacevole, non eccelsa ma sicuramente non da cestinare. Nello scegliere l’itinerario ci siamo imbattuti in un simpatico commento di una collega che si domandava cosa avessero fatto di male le donne al signor Grill… Beh, dopo aver percorso la via, anche la parte femminile della nostra cordata se lo sta chiedendo!

Le Scalette dell’Indria

La parte Nord delle Coste dell’Anglone ospita le linee mediamente più lunghe di tutta la fascia rocciosa. Una di queste, forse la più facile della parete, è la via “Le scalette dell’Indria” che intervalla belle placchette libere da vegetazione a tratti in diedri più sporchi.

Il primo tiro risale centralmente la paretina appoggiata fino al raggiungimento di un evidente cordone. Da qui si inizia a traversare di poco verso destra fino ad affrontare il muretto verticale soprastante nel suo punto più debole dove comode fessure per le mani e scalini per i piedi rendono la progressione agevole seppur richieda un pizzico di atleticità. Superato il muretto si punta al grosso blocco sulla destra che si supera grazie ai fondi buchi sommitali alzando bene i piedi. Giunti ora in una zona caratterizzata da cenge le si seguono obliquando verso destra fino a raggiungere un largo terrazzo dove è presente la comoda sosta. 30m, IV.

Simone sul primo tiro, IV.

Il secondo tiro risale la placchetta soprastante la sosta per poi proseguire su di un terrazzino erboso fino a giungere alla placchetta successiva ben segnalata dalla presenza di cordame. Una volta rimontata quest’ultima si giunge in sosta dove è possibile ammirare numerose corde fisse che penzolano dalla falesia che occupa tutta la paretona verticale di destra. La roccia lungo il tiro è solida, le difficoltà contenute e numerosi cordoni attorno alle clessidre rendono la progressione sempre sicura. 20m, IV.

Martina all’inizio della seconda lunghezza, IV.

Il terzo tiro risale la lama a sinistra della sosta in tutta la sua interezza. La conformità della lama di per sè è molto bella ed offre un’arrampicata per lo più atletica in dulfer. Peccato però che le numerose ripetizioni abbiano reso questo tratto estremamente scivoloso rendendo ogni movimento più difficile di quello che è nella realtà. In compenso tutto il tiro è ben attrezzato ed è facile azzerare in caso di necessità. Si parte con un breve traverso verso sinistra fino al raggiungimento della lama che, in questo punto, è abbastanza larga tanto che per raggiungere le prime prese buone è necessario allungarsi molto aiutandosi con le minute tacche della parete di destra. Raggiunta la parte fine della lama la si segue, sempre con la sensazione di essere in leggero strapiombo, fino ad uscirne sulla sinistra con passo non facile per via dell’usura. Si prosegue ora per alcuni metri verso sinistra fino alla sosta su terrazzino. 20m, VI.

Simone a metà della lama del terzo tiro, VI.

La quarta lunghezza risale il diedro-colatoio proprio oltre la sosta. La roccia, lavorata da presumibili frequenti rigagnoli d’acqua, risulta essere particolarmente stondata tanto che la quasi totalità delle prese sono belle stondate. Oltretutto i frequenti depositi di materiale terroso uniti alla patina polverosa sempre presente rendono la salità più precaria. Superato il diedro iniziale si continua su placca alla cui sinistra corre una lama. Qui sono concentrati i movimenti più difficili della lunghezza: rimanendo con le mani in fessura ed i piedi sulla liscia placca di destra si prosegue in dulfer fino a raggiungere le stondate roccette soprastanti che, con passo difficile in uscita, conducono in breve alla sosta. 40m, V+/VI-.

Martina sulle rocce stondate della quarta lunghezza, V+/VI-.

Il quinto tiro prosegue traversando verso destra e seguendo la linea di protezioni a parete, per concludere lungo un diedro a blocchi. La prima parte della lunghezza è estremamente delicata per via dell’usura delle componenti obbligatorie che rendono i movimenti particolarmente faticosi. Superato il primo scoglio inizia un breve e facile traverso verso destra che aggira una piccola parete dove è presente un lungo cordone bianco. Si torna quindi a salire lungo il diedro ben appigliato. Al termine di quest’ultimo si risale la paretina di destra senza difficoltà rilevanti e si prosegue nel canalino appoggiato che culmina su di un largo terrazzino dove un paio di cordoni su albero invitano ala sosta. 45m, VI.

Il traverso iniziale del quinto tiro, VI.

La sesta lunghezza risale la facile placchetta sopra alla sosta in direzione dell’evidente cordone. Una volta giunti sul terrazzino erboso si prosegue leggermente verso destra per superare altre facili roccette evidenziate da un altro cordone. Dopo averle superate si prosegue per pochi metri fino a raggiungere la sosta che può essere attrezzata sulle clessidre con cordoni a parete. 15m, III.

Martina sul sesto tiro, III.

Il settimo tiro prosegue il traverso, interrotto dalla sosta precedente, fino alla base di una bella placconata che corre verticale. Con arrampicata veramente piacevole la si risale nella sua interezza su roccia ottima, non usurata, ed estremamente fessurata. Come sempre il bello dura poco e senza rendersene conto si esce sul terrazzino sommitale dove si sosta su 2 cordoni. Finalmente un tiro che merita di essere scalato, ci stavamo quasi rassegnando. 30m, V+.

L’inizio della settima lunghezza, V+.

L’ottava lunghezza torna a salire su roccia più anonima, alla ricerca di una verticalità che non c’è, tra i numerosi arbusti che ostruiscono la vista. La linea, infatti, non è di immediata fruibilità e va ricercata evitando di entrare troppo nella boscaglia. Come riferimento obliquare verso destra dove la vegetazione è poco più rada e si riesce ad intravedere un pilastrino. Raggiunto quest’ultimo lo si risale, prestando attenzione alle roccette staccate quà e là, fino a raggiungere la base di una facile paretina appoggiata al cui centro è presente uno spit. Senza difficoltà la si risale e si raggiunge la sosta alla base dell’evidente diedro giallo che ci accompagnerà per i prossimi 2 tiri. 30m, IV+.

Le frasche dell’ottava lunghezza, IV+.

Il nono tiro affronta la prima metà del diedro giallo con arrampicata divertente e difficoltà contenute. I primi metri si svolgono su roccia grigia dove un passo delicato permette di entrare nel diedro vero e proprio. Qui l’arrampicata si fa via via più facile fino a che si raggiunge il terrazzino di sosta. 20m, V.

Martina sulla placchetta per arrivare al diedro del nono tiro, V.

La decima lunghezza prosegue e conclude il diedro con arrampicata prevalentemente d’equilibrio. I primi metri, fino al primo cordone azzurro, sono relativamente semplici su buone prese sia per mani che per piedi. Qui un passo atletico consente di proiettarsi sulla placchetta della parete di sinistra del diedro dove si avanza con fatica su prese minute e particolarmente usurate, purtroppo. L’ultimo traverso, per uscire dal diedro, è ostico ed aleatorio. Oltre questo una rampetta su rocce rotte conduce direttamente al terrazzino di sosta. Nonostante tutto il tiro risulta essere meritevole ed in caso di problemi qualche passaggio è azzerabile. 25m, V+/VI-.

In arrivo sul diedro finale, V+/VI-.

L’ultimo tiro inizia affrontando un pilastrino staccato subito a sinistra della sosta. Sebbene nel complesso l’arrampicata non sia estremamente difficile, il passaggio per rimontare il pilastro è delicato perchè non protetto ed allo stesso tempo difficilmente proteggibile se non con friends enormi. Prestare quindi massima attenzione perchè una caduta qui porta serie conseguenze. Una volta in piedi sul pilastro è l’ora di affrontare una liscia placchetta che si supera grazie alle fessurine sulla destra che si raggiungono con elegante spaccata. Raggiunta la parte sommitale della placca l’arrampicata si fa via via più facile su rocce rotte fino al boschetto dove si conclude la via. Il percorso non è particolarmente evidente ma qualsiasi muretto si decide di salire conduce in vetta. 50m, V+.

Simone sui primi metri dell’ultimo tiro, V+.

Nel complesso una via senza infamia ne gloria, con pochi tiri veramente belli, molti sporchi, alcuni di trasferimento e qualcuno forse troppo usurato. Non è sicuramente una bocciatura ma nelle vicinanze c’è di meglio. Rimane comunque un buon allenamento per via della numerosa varietà di passaggi diversi.

Diedro Rosso

Con gli europei di ciclismo a Trento aggiriamo il traffico cittadino accentuato dall’evento e ci dirigiamo verso Dro. Visto il caldo ancora pressante, per essere la seconda settimana di settembre, decidiamo di provare qualcosa di corto e tranquillo. L’occhio cade sul “Diedro Rosso” alla Piramide Lakshmi che dovrebbe offrire qualche tratto alpinistico misto a sezioni sportive sui tiri più duri.

Il primo tiro inizia salendo a destra della larga fessura verticale, su roccia scadente per i primi metri, fino a raggiungere un alberello con cordone. Qui inizia un lungo traverso verso destra, dove la roccia migliora sensibilmente, che si snoda orizzontalmente alla base dei tettini soprastanti. Le numerose clessidre offrono molteplici protezioni e rendono il traverso sicuro e divertente. Purtroppo le poche ripetizioni della linea fanno si che la roccia sia parecchio sporca soprattutto nel tratto verticale di fine lunghezza dove terra e foglie la fanno da padrone ed è spesso necessario soffiarle via per trovare le prese. Ultimato il traverso una serie di chiodi ben visibili definiscono la linea da seguire: con passo semplice si supera un primo tettino e si prosegue, prestando attenzione ai sassi mobili, leggermente verso destra in direzione di un canalino alla cui base è presente uno spit ed un anello per la sosta. 35m, V+.

Simone al termine del traverso del primo tiro, V+.

La seconda lunghezza prosegue diritti oltre la sosta in direzione di un evidente chiodo arancio che si lascia sulla destra deviando nel canale di sinistra fino a raggiungere un terrazzino boscoso alla cui base penzola un cordone nero un po’ nascosto dalla vegetazione. Dal cordone, in verticale su bella placconata solida, si incontrano una serie di clessidre con cordoni il cui ultimo, bianco, suggerisce di iniziare un breve traverso verso sinistra, su cengetta terrosa, fino ai 2 spit di sosta posizionati al di sotto di un piccolo tettino. 37m, V.

Martina sul traverso finale della seconda lunghezza, V.

La linea del terzo tiro non è di facile individuazione. Si parte aggirando la nicchia di sosta verso sinistra per poi ritornare sulla verticale ignorando il diedro di sinistra e proseguendo piuttosto sulla placchetta fino ad una piccola cengia dove è possibile intravedere un cordone nero. Raggiunto quest’ultimo, e prestando attenzione alle roccette dove appoggiare i piedi, si rimonta il blocco e ci si districa tra gli ultimi arbusti fino alla facile rampetta che conduce alla sosta. 35m, IV.

La quarta lunghezza sale il bellissimo diedro arancio che si sviluppa a destra della sosta e che si raggiunge tramite un breve traverso. La roccia lungo tutta la lunghezza è ottima e solida, ruvida per via dei numerosi piccoli grumi che la caratterizzano. L’arrampicata è tranquilla e piacevole con passaggi divertenti e meritevoli, contornati da ottima chiodatura a spit che rende il tiro molto sicuro. Si parte nel diedro sfruttando, dove possibile, entrambe le pareti fino a rimontare un masso poco sotto la metà della lunghezza. Da qui ancora in diedro fino ad un cordone dove si sfrutta la placca di destra per 3-4 metri per poi rientrare nel diedro verso la fine. Unica nota dolente è che l’uscita del diedro è parecchio sporca e tutte le prese, al nostro passaggio, erano coperte da uno spesso strato di sabbia fine e assai fastidiosa. La sosta di fine tiro si trova pochi metri a destra della fine del diedro su comoda cengia alberata. 25m, VI.

Martina impegnata sul bel diedro della quarta lunghezza, VI.

Il quinto tiro supera elegantemente la placchetta che si sviluppa verso destra, sempre su roccia ottima e grumosa. Il primo tratto è piuttosto facile ma mano a mano che si prosegue il grado inizia a farsi sentire. Si passa un delicato traverso con bella spaccata in equilibrio e si continua in verticale con squat delicato, belli spalmati a parete. Una volta in piedi le difficoltà sono pressochè terminate. Si prosegue quindi aggirando lo spigolo dove la linea scende per circa un metro su rampetta per i piedi e bei buchetti a gocce per le dita. Giunti sulla piccola cengia sottostante si torna in traverso verso destra raggiungendo la rampa placcosa che obliqua, sempre verso destra, senza difficoltà particolari. Si raggiunge in breve la sosta dove la pendenza è meno accentuata. 20m, VI+.

Simone sulla placca iniziale del quinto tiro, VI+.

La sesta lunghezza prosegue verso destra seguendo il punto più debole della parete. Dapprima si aggira una piccola protuberanza per continuare poi lungo il facile diedro al cui centro è possibile vedere un cordone. Proseguendo ancora verso destra si giunge ad una placchetta su cui è presente un chiodo due metri sopra il quale si trova la sosta. Le difficoltà del tiro sono molto limitate e le protezioni scarseggiano. 18m, III.

Il facile traverso del settimo tiro, III.

La settima lunghezza risale il muretto oltre la sosta ed il ben visibile diedro manigliato per poi addentrarsi nel boschetto sommitale. Il primo tratto è poco protetto ed il primo chiodo si trova quasi alla fine del diedro. Le difficoltà, tuttavia, sono limitate se non fosse per un ostico passaggio atletico subito in partenza. Una volta entrati nella zona boschiva si prosegue leggermente a sinistra fino a raggiungere una pianta con cordone nero. Da qui ci si incammina verso destra lungo la fastidiosa rampa terrosa al cui termine una cengia, che si sviluppa verso sinistra, invita ad essere seguita. Sostare sull’albero prima della clessidra nera. 30m, V.

Simone all’inizio dell’ottava lunghezza, V.

Le difficoltà sono ormai terminate e l’ultimo tiro è quasi una formalità. Dalla sosta si procede verso sinistra su facili roccette dove si trova un bullone senza spit. Terminate le rocce si comincia a risalire verticalmente e, dopo poco, si iniziano ad intravedere i bolli rossi che indicano il sentiero di uscita. Consigliamo di attrezzare la sosta su di un albero il prima possibile per evitare l’eccessivo attrito delle corde. 15m, III.

Gli ultimi balzi rocciosi al termine della via, III.

Nel complesso una via che guadagna un senso solo grazie ai 2 tiri centrali e parzialmente per il traverso del primo tiro. Per il resto l’arrampicata si svolge lungo rocce sporche intervallate da numerosi terrazzini. Nonostante questo ci sentiamo di consigliarla almeno a chi è alla ricerca di qualcosa di particolare e che ha già fatto quasi tutto in valle.