Ferrata del Canalone

Dopo aver fatto una piacevole escursione con tanto di arrampicata in Moiazza il giorno precedente, optiamo per una breve sosta in Val Canali prima di far rientro alle torride temperature cittadine.  Passiamo la notte al parcheggio in prossimità di Malga Canali (1310 m.s.l.m.), fiancheggiato dal greto di un torrente ormai essiccato, così che al mattino riusciamo a partire di buon ora con l’obiettivo di evitare la calca della domenica e percorrere la Ferrata del Canalone in tranquillità.

Dopo la sveglia mattutina iniziamo la nostra breve escursione che ci porta ai piedi della paretina dove è stata attrezzata la ferrata: dal parcheggio ci si inoltra nella valle lungo ampia e comoda forestale sterrata che corre inizialmente in piano. Il sole inizia ad illuminare le cime più alte delle pale di San Martino ed insieme a noi iniziano anche a salire le prime cordate della giornata. Si seguono le indicazioni per il rifugio Canali-Treviso che conducono ad attraversare il letto del fiume prosciugato (1378 m.s.l.m.) prima di inoltrarsi nei boschi e raggiungere la località Pian dei Orti (1393 m.s.l.m.). Dopo circa un’ora di camminata, zigzagando in salita e guadagnando rapidamente quota, giungiamo al rifugio (1631 m.s.l.m.). Da qui è già possibile scorgere il canalone che dà il nome alla via ferrata che si estende lungo Punta della Disperazione. Dopo aver mangiato un boccone alle panche del rifugio seguiamo le indicazioni per la via ferrata (1663 m.s.l.m.) ed, in pochi minuti, uno stretto sentiero conduce all’attacco della stessa.

Alla base è ben evidente il cartello che segnala l’inizio della ferrata. Poco più avanti sulla sinistra, in prossimità di una piccola falesia, si scorge un secondo cartello che indica l’attacco della varante facile. Noi abbiamo optato per la salita della via originale e la discesa lungo la variante facile.

La fune metallica inizia a circa due metri da terra ed una volta raggiunta ci accompagna per tutta la durata dell’itinerario. Si inizia a salire subito abbastanza verticalmente su buona roccia che può essere sfruttata per la progressione limitando al minimo l’utilizzo del cavo. Dopo poco si incontra una breve placca dove si trovano anche delle staffe metalliche che facilitano la progressione.  Prima di poter giungere sul filo dello spigolo si affronta un breve tratto un po’ strapiombante prima di dirigersi verso sinistra lungo un breve traverso esposto e molto scenico. Restano ora solo pochi metri, che si affrontano senza particolari difficoltà, prima di giungere al termine della ferrata. Infatti, in breve, ci si trova ad un bivio: la fune metallica prosegue a destra ancora per qualche decina di metri sino a giungere sulla Cima della Disperazione mentre un altro cavo scende leggermente verso sinistra. Quest’ultimo viene utilizzato per l’uscita.

Da prima si scende lungo facili roccette sino a giungere, quasi immediatamente, ad una caratteristica, stretta ed esile, asse di legno che deve essere attraversata. Viste le condizioni non ottimali noi abbiamo preferito non stressare troppo l’asse cerando di appoggiare quanto più possibile il peso in corrisponenza dai fittoni metallici che la sorreggono. Oltrepassata questa il traverso continua poi su roccia passando in corrispondenza di una forcella e giungendo ad uno spiazzo ghiaioso da cui è possibile scendere senza ulteriori difficoltà dal versante opposto tramite un alternanza di placchette e rampette vegetative. Le funi metalliche della variante facile conducono in breve all’attacco della ferrata.

Da qui è possibile fare ritorno al rifugio Canali-Treviso e rientrare al parcheggio seguendo lo stesso percorso di avvicinamento oppure seguire verso sinistra il sentiero 718 in direzione della Forcella sell’Oltro che, attraverso un bosco fiabesco immerso nel parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino, conduce al Campigol dell’Oltro (1700 m.s.l.m.). Da qui inizia la discesa vera e propria e si giunge in prossimità della sponda del fimune dove si ritrovano le indicazioni per Malga Canali che in breve riconducono al parcheggio.

L’escursione è breve e l’esposizione ad ovest rende questo itinerario particolarmente piacevole durante le prime ore del mattino anche nella calde giornate estive. La ferrata è resa molto interessante dalla buona qualità della roccia e dai passaggi tecnici, peccato solo sia molto breve e ci sia a malapena il tempo di assaporarne la bellezza.

Via ferrata Giulio Segata

La pioggia di questi giorni d’agosto ci tiene lontani dalle salite alpinistiche in Dolomiti. Approfittiamo del fatto che le previsioni sono incerte anche in valle per goderci un giro panoramico sulle tre cime del Bondone con la speranza che il meteo regga e ci permetta di affrontare la ferrata Giulio Segata. Partiamo al mattino presto cercando di evitare la calca di turisti che in questo periodo tende ad invadere le nostre cime, con ogni probabilità comunque già disincentivati dal meteo non molto promettente.

Dopo aver parcheggiato alle Viote (1550 m s.l.m.) attacchiamo il sentiero numero 636 seguendo le indicazioni per il sentiero delle tre Cime fino al raggiungimento di un bivio dove ci attende un piccolo cerbiatto che non perde tempo a nascondersi non appena entriamo nel suo raggio visivo. Qui si entra nel bosco seguendo il sentiero che sale ripido e, dopo una bella scarpinata verticale tra sassi e radici rese scivolose dalla pioggia del giorno precedente, usciamo alla base di Cima Verde. Si continua a salire per ripidi pendii erbosi, mantenendo la destra, in direzione Doss d’Abramo, congiunto a Cima Verde da un evidente sentiero. Volendo, e facendo un piccolo sforzo in più, si può salire ancora qualche metro prima di raggiungere il Doss d’Abramo e raggiungere così proprio la vetta di Cima Verde (2102 m s.l.m.). Un po’ provati dalla salita terminata da poco, e con le nuvole all’orizzonte, decidiamo di non perdere tempo e di dirigerci subito verso la via ferrata. Giunti in prossimità del Doss d’Abramo iniziamo ad aggirarlo alla ricerca dell’attacco ma ci accorgiamo dopo breve di essere giunti sulla cengia a metà della salita dove si trova una possibile via di fuga dopo il primo tratto attrezzato. Torniamo indietro e scendiamo costeggiando la parete raggiungendo così l’attacco. Qualche indicazione ci era sfuggita di vista. 

Ci troviamo davanti la targhetta commemorativa ed il caratteristico foro che caratterizza l’inizio della ferrata: la salita è molto divertente e si svolge all’interno del buco che si sviluppa in una sorta di breve spirale verticale e culmina su di un minuto terrazzino. I numerosi pioli ed appigli naturali sulla roccia garantiscono una progressione continua, un po’ fisica ma sempre sicura con esposizione quasi nulla in questo tratto visto che le pareti ti avvolgono a 360°. Una volta usciti si affronta un tratto nel quale l’utilizzo del cavo di sicurezza e dei pioli a parete risulta praticamente indispensabile per il prosieguo che rimane comunque abbastanza faticoso vista la verticalità della parete, in alcuni tratti leggermente strapiombante. Si raggiunge una comoda cengia, la stessa su cui ci eravamo trovati poco prima sbagliando attacco, che permette un’eventuale fuga nel caso questa prima sezione di ferrata sia risultata troppo difficile, in quanto la seconda parte della ferrata è più lunga ed altrettanto impegnativa.

La ferrata prosegue quindi verticalmente con progressione sempre fisica e faticosa, agevolata dai pioli e dal cavo, fondamentali visto anche la roccia risulta particolarmente avara di appoggi per i piedi e prese per le mani. Dopo aver affrontato il primo canalino si esce verso destra su placchetta molto liscia che, mano a mano che si sale, diviene più appoggiata ed agevole da affrontare. Si raggiunge in breve un comodo terrazzino che fa da base al camino finale, più lungo rispetto a quello iniziale, anche questo molto caratteristicamente chiuso su tutti i lati. La salita si sviluppa principalmente lungo i pioli a parete con il cavo di protezione che corre alla loro destra. Anche qui la progressione è fisica e l’umidtà all’interno del foro, un po’ per via della giornata e un po’ per il fatto che funge anche da colatoio, non semplifica di certo le cose rendendolo abbastanza scivoloso. Si esce direttamente sulla cima del Doss d’Abramo (2140 m s.l.m.) dove è possibile godere di un bel panorama, oggi limitato dalle nuvole.

Terminata la ferrata il meteo sembra riservarci anche un po’ di sole e ci concediamo il lusso di terminare il giro ad anello raggiungendo prima la rocciosa cima del Monte Cornetto (2180 m s.l.m.) ed in seguito in discesa verso valle e quindi al parcheggio per terminare il giro ad anello.


Escursione bella e divertente con interessanti scorci sulla valle dell’adige e i promontori circostanti. Data l’altitudine il percorso si presta ad essere affrontato anche in periodi più caldi. Ci sentiamo di consigliare la ferrata a chi ha già esperienza: seppur breve questo tratto ferrato presenta difficoltà tecniche, esposizione ed impegno fisico da non sottovalutare.