Penelope

La parete di San Paolo è una grande classica della valle del sarca, battuta giornalmente da numerose cordate che si cimentano lungo i suoi molteplici multipitch sia sportivi che più alpinistici. Vista il grande affollamento è sempre bene prepare qualche via alternativa alle prime scelte così da non rischiare code chilometriche di arrampicatori in attesa. Il caso ha voluto che questa volta la più libera di quelle selezionate fosse “Penelope”, situata bene o male centralmente alla parete.

Il primo tiro inizia su semplice rampetta per giungere su una piccola cengia alla base di un’evidente diedro. Quest’ultimo va salito in tutta la sua lunghezza fino a rimontare su di un masso incastrato. Tutto il diedro è ben protetto con chiodatura ravvicinata ma il livello di usura, sia delle prese per le mani che degli appoggi per piedi, è tale da maledire ogni singolo passaggio. Peccato perchè qualche anno fa era sicuramente più piacevole. L’arrampicata è comunque abbastanza fisica e si svolge quasi sempre in apertura con metà degli arti su una parete e l’altra metà sull’altra. Giunti al cordone su masso incastrato si sormonta con passo atletico, verso destra, il tettino e si giunge brevemente alla comoda sosta attrezzata con catena ed anello di calata. 35m, 6a/6a+.

Martina in uscita dal primo tiro, 6a/6a+.

La seconda lunghezza risale la breve placca verticale sovrastante la sosta per poi spostarsi verso il diedro leggermente strapiombante che si trova sulla sinistra. In questo tratto la roccia si presenta particolarmente levigata come sul tiro rpecedente ed i passaggi risultano essere molto atletici. In particolare, dopo qualche movimento all’interno nel diedro, lo spostamento verso la parete di sinistra dove si trova la linea degli spit richiede un po’ di forza e nervi saldi. Una volta superata questa difficoltà si rimontano le ultime roccette addentrandosi nella vegetazione e traversando lungo la cengia erbosa verso sinistra dove si trova la sosta. 25m, 6a+.

Il passo chiave del secondo tiro, 6a+.

L’arrampicata inizia a cambiare dal terzo tiro che si sviluppa lungo la placca verticale soprastante la sosta seguita da un piccolo e breve diedro al termine del quale ci si sposta verso sinistra in direzione della sosta. La roccia, sempre molto solida, risulta meno usurata e si trovano buoni appigli sia per mani che per piedi rendendo l’arrampicata più rilassante rispetto ai tiri precedenti. 30m, 5c.

La quarta lunghezza risale le placchette gialle leggermente strapiombanti su buone lame orizzontali fino al visibile tettino dove la pendenza cambia. Superare quest’ultimo rappresenta a nostro parere il passo chiave della via, azzerabile ma in caso con non poche difficoltà. Il primo tentativo non va a buon fine, posizionare bene i piedi e soprattutto tenere le prese giuste fa la differenza. Capito il movimento, il secondo tentativo riesce e superiamo l’avversità. Il suggerimento è quello di rimanere il più possibile sulla sinistra, con piccole lamette verticali di supporto, fino a raggiungere l’eveidente rovescio su orecchia staccata e da li traversare orizzontalmente verso destra. Il traverso non è semplicissimo ma lo si fà. Al termine di esso la via continua in obliquo verso destra su buone prese fino alla base di un semplice diedrino. Superato quest’ultimo è presente la sosta su comoda cengia. 30m, 6b+.

Simone sul passo difficilmente azzerabile della quarta lunghezza, 6b+.

Il quinto tiro inizia spostandosi leggermente a sinistra dalla sosta per poi risalire la bella e facile fessura che si estende diagonalmente verso destra fino quasi alla sosta successiva che si trova su un comodo terrazzino. Sebbene le difficoltà siano limitate in questo tratto l’arrampicata si presenta divertente su ottima roccia con qualche interessante passaggio in dulfer all’inizio del tiro. 25m, 5c.

In uscita dal quinto tiro, 5c.

L’ultima lunghezza ricalca le orme della quarta: partenza su rocce rotte che formano una serie di divertenti quanto instabili saltini. Mano a mano che si prosegue la roccia guadagna solidità ed in poco tempo ci si trova sotto al tetto dove è presente il passo chiave del tiro. Il tetto è ben appigliato sul ciglio ma per rimontarlo è necessario un pò di tecnica in quanto la prossima presa “comoda” si trova molto più in alto a destra, sotto le radici di un alberello. Alzato il piede destro su evidente presa si spalla con la sinistra per portare tutto il peso sul piede d’appoggio e ci si allunga quanto basta per afferrare la presa che consente di rialzare i piedi e superare definitivamente lo strapiombo. Gli ultimi metri della via sono un pò sprotetti e si svolgono su rocce rotte ma solide. Le difficoltà sono ormai finite e la sosta è posta sul culmine della fascia rocciosa. 40m, 6b+.

Le frastagliate rocce dell’ultima lunghezza, 6b+.

Via nel complesso senza infamia ne lode. Molti tiri risultano unti dal passaggio di numerose cordate e rendono l’arrampicata meno tranquilla di quanto dovrebbe essere. Il primo passo di 6b+ è azzerabile anche se con un pò di difficoltà mentre per il secondo non ci sono problemi. La chiodatura è molto buona in certi tratti ma scarseggia in altri e in alcuni punti non è ottimamente posizionata. Via consigliata solo se proprio non ci sono alternative.

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