Monte Baone – Via del 92° Congresso

Il risveglio stamattina è stato semplice, senza troppe sveglie, eccitato all’idea di fare qualcosa di entusiamante, sfruttando la previsione di una soleggiatissima giornata. La destinazione è Chiarano di Arco, la vetta è il monte Baone. Dal parcheggio di Chiarano imbocchiamo il sentiero in salita che dal paese porta brevemente ad alcuni spettacolari terrazzamenti di uliveti che caratterizzano tutta la zona di Arco e del Sarca in particolare. Qui il paesaggio ricorda tutt’altro che le spioventi vette trentine. Da un lato c’è il lago, dall’altro la pianura, ma le montagne sono sempre lì, a 360 gradi tutto intorno, con le loro placche di roccia viva intervallate dagli intrepidi arbusti che hanno scelto di mettere radici tra le crepe. Il sentiero prosegue fino in cima ad una collina dove spicca un pilastro di roccia mista a vegetazione, da dove inizia la via vera e propria. Il primo tratto è un misto di roccia e vegetazione, la salita è facile a gradinate, senza bisogno protezioni e senza troppe indicazioni. La particolarità della via stessa è che può essere salita da più angolazioni, lasciando all’alpinista carta bianca sulla quale esprimere la propria arte. Di tanto in tanto dei bolli bianchi e rossi sono comunque visibli sulla roccia per segnalare rispettivamente il percorso facile e quello un pò più impegnativo. Spavaldi e sicuri delle nostre capacità decidiamo di seguire il più possibile la via rossa per tutto il tempo.

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La verticaltà si fa meno prorompente mano a mano che si prosegue, ma l’esposizione si fa sempre sentire per via dello strapiombo a destra che da qui alla cima accompagnerà l’intero itinerario. Dopo 10 minuti di arrampicata su roccette e terrazzini, arriva una delle parti più divertenti dell’itinerario. Sopra di noi si ergono 25 metri di parete compatta. Il tiro, di III+ al massimo, non è protetto, e la possibilità di integrare con friends e dadi è quasi nulla. Solo due alberi consentono l’utilizzo di altrettante fetuccie. Apro le danze, scarpette ai piedi, elevandomi sopra la pancia del primo boulderoso tratto della via. L’arrampicata è piacevole su tacche e fessure orizzontali con naturali punti di sosta qualora necessari. Non manca mai l’aderenza e in poco tempo raggiungo il punto di sosta. Sebbene la difficoltà non sia mai elevata, la via naturale sale lungo il bordo del precipizio il quale rende la salita più cauta e soprattutto divertente. La sosta è assente, ma è possibile recuperare tramite clessidra quasi in cima su comodo pianerottolo.

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Proseguiamo su placche e terrazze fino a raggiungere un esposto traverso verso destra più protetto rispetto alla precedente difficoltà. Sono presenti in tutto 2 chiodi e la possibilità di integrare con una clessidra, su un totale di 15 metri di progressione. Gli appigli sono tutti buoni e la roccia dà molta sicurezza, a tal punto da dimenticarci del vuoto sottostante. La linea obbliga l’assunzione di una posizione non proprio comoda e distesa, ma il tratto è breve e il peso sulle gambe quasi non si sente. Superato il traverso un facile muretto verticale di 3 metri si interpone tra di noi e il punto di sosta posto su un albero in cima ad un terrazzino.

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L’ultimo tratto della via è caratterizzato da un susseguirsi di conformazioni rocciose fino a raggiungere la vetta a quota 480 m s.l.m. Qui il panorama è stupendo. Ad est è possibile ammirare Arco e il suo castello. A nord la valle del Sarca con le marocche di Dro, a sud, infine, Garda e il lago. E’ quasi d’obbligo riporre le nostre emozioni sul libro di vetta, per consolidare un’altra bella avventura.

 

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