Le pareti del Piccolo Lagazuoi sono famose per le trincee e le postazioni di guerra ricavate nella roccia, nonchè per la rete di cunicoli e gallerie scavati per scopi bellici. La Cengia Martini taglia la parete a metà orizzontalmente ed anche qui è possibile trovare interessanti testimonianze di un triste passato. Sulle pareti al di sotto della cengia salgono un po’ di vie brevi ed una di queste si chiama proprio “Cengia Martini”.
Il primo tiro inizia risalendo il breve muretto, che conduce ad un piccolo tettino, rimanendo lungo il diedro di destra che offre buoni spunti per protezioni rapide e dove la progressione risulta essere più agevole. Giunti alla base del tetto lo si affronta direttamente con passo atletico ma su buone prese. Lungo tutto l’itinerario infatti la roccia è ottima, solida e lavorata ed arrampicare è veramente un piacere. Superato il tetto non lasciarsi ingannare dai fix luccicanti che proseguono in verticale ma, raggiunto un chiodo, si piega completamente verso sinistra seguendo una simil-rampa che obliqua in direzione dell’evidente canale. Tutto il traverso è sprotetto ma all’ingresso del canale è presente un vecchio chiodo ad accoglierci. Sfruttando entrambe le pareti si sale un paio di metri per poi uscire sulla destra dove è presente una clessidra, attrezzata con cordone e maglia rapida, dove si sosta. 30m, IV.

Martina lungo il primo tiro, IV.
La seconda lunghezza riparte verticalmente rispetto alla sosta in direzione di un evidente lama. I primi metri si svolgono lungo paretina appoggiata che si verticalizza mano a mano che si sale. La lama è molto bella e la si segue per tutta la sua interezza piazzando, di tanto in tanto, qualche friend a protezione della progressione. Si giunge quindi ad un piccolo terrazzino con chiodo. La lama prosegue ora sulla sinistra diventando più larga, ma la linea sterza verso destra traversando per qualche metro costeggiando il piccolo tettino che chiude la parete fino a che è possibile rimontarlo in corrispondenza di una clessidra da attrezzare. Superato il tetto senza grandi difficoltà ci si trova dinnanzi ad una placconata appoggiata che si segue obliquando lievemente verso sinistra fino a raggiungere la sosta posizionata alla base di un largo camino dove prosegue il tiro successivo. Attenzione lungo gli ultimi metri della lunghezza perchè non è facile proteggersi e non c’è nulla a parete. 30m, IV.

In arrivo alla seconda sosta, IV.
Il terzo tiro si inerpica all’interno dell’evidente camino subito oltre la sosta che si stringe verso il termine. L’arrampicata è semplice, agevolata da numerosi appigli sulle pareti laterali. Terminato il camino un chiodo protegge l’inizio di un breve traverso verso sinistra che sale in direzione di un secondo camino decisamente più fondo e compatto. Qui, in entrata sulla sinistra, è presente un altro chiodo rosso. I passaggi all’interno del camino sono davvero belli e meritevoli: rimanendo il più esterni possibile si sfrutta maggiormente la parete di destra, che ospita le prese migliori, fino ad arrivare al grosso masso che precede la cengia d’uscita. Con passo finale in dulfer ci si proietta al di fuori del camino dove si sosta comodamente. 35m, IV.

Martina sulle belle placche del terzo tiro, IV.
La quarta lunghezza ospita i passaggi più duri di tutto l’itinerario lungo muretto fessurato e strapiombante. Il passo chiave è ben visibile sin dalla sosta ma si raggiunge solo dopo aver superato la lunga placconata antecedente. Dalla sosta ci si sposta qualche metro verso destra per rimontare più agevolmente le roccette e giungere così in placca. Questa obliqua verso sinistra puntando alla fessura che divide la parete gialla da quella grigia. Giunti alla base è presente un chiodo e, nella fessura, è incastrato un friend. Questo ci ha tratti in inganno e ci ha indotto a salire il muro strapiombante in questo punto quando in realtà la linea originale qui traversa verso sinistra fino alla base di una seconda fessura che si risale con difficoltà attorno al V grado. La verticale da noi affrontata, a nostro parere, si aggira attorno VI/VI+ con difficile gioco di incastri sulla partenza (che al momento della nostra salita era tra l’altro fradicia) e continuità fino al termine. Nel complesso è però molto bella e ben proteggibile nella parte bassa, un po’ meno in quella alta. Si sbuca comunque praticamente a due passi dalla linea originale su buona cengia. Da qui si punta verso il corridoio di sinistra dove è ben visibile la coppia di chiodi dove attrezzare la sosta che si raggiunge senza ulteriori difficoltà. 40m, V (VI/VI+ la variante).

La linea della quarta lunghzza con la fessura della variante, VI/VI+.
L’ultimo tiro sale le ultime roccette oltre la sosta zigzagando dove la roccia è migliore. Dove muore la verticalità inizia un ultimo tratto appoggiato caratterizzato da numerosi detriti ballerini che prosegue praticamente fino alla Cengia Martini e quindi al termine della via. Il terreno particolarmente instabile rende la progressione lenta e solo qualche sporadica roccia quà e là riaffiora dando senso di maggiore stabilità. Si passa da uno scoglio all’altro fino a che anche questi terminano lasciando spazio all’ultima sezione prativa. Si sosta infine su cordone metallico che fa da parapetto al margine della cengia. 40m, III.

Le terrazze sommitali in arrivo all’ultima sosta, III.
Bell’itinerario, nonostante la brevità, che si svolge lungo roccia molto solida e compatta. Le difficoltà sono costanti lungo tutta la linea che non risulta sempre evidente visto che le protezioni a parete non sono molte. Molto bello anche l’ambiente che circonda la salita, sfondo perfetto per una piacevole giornata.