Dedicata a Sergio e Carla

Con il meteo minaccioso sia sulle catene delle Dolomiti Orientali che su quelle Occidentali ci dirigiamo verso le Piccole Dolomiti, per la precisione a Campogrosso. La giornata di sabato si preannuncia particolarmente calda e così decidiamo di svegliarci presto ed affrontare la via “Dedicata a Sergio e Carla”, sul Primo Apostolo, quando il sole scalda meno. La via è composta da 7/8 tiri, in base a come si decide di approcciare il tratto finale, di lunghezza contenuta.

Il primo tiro segue inizialmente la rampetta che si sviluppa verso sinistra con arrampicata delicata vista la qualità della roccia non ottima e le poche prese marcate a disposizione. Si procede dunque in equilibrio fintanto che non si raggiunge un cordoncino, abbastanza malmesso, sul tettino di destra. Qui si inizia ad approcciare il tetto in maniera più diretta spostandosi sulla verticale dell’assicuratore sottostante. Lo strapiombo costringe ad un paio di movimenti fisici su prese non entusiasmanti che conducono al di fuori delle difficoltà al di sopra di una netta cengia detritica dove non è raro far cadere sassi anche di modeste dimensioni. Terminata la cengia sono presenti due fix su cui poter attrezzare una comoda sosta. 18m V+.

Simone sulla prima lunghezza, V+.

La seconda lunghezza riparte raggiungendo senza difficoltà rilevanti lo spigoletto sinistro della paretina leggermente strapiombante oltre la sosta. Qui è presente la sequenza di movimenti chiave dell’itinerario lungo piccole lame e tacche minute. Molto bello è il primo passaggio che si vince con un incrocio tecnico sulle tre lame consecutive. Raggiunta la terza si rinvia e si studia il passaggio successivo, visto che è la più comoda ed accogliente. Una solida placchetta compatta si interpone tra noi ed il termine delle difficoltà. Qui le prese sono minute, appena accennate, ed i piedi e l’equilibrio giocano un ruolo fondamentale per rimanere attaccati alla parete. Ci si sposta leggermente verso destra fino a rimontare una piccola cengetta con bei buchi per le mani che consentono di raggiungere il muretto più semplice che in breve conduce in prossimità di un canalino sulla destra. Sebbene il muretto sia bello compatto l’uscita non è altrettanto bella e si svolge lungo pianoro erboso difficile da rimontare. Il consiglio è quindi quello di entrare nel canalino e raggiungere la terrazza di sosta tramite questo. 20m, VI+.

Il passo chiave della seconda lunghezza, VI+.

Il terzo tiro prosegue oltre la sosta lungo muro verticale che si sviluppa prima a sinistra e poi a destra per evitare un piccolo tettino. I primi metri risultano essere quelli più ostici visto che la verticalità è maggiore. Come supporto alla progressione è possibile utilizzare il pilastrino di sinistra che consente di scaricare bene il peso sui piedi grazie ai buoni appoggi. Superati i primi metri si prosegue seguendo l’evidente linea di fix a parete con arrampicata più semplice fino a giungere ai piedi di una larga cengia, anche questa particolarmente erbosa, difficile da risalire. Qui infatti è necessario aggrapparsi letteralmente ai ciuffi d’erba per poterla rimontare. Una volta al di sopra ci si sposta verso destra dove si sosta all’interno di una nicchia. 25m, V.

L’inizio del terzo tiro, V.

La quarta lungheza è particolarmente brutta in quanto si svolge quasi esclusivamente lungo terrazze erbose. Dalla sosta si rimonta per pochi metri il muretto a sinistra della nicchia di sosta uscendone poi verso destra e rimontando il primo terrazzino. Inizia ora un traverso ascendente verso sinistra costantemente con i piedi e le caviglie in mezzo all’erba e le mani in appoggio sulla roccia ad accompagnare la progressione. Oltrepassato un alberello molesto si continua ancora verso sinistra fino a raggiungere un ultimo canalino che porta alla sosta. Invece di risalire il canale è possibile rimanere sul pilastrino di sinistra che ospita roccia compatta ed offre un valido stacco all’arrampicata vegetale. 20m, IV.

L’erboso traverso della quarta lunghezza, IV.

Il quinto tiro torna a salire lungo roccia e parete verticale affrontando un’altra sezione bella sostenuta. Dalla sosta ci si sposta un paio di metri verso sinistra per giungere ai piedi di un bel muretto che si segue diritti per diritti fino a che non inizia a strapiombare leggermente. Qui il passo chiave che riporta verso destra con movimenti fisici e di resistenza su prese da ricercare. La continuità del tiro viene spezzata solamente verso il termine dello stesso dove si rincontrano i terrazzini erbosi e la progressione scema in gogliardiche ribaltate aggrappandosi a ciò che è disponibile: ciuffi d’erba, terriccio e qualche roccetta in prossimità della sosta. 15m, VI.

Martina al termine del quinto tiro, VI.

La sesta lunghezza inizia risalendo lo zoccolo erboso di destra che forma una rampetta ascendente. Si segue questa giusto qualche metro fino a giungere al di sotto della verticale di una linea di fix che indica il tragitto da seguire. La placconata che si apre è molto bella e costringe a movimenti d’equilibrio nella parte inferiore mentre più in alto si sale più la verticalità si fa sentire fino a strapiombare leggermente. Qui l’aderenza lascia spazio a passaggi più fisici ma su prese nette. Il tiro è molto continuo: sono infatti rari se non nulli i momenti dove è possibile rifiatare un po’. Al termine della placca ci si sposta leggermente sulla destra fino a ricollegarsi con la via “Spigolo Faccio” e si sosta su una coppia di fix uniti da cordoncino. 20m, V+.

Martina lungo l’impegnativo muretto finale del sesto tiro, V+.

Da qui è possibile scegliere di proseguire uscendo dalla via “Spigolo Faccio” oppure proseguire verso sinistra lungo terrazza detritica ed erbosa per poi risalire verticalmente ricongiungendosi nuovamente in seguito. Noi abbiamo optato per la prima opzione visto che a primo acchito il traverso non ci ispirava molto dato che passa attraverso una serie di mughi piuttosto chiusi. Di seguito descriviamo quindi l’uscita dalla via “Spigolo Faccio”.

Il settimo tiro, l’ultimo veramente verticale, prosegue al di sopra della sosta cercando di individuare la linea dettata da chiodi arancio che si susseguono all’interno dello spigoletto di destra. Prestando attenzione all’attrito delle corde ci si destreggia tra gli ultimi terrazzini: profeti della vicinanza della cresta. In breve si raggiunge la cima e si sosta a fianco dei mughetti su golfaro. Il tiro nel complesso è molto facile e non presenta difficoltà particolari, attenzione solo alla roccia che a tratti non è ottima. 30m, IV.

Gli ultimi metri prima della cresta, IV.

Una volta raggiunta la cresta la via è fondamentalmente terminata, rimangono solo tre piacevoli e facili crestine da affrontare prima di raggiungere la traccia tra i mughi che riporta al sentiero di arroccamento. Sebbene le difficoltà siano limitate, l’esposizione non è indifferente. Meglio non rischiare e rimanere legati. La prima cresta va salita e ridiscesa dalla parte opposta. Le due creste sccessive vengono invece superate rimanendo bassi e facendo una specie di slalom tra esse. Sul tragitto, non facilmente proteggibile altrimenti se non la discesa dalla prima cresta, è presente un solo chiodo. 25m, II.

Simone lungo i primi metri della cresta, II.

Via con alti e bassi, alcuni tiri sono davvero belli su roccia solida e con passaggi meritevoli, altri invece lasciano un po’ a desiderare dove i protagonisti sono l’erba e l’instabilità. Nel complesso però l’ingaggio non manca se non si è troppo esigenti!

Via Dagmy

Dopo essere usciti dallo “Spigolo Faccio” verso ora di pranzo ci rifocilliamo per bene: rimane ancora un pomeriggio da sfruttare. Visto che l’uscita della via precedente ci proietta giusto a pochi passi di distanza dalla sella che discende verso il versante Ovest del Primo Apostolo decidiamo di proseguire verso la vetta attraverso la via “Dagmy”. Via breve e con gradi abbordabili, VI+ massimo ed in caso azzerabile. Oltretutto, da quanto riportato, tutta la linea è ben attrezzata e per scendere ci si cala in doppia da dove si sale. Quindi tutto il materiale superfluo (dadi, cordoni, friends, chiodi, scarpe, vestiario, … ) si può tranquillamente lasciare nello zaino in una nicchia alla base della parete. Si sale così più scarichi, top! Noi per sicurezza qualche protezione rapida ce la siamo portata ma non c’è assolutamente bisogno di integrare.

Il primo tiro risale il muretto fronte al nome della via, a sinistra del mugo, per poi obliquare verso destra alcuni metri. Qui i risalti rocciosi sono di facile interpretazione ed esecuzione e si giunge presto ad una placchetta che porta in corrispondenza di un ulteriore mughetto dove è presente il tratto più ostico, sebbene non difficile, del tiro. Un bel traverso verso destra, un pò delicato per via della vegetazione presente sulla cengietta soprastante, porta alla sosta. 15m, V.

Simone sul primo tiro della via, V.

La seconda lunghezza è molto breve: dalla sosta precedente si risale il muretto di destra prestando attenzione alla qualità della roccia non sempre ottima. Una volta raggiunto lo spigoletto si obliqua leggermente verso destra seguendo l’evidente linea delle protezioni a parete. Si prosegue su placchetta superando un ulteriore spigoletto e giungendo infine su di un terrazzino dove è presente la comoda sosta. 10m, IV.

Martina sulla seconda lunghezza.

Il terzo tiro è quello che presenta le difficoltà maggiori. Si parte in placca, leggermente verso sinistra e senza grandi difficoltà, fino ad arrivare alla base di uno strapiombo. Qui il passo chiave: una serie di tacchette invitano ad un’atletica progressione sul tettino che termina con una buona presa al suo culmine. Il tratto di per sè è breve, un piccolo boulderino, e le numerose protezioni presenti consentono, nell’eventualità, di azzerare le difficoltà. Il tiro prosegue verso sinistra, ignorando una prima sosta intermedia facoltativa, su placca appoggiata fino a raggiungere, dopo una ventina di metri, un’altra sosta attrezzata con cordoni ed anelli di calata. 30m, VI+ o VI/A0.

Martina superato il tratto chiave della via.

La quarta lunghezza risale ancora verticalmente verso il leggero tratto in strapiombo che si supera senza troppi problemi con le buone prese poste sulla sinistra. Il V+ proposto ci pare abbastanza esagerato a dire la verità, mezzo grado in meno è sicuramente più consono. Superato il muretto si inizia a traversare verso destra fino a giungere sotto il terrazzino dove è posta la sosta che si raggiunge con un unltimo passettino atletico. Attenzione in quest’ultimo tratto solo a qualche roccetta instabile. 15m, V/V+.

Simone all’inizio della quarta lunghezza, V/V+.

L’ultimo tiro non offre emozioni nuove. Si limita a salire le ultime roccette che ci separano dalla vetta su difficoltà modeste. Si sale leggermente a destra rispetto alla verticale, aggirando verso destra i mughi sommitali e rimontando un pilastrino ben appigliato. Sopra di esso c’è la sosta, oltre un piccolo saltino che divide il pilastro dalla parete principale. 20m, IV+.

Il rientro avviene dalla stessa via: con 3 calate si torna a terra. Prestare la massima attenzione nel caso ci siano altre cordate lungo la linea perchè è veramente facile smuovere sassi, anche di notevoli dimensioni, durante la calata.

La linea nel complesso è chiara e sempre ben protetta nei passaggi più difficili. La roccia è tendenzialmente buona, solo nella parte superiore è necessario prestare attenzione sia alle prese che ai numerosi detriti cosparsi sui vari terrazzini. Vista l’ubicazione e la lunghezza piuttosto limitata della via stessa non ci sentiamo di consigliarla come salita a se stante, nonostante presenti un paio di passaggi interessanti, ma piuttosto come concatenamento ad uno degli itinerari sul Baffelan oppure sulla parete est del Primo Apostolo.

Spigolo Faccio

Dopo una primavera passata nell’attesa che la neve si sciogliesse torniamo finalmente in ambiente, più precisamente sulle Piccole Dolomiti. A dire la verità abbiamo un conto in sospeso con il Primo Apostolo, imminente vicino del più famoso Baffelan. L’anno scorso, in una torrida giornata d’estate, abbiamo tentato la salita di “Spigolo Faccio”, dopo esserci calati dalla prima sosta della via “Cumbre” sul Terzo Apostolo, molto polverosa e sporca al nostro passaggio. Dopo aver fatto un po’ di casino anche sullo Spigolo, sbagliando completamente partenza, abbiamo deciso di lasciare stare, anche perchè, verso mezzogiorno, iniziava a fare veramente caldo.

Ma questa volta andrà diversamente! Giungiamo convinti sotto la parete: è ora di prenderci la nostra piccola rivincita.

Il primo tiro inizia risalendo una placca subito a destra del muro di contenimento, molto bella e lavorata a buchi, il che rende la progressione divertente e mai veramente impegnativa, nonostante il V- dichiarato. Superati i primi metri in placca la linea si sposta leggermente verso sinistra per entrare in un canale appena accennato. Si esce sulla destra di quest’ultimo e si inizia ad obliquare, sempre verso destra, in maniera abbastanza decisa fino a trovarsi sotto una nicchia gialla ben visibile dove è presente un chiodo. Si sale giusto un paio di metri, con facile arrampicata, fino a raggiungerla. La sosta è posta proprio sulla sinistra della nicchia. 35m, V-.

Simone sulla placchetta del primo tiro, V-.

Martina nello stesso punto.

La seconda lunghezza prosegue nella rampetta subito sopra la sosta. Qui le difficoltà sono molto limitate ed in poco tempo si sbuca sulla crestina dello spigolo. Si traversa quindi verso destra, su comoda cengia, fino a raggiungere un chiodo sulla placca. Si prosegue verticalmente rimanendo nella parte più compatta e meno frastagliata della parete. Se si è in dubbio sul dove andare, mantenere la sinistra in quanto sulla destra passa una variante. La placconata è semplice e divertente, a tratti veramente rilassante. Appena anche la placca si inizia a frastagliare e terrazzare proseguire ancora diritti buttando però l’occhio, di tanto in tanto, sulla sinistra alla ricerca della sosta non di facile individuazione. Quest’ultima, infatti, è posta su di una cengietta sul versante laterale. 40m, IV.

La rampetta della seconda lunghezza con uscita sullo spigolo, IV.

Il terzo tiro, dopo essere usciti a destra della nicchia di sosta, sale leggermente verso sinistra entrando in una specie di canalino fino a raggiungere un tratto vegetativo che viene aggirato sulla sinistra. Da qui ci si riporta a destra raggiungendo una comoda sosta situata su di un terrazzino. Nonostante le contenute difficoltà anche questo tiro risulta molto piacevole: l’arrampicata è prevalentemente a gradini e la roccia risulta buona su tutta la lunghezza. 45m, III+.

Martina impegnata sul finire del terzo tiro, III+.

La quarta è la lunghezza chiave della via. E’ vero, è un po’ unta, ma non dà assolutamente fastidio, anzi! Quella che segue è proprio una bella serie di movimenti su roccia veramente solida. Dalla sosta si discende circa 1 metro verso destra per arrivare alla base di un piccolo tetto con evidente presona sulla sua sommità. Con passo atletico lo si rimonta e si prosegue sulla placca soprastante, a volte strapiombante. Niente panico però, tutto il tiro è ben manigliato con buchi, tasche e clessidre. Veramente piacevole e di soddisfazione, peccato solo che è troppo corto. Terminato il muretto si esce sulla sinistra dove si sosta comodamente su larga cengia. 15m, V.

Martina subito dopo lo strapiombetto della quarta lunghezza, V.

Il quinto tiro, l’ultimo veramente verticale, prosegue al di sopra della sosta per qualche metro, per poi sterzare verso sinistra aggirando la parte superiore della parete in prossimità dell’evidente tetto. Stando attenti all’attrito con le corde ci si destreggia tra gli ultimi terrazzini: profeti della vicinanza della cresta. In breve si raggiunge la cima e si sosta a fianco dei mughetti su golfaro. Il tiro nel complesso è molto facile e non presenta difficoltà particolari. 40m, IV.

Una volta raggiunta la cresta la via è fondamentalmente terminata, rimangono solo tre piacevoli e facili crestine da affrontare prima di raggiungere la traccia tra i mughi che riporta al sentiero di arroccamento. Sebbene le difficoltà siano limitate, l’esposizione non è indifferente. Meglio non rischiare e rimanere legati. La prima cresta va salita e ridiscesa dalla parte opposta. Le due creste sccessive vengono invece superate rimanendo bassi e facendo una specie di slalom tra esse. Sul tragitto, non facilmente proteggibile altrimenti se non la discesa dalla prima cresta, è presente un solo chiodo. 25m, II.

L’inizio della crestina finale, II.

Linea decisamente bella e meritevole, su roccia sempre solida. Viste le difficoltà non elevate è molto ripetuta e spesso, purtroppo, c’è da fare la fila per salirla. E’ quindi indubbiamente meglio approcciarla nelle giornate infrasettimanali o con tempo incerto. Terminata la via ci si trova sul sentiero di arroccamento, la cima del Primo Apostolo è posta un centinaio di metri più in su e per completare l’ascesa è necessario salire una delle vie della parete ovest. Noi abbiamo optato per la via “Dagmy”, VI+, più sportiva e con difficoltà maggiori, in generale molto bella anch’essa.