Bella e Cattiva

Usciti dalla via “Sol Minore” il sole è ancora alto nel cielo, segnale che c’è ancora tempo per approcciare una seconda linea. Le vie della prima fascia sono tutte occupate, facciamo quindi qualche passo in più e ci dirigiamo in fondo alla parete. Qui c’è meno gente e tra le linee libere decidiamo di salire “Bella e Cattiva”, con bello scorcio sul lago di Garda.

Il primo tiro è senza dubbio il più impegnativo di tutta la salita e si svolge lungo rampa ascendente con passo iniziale tutt’altro che banale. Per raggiungere questa si superano prima una serie di facili roccette basali che senza particolari difficoltà conducono al passo chiave per salire sulla rampa. Qui un movimento in dulfer bello tosto, su piccole tacche verticali, permette di vincere le prime difficoltà. Si prosegue dunque lungo la rampa appoggiata muovendo bene i piedi lungo i pochi appoggi presenti e lavorando bene d’equilibrio. Verso la fine del tiro è possibile iniziare a sfruttare anche la fessura di sinistra che facilita la progressione fino alla sosta. Tiro impegnativo e da non sottovalutare nonostante i passi più duri possono essere azzerati. 30m, 6b.

Martina lungo la rampa della prima lunghezza, 6b.

Molto bella è la seconda lunghezza che traversa verso destra per aggirare il severo strapiombo soprastante. Dalla sosta si continua ancora per qualche metro lungo la rampa, che ci ha accompagnato nel tiro precedente, fino a che questa non termina in corrispondenza dello spigolo della parete. Rimanendo abbastanza alti si oltrepassa quest’ultimo portandosi all’inizio del traverso esposto che caratterizza il tiro. Per tutta la progressione si sfruttano le prese alla base del tetto per le mani, spostando i piedi da un appoggio all’altro fino ad aggirare un secondo spigolo e raggiungere così la sosta. Tiro molto estetico e dalle difficoltà omogenee, attenzione solo quando si oltrepassa il primo spigoletto visto che il fix successivo è un po’ distanziato. 25m, 6a.

Martina impegnata sul traverso della seconda lunghezza, 6a.

Il terzo tiro torna a salire in verticale lungo il diedro che si sviluppa oltre la sosta. Questo, ben manigliato, si supera senza grandi difficoltà rimanendo comunque sull’attenti visto che i grandi massi di cui è composto non danno l’idea di essere molto stabili. Tirare quindi con delicatezza. Superato il diedro si giunge ad una stretta cengia che si segue verso sinistra fino ad incontrare la verticale di un secondo diedro, più compatto, che si sale completamente attraverso passi più difficili rispetto al precedente. Giunti sulla terrazza sommitale si prosegue lungo semplice rampetta che obliqua verso sinistra fino al culmine del pilastro roccioso dove si sosta comodamente. 30m, 6a.

Martina si gode il panorama al termine del terzo tiro, 6a.

Bella è la quarta lunghezza che vince il muretto oltre la sosta attraverso un bel traverso ascendente. Dalla sosta si segue l’evidente fessurina che obliqua verso destra e taglia quasi interamente l’ultima paretina prima del bosco. La verticalità qui è massima e la progressione richiede una buona dose di forza su prese non sempre ottime. Al termine della fessura si rimonta verso sinistra su rampetta vegetativa che si segue entrando nel corridoio che conduce direttamente al comodo terrazzino di sosta. 35m, 6a+.

L’ultimo tiro è breve e permette di raggiungere il sentiero di rientro. Dalla sosta ci si sposta verso destra in direzione delle ultime roccette visibili che si superano agevolmente grazie ai numerosi appigli disponibili. Oltrepassato il tratto roccioso si piega verso destra nel corridoio tra gli alberi che si segue fino a che si raggiunge l’ultima sosta sul culmine della parete. 32m, IV-.

Le roccette finali dell’ultimo tiro, IV-.

Bella via, da non sottovalutare nonostante le difficoltà non siano mai eccessive. Ospita passaggi interessanti anche se la qualità della roccia in alcuni punti della parte centrale e superiore non è eccelsa. Nel complesso una salita meritevole da concatenare con qualcosa nelle vicinanze.

Sol Minore

Dopo una via piuttosto impegnativa il giorno precedente ci dirigiamo verso le pareti che sovrastano la vecchia strada del Ponale per salire qualcosa di più tranquillo. In questo lungo ponte di Halloween le parete è letteralmente presa d’assalto ed alla base di ogni via c’è almeno una coppia di cordate a fare la fila. Nonostante questo affollamento selvaggio la via “Sol Minore” sembra essere libera e così senza pensarci due volte ci prepariamo e la attacchiamo.

Il primo tiro sale lungo la bella placchetta che si fa spazio attraverso la vegetazione creando un corridoio arrampicabile. Si inizia risalendo le facili roccette rotte che antecedono la placca principale la quale si raggiunge senza difficoltà dopo alcuni metri. Questa è composta principalmente da fonde fessure che rendono l’arrampicata semplice e piacevole. Anche la chiodatura è buona e ravvicinata. Si obliqua leggermente verso destra fino a raggiungere uno spigoletto dove si torna a salire in verticale fino ad un comodo terrazzino dove si sosta su catenella. 38m, 5b.

Martina lungo la prima lunghezza, 5b.

La seconda lunghezza è la più impegnativa di tutto l’itinerario e si svolge lungo solide placconate con arrampicata prevalentemente in aderenza. Dalla sosta si rimonta con passo deciso la piccola pancia che antecede la placca sfruttando ad incastro l’evidente fessura verticale. Superata la pancia si inizia un breve traverso verso destra per raggiungere la paretina successiva. Il passo per arrivarci è tutt’altro che immediato e richiede un po’ di fiducia con i piedi che spingono su placca liscia e con le mani che equilibriano alla ricerca delle prese migliori. Si torna quindi a salire in verticale seguendo la linea dei fix a parete e sfruttando le belle fessure che caratterizzano questa sezione di via. Quando la placca è chiusa da vegetazione si torna verso destra dove è presente la sosta su catena. 25m, 6a.

Martina lungo la bella placca fessurata della seconda lunghezza, 6a.

Il terzo ed ultimo tiro riparte diritto per diritto lungo il muretto appoggiato oltre la sosta. I primi metri si svolgono in corrispondenza di un diedrino fessurato che si sfrutta per la progressione. Questo lascia in breve spazio ad una placchetta che si segue fino ad un comodo terrazzino che antecede il muretto finale. Gli ultimi metri della parete sono belli fessurati e l’arrampicata è piacevole e plaisir. Si giunge ad una zona alberata dove è possibile attrezzare una sosta oppure, visto che l’attrito delle corde è pressochè nullo, proseguire per altri 5 metri e raggiungere il sentiero di rientro dopo aver sormontato le ultime facili roccette. 25m, 5b.

Martina alle prese con l’ultimo tiro, 5b.

Via molto corta e didattica, adatta per chi muove i primi passi sui multipitch. L’arrampicata è sempre piacevole grazie alle fessure che caratterizzano la fascia rocciosa ed alle protezioni che sono sempre abbondanti. Il tiro più impegnativo è quello centrale che insegna a fidarsi bene dei piedi lavorando lungo placca appoggiata. Molto bello anche il panorama laterale sul lago di Garda.

Sulle pance del Pezol

Il sabato del lungo weekend di Halloween scendiamo verso Arco nonostante le temperature siano torride per il periodo. 27° di massima a fine ottobre inzia veramente ad essere preoccupante! Ci dirigiamo comunque alla Parete del Pezol di buona mattina arrivando alla base della fascia rocciosa con il sole che inizia già a scaldare la parete. La via? “Sulle pance del Pezol”.

Il primo tiro supera lo zoccoletto iniziale tramite un breve traverso verso destra su rampetta semplice ed appoggiata. Una volta aggirata la parete ci si trova su cengia che si segue costeggiando il piccolo strapiombetto sommitale fino ad incontrare il muretto successivo. Qui inizia un diedrino che si risale agevolmente, grazie alle numerose prese ed appigli quà e là, lungo roccia gialla, solida e grumosa. Al termine del diedrino ci si sposta leggermente sulla destra per raggiungere la sosta aerea da attrezzare. 27m, V.

Simone all’inizio della via, V.

La seconda lunghezza riparte con un breve traverso, ancora verso est, in aderenza su bella placchetta. Aggirato lo spigolo della parete si torna a salire verticalmente all’interno di un secondo diedro più severo e fisico rispetto a quello precedente. Le prese sono comunque abbondanti lungo tutto il tratto e giocando bene con gli appoggi laterali si riesce sempre a scaricare il peso dopo ogni movimento. Al termine del diedro si inizia un ulteriore traverso rimanendo al di sotto dello strapiombo che chiude la parete. Gli appoggi per i piedi, piuttosto alti, costringono a rimanenre quasi sempre rannicchiati rendendo così la progressione più ricercata. Se si è particolarmente alti si possono invece sfruttare le prese al di sopra dello strapiombetto, nascoste alla vista. Al termine del traverso, in corrispondenza del primo arbusto, si trova la sosta da attrezzare su 2 cordoni attorno a clessidre. 30m, VI.

Steve al termine della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro riparte ancora verso destra oltrepassando così gli alberi sopra la sosta rimanendone al di sotto. Si raggiunge così una rampetta obliqua che torna a salire in verticale dopo pochi metri. Oltrepassato qualche cordone si giunge ad una placchetta priva di ulteriori protezioni. Qui la linea da seguire non è evidente ma come riferimento continuare lungo lo spigoletto di sinistra fino alla base di un tettino sopra il quale è presente un fix non visibile dal basso. Con passo semplice si rimonta raggiungendo così un lungo terrazzino che, seguito verso destra per tutta la sua interezza, conduce alla sosta. 30m, V.

Molto bella, per via della particolare conformità della roccia, è la quarta lunghezza che, tramite traverso ascendente, porta ai piedi di un grande tetto ad arco. Si parte su solida placconata che si vince senza troppe difficoltà e che permette di raggiungere una grande canna attorno alla quale penzola un cordone bianco. Con passo atletico e meritevole si raggiunge la parete di destra maestosamente lavorata a taglienti gocce. Si traversa quindi leggermente mantenendosi il più possibile bassi, per sfruttare le prese migliori per le mani e gli evidenti appoggi per i piedi, fino alla verticale di un arbusto tagliato ed ornato da cordoncino. Qui si torna a salire sempre lungo parete gialla a gocce fino a che non lo si raggiunge. Sul terrazzino poco sopra è presente infine la sosta da attrezzare. 23m, V+.

La bella roccia a gocce a termine della quarta lunghezza, V+.

Il quinto tiro segue, per tutta la sua lunghezza, l’arcata che chiude la parete inferiore che dapprima ascende fino al culmine per poi discendere fino alla sosta successiva posta più in basso rispetto a quella attuale. La sicurezza è garantita dai numerosi cordoni attorno alle clessidre ricavate sulle molteplici canne alla base dell’arco, qualcona posta però un po’ in alto rispetto al livello del traverso. La progressione risulta comunque semplice grazie all’inclinazione favorevole della parete e all’abbondanza di appoggi su cui muovere i piedi. Raggiunto il punto più alto dell’arco si inizia lentamente a scendere disarrampicando fino alla sosta posta poco prima di raggiungere l’evidente canale che separa le pareti. 30m, IV.

Il traverso discendente del quinto tiro, IV.

La sesta lunghezza è corta ma intensa, la prima veramente ingaggiante della salita. Dalla sosta si affronta diritti per diritti il tetto soprastante, molto fisico lungo il primo tratto ma su prese comode. Tutt’altro discorso è invece il traverso successivo, puramente d’aderenza e senza prese nette per le mani. Il passo chiave è proprio questo: corpo bello attaccato alla parete e movimento lento ed estremamente delicato verso sinistra per arrivare alla fonda lama che consente di spostarsi definitivamente verso rocce più frastagliate e semplici da salire. Si continua ancora per qualche metro verso sinistra, integrando le protezioni presenti con qualche friend per agevolare la progressione del secondo di cordata. Raggiunto un diedrino lo si sale prestando attenzione alla qualità della roccia, abbastanza scadente in questo punto. Rimontato il pulpito al termine del diedro si attrezza la sosta aerea. 20m, VI+.

Jacopo lungo il passo chiave della sesta lunghezza, VI+.

Il settimo tiro riparte risalendo la breve placchetta che si sviluppa oltre la sosta leggermente sulla sinistra. Dopo un primo fix si raggiunge un facile strapiombetto che si vince senza particolari difficoltà grazie alle fonde ed accoglienti lame sommitali. Si giunge così su rampetta ascendente verso destra, particolarmente compatta e lavorata anch’essa da bei buchi e fessure. Al termine della rampa si discende per qualche metro, con passetti delicati, fino ad un cordone alla base di un piccolo tettino. Questo si supera atleticamente con movimento non semlice e si raggiunge così la sosta sul terrazzino subito oltre. 27m, V-.

La facile rampa del settimo tiro, V-.

L’ottava lunghezza riprende risalendo la placchetta oltre la sosta attraverso arrampicata piacevole e di equilibrio. Solo i primi metri, un po’ scarsi d’appoggi rilevanti, impegnano un po’ di più l’arrampicatore. Circa a metà della placca, per evitare le evidenti roccette pericolanti poco sopra, la linea piega decisamente verso sinistra fino a portarsi alla base di un pulpito. Anche qui la roccia non è il massimo ma le prese principali sembrano reggere e con un paio di passi fisici ed atletici, qui la parete straiomba un po’, si rimonta il pulpito trovandosi sul terrazzino sommitale dove è presente una sosta intermedia, ma consigliata, per evitare l’eccessivo attrito delle corde lungo il delicato muretto del tiro successivo. 25m, VI.

La placchetta iniziale dell’ottava lunghezza, VI.

Il nono tiro, se si è scelto di sfruttare la sosta intermedia, è particolarmente breve ed intenso. Si tratta di vincere la pacchetta chiusa da pronunciato tetto attraverso arrampicata elegante ma delicata. Dalla sosta si raggiungono senza difficoltà le fonde lame basali della placca e si continua, da qui in poi, arrangiandosi con le poche tacchette a disposizione obliquando leggermente verso destra. Il passo centrale è quello più ostico: qui le tacche sono storte ed appena accennate ed è fondamentale trovare gli equilibri giusti fidandosi bene dei piedi che spingono bene sulla placca. Una volta raggiunta la presa sotto il cordone si prosegue più agevolmente fino alla scomoda sosta aerea sotto il tetto. 12m, VI.

Steve alle prese con la delicata placchetta del nono tiro, VI.

La decima lunghezza ospita i singoli più duri di tutto l’itinerario e nel complesso è bella e sostenuta. Si inizia con un breve traverso verso destra che aggira lo spigolo della parete immettendosi su placchetta rossa. I primi metri del traverso sono i più delicati ma raggiunte le prime canne la progressione diviene più facile grazie anche ai numerosi appoggi per i piedi. La placchetta oltre lo spigolo invece è tutt’altro che semplice da interpretare visto che le prese a parete, a parte il vascone iniziale, sono rare e quelle presenti sono appena accennate. Il passaggio per raggiungere il cordone che penzola dal tetto soprastante è quindi molto delicato e richiede una buona dose di fiducia, sia nelle mani che nei piedi, per essere superato. Raggiunto lo strapiombo la soddisfazione è massima ma rimangono ancora alcuni metri prima di poter cantare vittoria. Lo strapiombo è faticoso sì ma tutto sommato ben appigliato e se si sono conservate un po’ di forze si passa senza troppi patemi considerando che i cordoni permettono comunque di azzerare in caso di necessità. Un breve traverso verso sinistra conduce infine alla sosta. Tiro bello e meritevole, a nostro avviso le difficoltà reali risiedono nella placca sottostante il tetto più che nel superare il tetto in sè. 28m, VII.

Simone lungo il traverso prima del passo chiave della via, VII.

L’undicesimo tiro si sviluppa lungo le belle placconate finali della parete zigzagando alla ricerca dei punti che oppongono minor resistenza. Dalla sosta si risale lungo la bella lama di sinistra fino al suo termine dove ci si sposta verso destra iniziando così un bel traverso in direzione del grande diedro che si segue per qualche metro in verticale una volta raggiunto. Per evitare la severa placchetta soprastante si torna ancora una volta verso sinistra raggiungendo lo spigolo della parete prima di tornare verso destra un’ultima volta rimontando la breve pancia che conduce alla sosta. Nonostante il tiro sia poco lineare è molto bello, ricordarsi solo di allungare qualche protezione per evitare eccessivo attrito lungo i metri finali. 40m, VI.

La bella placconata del penultimo tiro, V+.

L’ultima lunghezza riparte, traversando su cengetta, a sinistra della sosta e raggiungendo lo spigoletto finale. La qualità della roccia lascia molto a desiderare in questo tratto, prestare quindi attenzione a quello che si prende. Le difficoltà sono comunque limitate ed in breve si raggiungono i prati sopra la parete che, dopo una serie di terrazzini, portano ai piedi di una vecchia trincea. Oltrepassata anche quest’ultima si sosta comodamente al suo interno. 30m, V+.

Steve lungo gli ultimi metri della via, V+.

Via molto bella che offre molteplici spunti interessanti lungo placche, diedri e brevi strapiombetti. Le protezioni a parete sono abbondanti e posizionate intelligentemente nei punti giusti anche se ogni tanto è bene integrare la progressione per una maggiore sicurezza soprattutto del secondo di cordata. La linea è piuttosto storta ma divertente, assolutamente da non perdere!

Cuore d’Oro

Giornata un po’ nuvolosa in valle del Sarca caratterizzata da nebbiolina non molto fitta ma che non lascia comunque passare i raggi del sole che timidamente fa capolino dal Bondone. Tutto sommato meglio così visto che la temperatura, già di prima mattina, è elevata e se ci fosse anche il sole a picchiare si suderebbe abbastanza. E’ da tanto che volevamo andare a ripetere la via “Cuore d’Oro” alle Coste dell’Anglone ma per un motivo o per l’altro abbiamo sempre desistito. Oggi invece è la volta buona, motivati anche dall’innesto di un simpatico terzo elemento di cordata.

Il primo tiro rimonta le rocce staccate alla base della parete principale sfruttando per la progressione la spaccatura di destra. Sopra lo zoccolo iniziale è presente un cordone e sulla destra si sviluppa una breve rampetta che si segue per tutta la sua interezza. Circa a metà di questa è presente il passo più impegnativo del tiro con le mani in fessura ed i piedi alla ricerca degli appoggi migliori sullo spigolo destro della rampa. Superata la piccola pancia si prosegue fino a raggiungere un minuto terrazzino che antecede un breve muretto. Sfruttando la fessura di destra si risale senza particolari difficoltà rimontando al di sopra di un terrazzo decisamente più largo dove si sosta comodamente. 20m, V+.

Martina lungo il primo tiro, V+.

La seconda lunghezza riparte seguendo il camminamento a destra della sosta, dapprima roccioso ed in seguito più vegetativo, che aggira la parete evitando gli strapiombi che la chiudono. Al termine della camminata è presente un comodo terrazzo dove è possibile effettuare una sosta intermedia su invitante clessidra con cordone. Vista la brevità del tiro, e di quello successivo, è però consigliato proseguire fino alla prossima sosta non molto lontana. Dal terrazzino si rimonta il muretto verticale sfruttando le buone prese di sinistra prima di intraprendere un traverso in direzione dello spigolo della parete. Le protezioni qui scarseggiano ma è possibile inserire un paio di friend nelle fessure. Aggirato lo spigolo si trova infine la sosta. 38m, IV+.

Il muretto del secondo tiro, IV+.

Il terzo tiro inizia la sequenza di traversi che caratterizza l’itinerario. Prima di iniziare il primo è però necessario superare un breve strapiombino sfruttando il comodo rovescio alla base ed allungandosi in alto a destra per raggiungere la tasca che permette di rimontare atleticamente. Si piega ora verso sinistra iniziando così una bella traversata che conduce alla cengia di sosta. Lungo il tratto i movimenti sono ricercati con i piedi che si spostano tra un appoggio e l’altro, spesso incrociando le gambe, e le mani che li seguono su prese non sempre comode anche per via della leggera usura di alcune di esse. La parte centrale del traverso è certamente la più delicata mentre una volta raggiunta una coppia di buchi rovesci si prosegue più agevolmente. Con passo esposto si rimonta infine sulla cengia di sosta dove si attrezza su coppia di fix. 20m, VI-.

Il bel traverso del terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza prosegue il traverso iniziato con il tiro precedente aggirando così l’evidente tetto soprastante altrimenti molto difficile da superare. Si inizia proseguendo lungo la cengia per alcuni metri fino al raggiungimento di un muretto giallo verticale che si vince su buone prese giungendo alla base di un piccolo tettino. Spostandosi ancora verso sinistra, seguendo la linea dei cordoni a parete, si raggiunge la parte più debole dello strapiombo da dove penzola un evidente cordone attaccato allo spit soprastante. Con passo non semplice e deciso, sfruttando le minute tacchette e cercando di rimanere il più possibile sulla sinistra, si rimonta sopra il tetto raggiungendo così le buone fessure alte che antecedono la scomoda sosta aerea poco più a destra. 25m, VI.

Il traverso iniziale della quarta lunghezza, VI.

Molto bello e caratteristico è il quinto tiro che segue l’esposto traverso verso destra chiuso da pronunciato tetto. L’arrampicata è prevalentemente di movimento con buoni appoggi per i piedi e mani alla ricerca delle prese migliori per riequilibrare ogni spostamento. Le protezioni, cordoni attorno a canne forate, sono ben posizionate rendendo la progressione meno traumatica di quanto si possa immaginare, anche per il secondo di cordata. Tutt’altra storia è invece l’uscita dal traverso dove un passo delicato lungo tratto sprotetto richiede particolare attenzione. Con movimenti ponderati si traversa ancora un po’ fino quasi allo spigolo della parete dove si torna a salire in verticale in direzione del fix con anello sotto un secondo tetto più minuto. Questo si supera in maniera atletica andando alla ricerca della buona tasca che è presente sopra sulla sinistra, nascosta dal basso. Questa consente di alzare bene i piedi e raggiungere un’altra coppia di buone prese. Si prosegue ora più facilmente obliquando leggermente verso destra fino a raggiungere la sosta dietro l’angolo. Tiro molto bello e di soddisfazione, prestare solamente attenzione all’uscita dal traverso dove una protezione in più avrebbe fatto comodo. 30m, VI+.

L’esposto traverso del quinto tiro, VI+.

La sesta lunghezza continua lungo il breve diedro oltre la sosta che si sviluppa in obliquo verso sinistra. L’arrampicata è semplice grazie alle rocce rotte di cui è composto e che offrono buone prese ed appoggi. Al termine del diedro si esce sulla sinistra, oltre la chiusura, giungendo così alla base di una semplice placchetta compatta. Le fonde fessure permettono una progressione spensierata ed in men che non si dica si raggiunge una larga terrazza un po’ vegetativa dove, sulla parete successiva, è posizionata la sosta da attrezzare. 32m, V+.

Jacopo in arrivo alla sesta sosta, V+.

Il settimo tiro segue il muro grigio oltre la sosta per tutta la sua interezza. I traversi delicati ed esposti qui sono un lontano ricordo e l’arrampicata è prevalentemente verticale su tacche e buone fessure. La roccia è solida lungo tutto il tratto rendendo la progressione facile e piacevole. La parte inferiore del muretto è leggermente appoggiata e solcata da bella fessura verticale mentre la seconda parte è più verticale ma le prese rimangono buone ed in breve si raggiunge la cengia di sosta dopo aver superato una serie di roccette rotte, da verificare, ed un paio di arbusti. 35m, VI-.

Il muretto del settimo tiro, VI-.

L’ottava lunghezza è piuttosto breve ma è comunque necessario spezzare il tiro precedente per via dello zig-zagare della linea che genererebbe attrito eccessivo sulle corde. Dalla sosta si cammina senza alcuna difficoltà verso sinistra seguendo l’evidente corridoio tra la parete ed il boschetto. Dopo un po’ inizia sulla destra una placchetta bianca che si segue in direzione dei cordoni a parete. Fonde fessure rendono l’arrampicata rapida e dopo poco si raggiunge una sezione caratterizzata da roccette e terra. Prestando attenzione a non scivolare sul terriccio si continua fino alla paretina successiva dove si sosta comodamente. 30m, V-.

Martina al termine dell’ottava lunghezza, V-.

Il nono tiro riprende superando un breve muretto grigio e compatto con arrampicata semplice grazie alle numerose prese ed appoggi che costellano la parete. I molti cordoni attorno alle clessidre dettano la direzione di salita ed in poco tempo si giunge al termine del muro dove la linea prosegue leggermente verso sinistra lungo placconata appoggiata. Questa collide con il muro finale dove si sosta una volta raggiunto quest’ultimo. 25m, V-.

Gli ultimi metri del nono tiro, V-.

La decima lunghezza torna a salire in verticale lungo stupendo diedro, a grumi nella parte inferiore e lavorato a gocce in quella superiore. Per raggiungerlo è però necessario traversare prima leggermente veso sinistra per alcuni metri attraverso arrampicata semplice. Si entra quindi nel diedro che si risale sfruttando principalmente la fessura in mezzo alle pareti laterali, molto accogliente anche per inserire qualche protezione aggiuntiva. Verso metà diedro è presente un piccolo strapiombetto che si supera elegantemente grazie alle buone prese soprastanti ed agli appoggi laterali. Inizia ora una bella sezione con roccia lavorata a gocce che prosegue leggermente verso sinistra in direzione del bordo della parete. Superato quest’ultimo si giunge su di un piccolo terrazzino dove si sosta agevolmente. 25m, VI.

Il bel diedro della decima lunghezza, VI.

L’ultimo tiro termina una bellissima salita attraverso belle placconate compatte. Dalla sosta si superano i brevi risalti rocciosi oltre la sosta che dopo poco terminano costringendo a qualche passo verso sinistra per raggiungere la placconata finale. Questa si sale rimanendo in corrispondenza del bordo della parete dove le prese sono migliori. Si arrampica con passi in aderenza, piedi a spalmo e mani lungo fessurine e piacevoli buchetti che in poco tempo portano in cima alla fascia rocciosa. Qui, prima di raggiungere il boschetto, è presente una sosta sull’ultima cengia ma si può decidere di oltrepassare anche questa e sostare direttamente, e più comodamente, su di un albero a ridosso del sentiero di rientro. 40m, V+.

Martina sulla placca finale della via, V+.

Linea molto piacevole soprattutto lungo la prima metà dove si aggirano una serie di tettini tramite bei traversi esposti. La parte superiorie è più discontinua ed attraversa corridoi rocciosi tra la vegetazione e torna verticale lungo gli ultimi due tiri, anche questi molto belli. Nel complesso una bella salita divertente dove solo qualche singolo passo impegna veramente. Le protezioni a parete sono sufficienti, portare nell’eventualità qualche friend medio/piccolo per integrare di tanto in tanto.

Rampa Centrale

In una bella giornata soleggiata di inizio ottobre ci dirigiamo verso la Parete dei Due Laghi, sopra l’abitato di Santa Massenza, per tentare di salire la via “Rampa Centrale”. La fascia rocciosa inizia ad essere conosciuta tanto che al nostro arrivo c’è già qualche cordata che approccia la parete e durante la giornata, nel complesso, ne contiamo una dozzina in tutto. Fortunatamente la via scelta è libera, ci prepariamo ed iniziamo la salita.

Il primo tiro ci fa subito capire che arrivare in cima sarà tutt’altro che una passeggiata. Si parte salendo lungo la rampa solcata verticalmente da larga fessura ma che inizia solamente a 5 metri da terra. Raggiungerla non è per niente facile visto che quì si lavora esclusivamente in aderenza dato che le prese sono assenti. E’ necessario fare affidamento sui piedi e liberare bene la testa, con le mani che equilibriano solamente tenendo qualche grumo quà e là. Dopo un chiodo iniziale è necessario proteggersi a friend per il resto della lunghezza visto che, oltre a due cordoni belli alti, tutto il tiro è sprotetto. La progressione si svolge sempre con le mani in fessura ed i piedi lungo le placche laterali molto grippose e ruvide. Mano a mano che si sale la parete si appoggia leggermente e si raggiunge la sosta più agevolmente. Tenere a mente che la fessura è abbastanza costanze come dimensione e potrebbe essere quindi utile portarsi 2 set di friend medio/grandi per una protezione migliore. 33m, VI-.

Simone lungo la rampa fessurata del primo tiro, VI-.

La seconda lunghezza prosegue sulla falsa riga di quella precedente seguendo la rampa che obliqua ancora verso destra. Le difficoltà qui sono minori, vista la pendenza della parete, ma è comunque necessario sapersi muovere bene ed inserire protezioni rapide di tanto in tanto. Verso metà la rampa è spezzata ed è necessario aggirare lo spigolo di destra prima di proseguire. Prestare attenzione alla qualità della roccia in questo tratto visto che sono evidenti le tracce di interventi rafforzativi e preventivi. Si risalgono gli ultimi metri, senza particolari difficoltà, sulla placchetta di destra che in breve conduce alla sosta da attrezzare in prossimità dello spigolo della parete. 30m, V.

Martina alla fine della seconda lunghezza, V.

Il terzo tiro abbandona la rampa principale traversando verso destra in direzione di un pilastrino staccato. I primi metri si svolgono in leggera discesa fino al raggiungimento della base di quest’ultimo che si segue per tutta la sua interezza. Giunti al culmine lo si oltrepassa verso destra trovandosi così alla base di una bella parete caratterizzata da numerose piccole canne ben formate. Seguendo la linea di cordame verso destra si traversa fino a raggiungere una grossa lama staccata che si supera più facilmente rimanendo bassi ed agguantando il culmine solo alla fine quando oramai è stata superata. Si giunge quindi alla base di una rampetta che si vince senza difficoltà rilevanti. Al termine di questa è presente invece un ostico passaggio, abbastanza fisico, che permette di rimontare lo strapiombetto finale ed arrivare in sosta. 30m, V+.

L’inizio della terza lunghezza, V+.

La quarta lunghezza inizia traversando verso destra ed oltrepassando un evidente colatoio sporco e polveroso. Il tratto è però facile e beve e si immette direttamente su rampetta gialla che obliqua sempre verso destra. La si segue fino al termine dove la parete torna decisamente verticale e la via prosegue lungo il muro di sinistra caratterizzato da buone prese. I passaggi sono invece fisici almeno fintanto che non si raggiunge lo strapiombo che chiude la parete dove si inizia a traversare verso sinistra sfruttando il buon rovescio per le mani alla base del tetto. Terminato il traverso si torna su rampa molto ruvida e grumosa. Qui uno spit protegge il passo più delicato del tiro: un breve traverso in aderenza per raggiungere lo spigolo e proseguire più facilmente fino alla sosta poco sopra. 30m, VI-.

Simone nella parte finale della quarta lunghezza, VI-.

Il quinto tiro è quello più sostenuto di tutto l’itinerario. Inizia rimontando sulla destra il pilastrino oltre la sosta che conduce alla base di un muretto molto verticale. Un passo fisico iniziale, rimanendo sulla destra del muro, consente di raggiungere un buchetto, subito oltre il primo fix, ed iniziare un traverso che porta all’estrema sinistra della parete. Qui il muro strapiomba e si sente ma le prese sono piuttosto buone. Superato un lungo cordone si rimonta e si inizia un breve traverso verso destra che porta su di una rampa dove è possibile raccogliere un po’ di energie prima di proseguire. Dopo qualche metro, infatti, un altro passaggio ostico: dalla rampa corrente è necessario raggiungere quella poco più a destra attraverso movimenti da ricercare su prese piuttosto storte. Si sale quindi per tutta la sua interezza anche quest’ultima rampa fino a raggiungere la sosta poco prima dell’evidente diedro che la chiude. 25m, VII-.

Martina al termine del tiro chiave, VII-.

La sesta lunghezza inizia subito con una bella sequenza intensa di movimenti che consentono di superare il tetto oltre la sosta. Dopo i primi due cordoni iniziali la linea prosegue lungo il muretto di sinistra dapprima ben manigliato e più spoglio di appigli più ci si avvicina alla base del tetto che chiude la parete. Gli ultimi metri, per raggiungere l’evidente fix con anello, sono i più delicati e si svolgono principalmente in aderenza con mani che equilibriano su piccoli appoggi e tacchette. Anche saltare fuori dal tetto non è affatto semplice visto che quest’ultimo è abbastanza pronunciato e le prese comode sono molto in alto. Per i metri iniziali si deve fare affidamento soprattutto al bordo destro, scomodo, che permette di alzarsi quel tanto che basta ad agguantare le maniglie soprastanti. Si entra quindi in un diedro che si segue qualche metro prima di iniziare a traversare verso sinistra in corrispondenza di un secondo fix con anello. Qui rimanere bassi aiuta ed in breve si raggiunge un muretto fessurato con una coppia di cordoni che indica il percorso da seguire. Superato questo tratto si piega verso sinistra raggiungendo la base della rampa finale dove si sosta. 33m, VI+.

La placca finale della sesta lunghezza, VI+.

Il settimo tiro continua ininterrottamente lungo la lunga rampa che si sviluppa oltre la sosta con arrampicata pressochè uguale dal primo all’ultimo passo. La particolarità di quest’ultima rampa è che è chiusa, sia lateralmente che spalle all’arrampicatore, da una coppia di muri che le corrono paralleli formando un camino aperto solo sul lato sinistro. A volte il camino è stretto e passare con lo zaino è piuttosto complicato, almeno lungo la prima metà. Nella seconda parte invece il camino si allarga leggermente ed anche la progressione risulta più libera e piacevole. Dopo un’arrampicata piuttosto monotona di 60 metri, con i piedi che iniziano a chiedere pietà, si raggiunge la sosta. Le protezioni lungo il tiro sono distanti, è quindi necessario integrarle spesso calcolando bene di non rimanerne senza nella parte finale dove le difficoltà sono maggiori. 55m, V+.

Martina incastrata nel camino del settimo tiro, V+.

L’ultima lunghezza è breve e non presenta difficoltà particolari. Dalla sosta si prosegue lungo la rampa fino al suo termine dove un passaggio verso destra conduce ad una zona caratterizzata da roccette rotte ed arbusti. Si continua facilmente per alcuni metri, prestando attenzione alla qualità della roccia che qui non è eccelsa, fino a che si incontra il boschetto sommitale e non è più possibile proseguire. Si piega quindi verso sinistra e si rimonta l’ultimo zoccolo roccioso che conduce direttamente in cima alla parete dove si sosta attrezzando su grosso albero. 20m, IV.

Le roccette finali della via, IV.

Via sostenuta e di soddisfazione con passaggi molto interessanti. Nel complesso una salita completa e varia, dai gradi onesti ed ingaggiante al punto giusto. Le protezioni in loco non sono mai sufficienti a garantire una progressione sicura ed è spesso necessario integrare con dadi e friend. I movimenti, che sulla carta sono i più duri, sono in qualche modo azzerabili ma nel complesso non è una salita da sottovalutare, insidie di vario tipo sono un po’ ovunque.

Fruit & Vegetables

Temperature quasi estive a metà maggio nonostante negli ultimi weekend le giornate piovose primaverili non hanno permesso al sole di irraggiare la valle. Nonostante sia prevista calura diffusa, lo sguazzo della nottata precedente ci fa sperare in un clima più mite, almeno nella prima mattinata. Ci dirigiamo al Transatlantico intenti ad affrontare una salita che, sulla carta, osserviamo da tempo: la “Fruit & Vegetable”.

Il primo tiro parte subito verticale e già dai primi passi si capisce l’entità della via: piccole tacche, piedi a spalmo e posizioni mai troppo comode dove trovare il meritato riposo dopo sequenze tirate. Attorno al terzo spit un movimento bello delicato in opposizione su tacche permette di raggiungere un vago diedrino posto sulla destra dove si sale più agevolmente per alcuni metri alla ricerca della famosa “grande presa per sghisare” che purtroppo su questo tiro sembra non esserci. Dopo qualche fix la parete torna infatti a strapiombare leggermente ed una sequanza su tacche conduce ad una presona piatta e piuttosto liscia che, rimontata con difficoltà, porta alla sosta. 25m, 6c+.

Umberto lungo la prima lunghezza, 6c+.

La seconda lunghezza è piuttosto corta ed ospita un solo singolo veramente ostico. Dalla sosta si continua in verticale per alcuni metri attraversando una zona piuttosto facile prima di giungere al passo chiave del tiro. Qui le prese per le mani scarseggiano ed i piedi sono costretti a spingere a spalmo sulla placconata liscia sottostante. Si lavora quindi in aderenza per superare il breve tratto e raggiungere le buone prese soprastanti che conducono senza ulteriori difficoltà alla grande cengia erbosa dove si sosta. 20m, 6b.

L’inizio del secondo tiro, 6b.

Il terzo tiro è di trasferimento sulla cengia che si segue verso sinistra fino a portarsi sotto la verticale del tiro successivo. 10m, I.

La quarta lunghezza torna a salire in verticale seguendo la parete leggermente appoggiata che si sviluppa oltre la sosta. I primi metri sono piuttosto semplici e conducono ad una sezione strapiombante solcata da alcune fessure gialle dove le difficoltà aumentano sensibilmente. Qui si aggiunge una bella lama verticale sulla destra che pemette di riposare un po’, anche se è difficile trovare una posizione del corpo veramente comoda, prima della sequenza di movimenti finale. Si arrampica lungo lo strapiombo su piccole tacche, con movimenti duri e boulderosi, uscendo infine su cengia dove si sosta comodamente. 25m, 7a.

La linea del quarto tiro, 7a.

Il quinto tiro prosegue obliquando verso sinistra per alcuni metri, attraverso passaggi delicati, fino a raggiungere un diedrino giallo composto da prese piuttosto scomode da tenere. Le piccole tacche che lo compongono rendono la progressione difficle e da ricercare con buona parte dei movimenti in puro equilibrio. Nascosta sulla sinistra è presente una lama ben appigliata che aiuta non poco ad alzarsi e raggiungere così i verticali posti poco più in alto. Nemmeno questi sono buoni ma muovendosi bene attraverso passi d’equilibrio si vince la precarietà della situazione proseguendo così in direzione della cengia di uscita dove, alcuni metri prima di raggiungerla, sono finalmente presenti un paio di buone prese che sanciscono la fine delle ostilità. 27m, 6c.

In uscita dal quinto tiro, 6c.

L’ultima lunghezza è corta ed abbastanza evidente, ben visibile dalla cengia di sosta. Si tratta di una placca compatta lunga una decina di metri che conduce direttamente al bosco in cima alla parete. Nonostante la brevità però l’arrampicata non è di facile lettura e costringe spesso a rinviate scomode ed a movimenti piuttosto duri su piccole tacche. Dopo qualche metro in verticale si obliqua verso sinistra dove finalmente iniziano prese migliori che consentono di uscire dalle difficoltà. Gradi a nostro parere un po’ stretti. 10m, 6b+.


Bella via su roccia sicuramente solida e bella. La spittatura è un po’ datata e va sempre valutata, soprattutto sulle soste. Noi sinceramente abbiamo trovato difficoltà nella lettura dei passaggi e di conseguenza abbiamo trovato la via più ingaggiante di quanto dichiarato. In ogni caso una salita carina e nel complesso da non sottovalutare.

Babilonia

Usciti dalla via “Plaisir” riscendiamo il sentierino che in breve riporta alla base della parete. Sono le quattro e mezza di pomeriggio, c’è ancora tempo di salire un’altra via corta prima di tornare verso Trento. La scelta ricade sulla vicina “Babilonia”, quattro lunghezze che promettono arrampicata divertente ed un terzo tiro emozionante su spigolo esposto vista lago di Garda.

Il primo tiro sale la parete oltre la scritta roccia con freccia che identifica la via. Sormontate le prime facili roccette ci si trova di fronte ad una bella placconata che si sviluppa verso destra. A protezione del passaggio iniziale c’è un fix con catenella penzolante. Ci si alza quanto basta per raggiungere alcune piccole fessurine che consentono di iniziare il traverso che, attraverso una serie di passi in aderenza con i piedi che spingono su placca, portano ad alcuni terrazzini dove scaricare un po’. Seguendo l’evidente linea di fix a parete si prosegue verso destra oltrepassando un canalino e rimontando un largo terrazzo. Da qui si risalgono le facili roccette che conducono alla cengia alberata dove si trova la catena della prima sosta. 25m, 6a.

Simone lungo il traverso della prima lunghezza, 6a.

La seconda lunghezza risale la placchetta soprastante la sosta obliquando leggermente verso destra seguendo la linea degli spit a parete. La prima parte della parete è appoggiata e conduce ad un terrazzino poco accennato da dove inizia la seconda parte della placca, leggermente più verticale ed impegnativa. La si affronta puntando ad una fessura sulla destra che si supera per raggiungere la lama sommitale rimontando così il terrazzino di sinistra prima di dirigersi nuovamente verso destra in corrispondenza dell’evidente catena di sosta. 20m, 5b.

Le belle placche della seconda lunghezza, 5b.

Il terzo tiro è senza dubbio il più bello di tutto l’itinerario. Si svolge lungo lo spigolo della parete, molto esposto e con bella vista sul lago di Garda. Dalla sosta si riparte verso destra traversando su placca liscia con movimenti in aderenza fino ad incontrare appoggi più marcati che permettono di scaricare il peso. Si sale ora in verticale seguendo un vago diedro che in breve porta ad un secondo traverso esposto. Qui le abbondanti tracce di magnesio ci portano ad evitare questo passo traversando verso destra solo in seguito, dopo aver superato il muretto verticale con bella lama orizzontale al culmine. Ritorando sulla retta via ci si trova davanti ad una bella placchetta compatta solcata da alcune fessure che facilitano la progressione. Terminata questa si giunge su larga cengia che si segue fino ad incontrare la sosta da attrezzare su 2 fix. 25m, 6a.

Simone lungo il terzo tiro, 6a.

L’ultima lunghezza riparte affrontando la facile rampa a destra della sosta. Al termine di questa troviamo il primo spit e si possono intravedere le protezioni sulla placchetta che verrà affrontata in seguito. Alla fine della rampa si raggiunge un’ampia cengia vegetativa che ci porta in prossimità della placca che va affrontata rimanendo quanto più possibile sulla destra. Infatti, sebbene le protezioni siano posizionate sul centro, salire diritti per diritti sarebbe decisamente più complicato del 5b dichiarato. Sulla destra si trovano invece belle, buone ed ampie buchette scavate che consentono di superare la placca senza grosse difficoltà. Al termine della placca si raggiunge lo spiazzo sommitale dove è possibile allestire facilmente una sosta sugli alberi. 30m, 5b.

Le roccette dell’ultima lunghezza, 5b.

Via corta ma interessante, sicuramente da affrontare in concatenazione con una delle tante linee adiacenti. L’arrampicata si svolge principalmente in aderenza lungo solide placconate grige mentre la progressione risulta sempre sicura grazie alle numerose protezioni a parete. Le difficoltà contenute rendono l’itinerario plaisir e il panorama sul lago di Garda fa da contorno ad una piacevole salita spensierata.

Via del Dottore

Scendiamo in valle del Sarca in direzione di Dro intenti ad affrontare una via alle Coste dell’Anglone di primo mattino. Le giornate di inizio settembre sono ancora calde ma non soffocanti ed il sistema di diedri di cui è composta la fascia rocciosa permette spesso di arrampicare in ombra. Anche la vegetazione presente aiuta a non soffrire troppo. L’intento è quello di salire la linea “Te lo do io il Colorado” ma sbagliando da subito il primo tiro ci ritroviamo alla prima sosta della via accanto, la “Via del Dottore”, che decidiamo di terminare.

Il primo tiro parte poco a destra rispetto all’attacco della via “Te lo do io il Colorado” di cui saliamo giusto i primi 5 metri per collegarci immediatamente alla base del corridoio ricavato in mezzo alla vegetazione. La parete qui è appoggiata e si arrampica prevalentemente su placca scaglionata. Le protezioni in questo tratto sono assenti ma è possibile usufruire degli arbusti laterali per rendere la progressione più sicura. Al termine del corridoio si giunge su di un terrazzino che anticipa un muretto da superare atleticamente sfruttando la rampetta che obliqua verso destra almeno per i primi metri. Al di sopra del muretto è presente la sosta su due chiodi uniti da cordone. 40m, III.

Martina in arrivo alla prima sosta, III.

La seconda lunghezza riparte oltre la sosta risalendo inizialmente il muretto di sinistra ed affrontando la placchetta seguente con decisione. Tramite arrampicata di aderenza, su parete leggermente appoggiata, si raggiunge un piccolo arbusto e si continua lungo la placconata successiva con progressione analoga. Al termine si sbuca su di una grande terrazza detritica che si oltrepassa dirigendosi in direzione di un grosso arbusto a destra di una serie di roccette rotte che conducono, senza ulteriori difficoltà, alla sosta posta all’interno di una nicchia. 45m, IV+.

Gli ultimi metri del secondo tiro, IV+.

Il terzo tiro prosegue lungo la bella placconata di destra dove sono ben visibili una coppia di cordoni a dettare la linea da seguire. Con arrampicata divertente si raggiunge il primo dei due e si prosegue in direzione del secondo posto al centro di una liscia placconata. Qui il passo chiave della lunghezza che obbliga a rimanere a braccia distese lungo le fessure laterali e a lavorare bene con i piedi in aderenza per vincere le difficoltà. Ci si trova così al di sopra di una larga cengia con evidente camminamento che conduce senza problemi all’albero di sosta. 25m, IV+.

Simone all’inizio della terza lunghezza, IV+.

La quarta lunghezza riparte a sinistra dell’albero di sosta raggiungendo, dopo un paio di metri di camminata su fondo detritico, la parete principale. Questa è molto bella da scalare, formata principalmente da un susseguirsi di pilastrini che si vincono seguendo la linea dettata dai chiodi a parete, obliquando costantemente verso sinistra fino a che non si sbuca alla base di una placconata chiusa da diedro giallo. Lungo la placca l’arrampicata è di aderenza ed equilibrio ed un cordone attorno a clessidra protegge i movimenti chiave. Poco dopo, prima di raggiungere il diedro, è possibile inserire un friend piccolo per garantire maggiore sicurezza. Giunti al diedro si continua al suo interno, su roccia a grumoli, fino a raggiungere, in breve, la sosta formata da cordone attorno a grossa clessidra. 40m, V.

Il bel diedro finale della quarta lunghezza, V.

Il quinto tiro termina il diedro proseguendo a destra della sosta ed aggirando un’evidente pancia. Si prosegue ora in verticale superando una coppia di cordoni e raggiungendo così un marcato strapiombo dove è presente il passo chiave del tiro. Lo strapiombo viene superato verso sinistra e rimontato con passo atletico su piccole prese per le mani. Se non si riesce a passare in libera è presente un lungo cordone adibito appositamente per azzerare. Ricordandosi di allungare bene le protezioni si continua ora lungo il diedrino di sinistra che si supera prestando attenzione alla qualità della roccia che in questo tratto è abbastanza scadente. Una volta al di sopra del terrazzino si supera un arbusto e si rimonta un secondo terrazzo al di sopra del quale è presente una comoda sosta. 20m, V+.

L’inizio del quinto tiro, V+.

La sesta lunghezza riparte per qualche metro lungo il diedro che si sviluppa a partire dalla sosta. Questo in breve termina lasciando spazio ad una placca compatta che aggira lo spigolo della parete fino a raggiungere un canale alberato. Si traversa in placca con arrampicata prevalentemente di equilibrio. I numerosi chiodi lungo il percorso rendono la progressione sicura e spensierata ed in men che non si dica si raggiunge la base del canale con passo finale leggermente più delicato. Il canale è ingombro di vegetazione e lo si abbandona quasi immediatamente in favore dello spigolo di sinistra decisamente più interessante anche se non sempre solido. A metà spigolo è presente un chiodo che si supera per affrontare la facile pancia che conduce alla sosta su grande arbusto. 25m, VI.

La partenza della sesta lunghezza, VI.

Il settimo tiro sale a sinistra dell’albero di sosta dove inizia un breve muretto che muta in rampa ascendente dopo poco. Si giunge presto su cengia terrosa prima di ripartire lungo la parete successiva. Qui la linea porta ad aggirare lo spigolo di destra della placca entrando così all’interno di un diedro con bella lama verticale sulla destra. La parete di sinistra è qualitativamente peggiore e si sfrutta solamente per qualche appoggio saltuario. Terminata la prima sezione del diedro si superano alcuni risalti rocciosi prima di giungere alla seconda parete. Qui, sulla parete di sinistra, è presente un chiodo rosso che si supera agguantando le comode prese subito sopra e rimontando il pilastrino. Un ultimo passaggio in aderenza, su placca polverosa, permette infine di raggiungere il terrazzino dove si sosta su cordini attorno a grande clessidra. 40m, V.

Martina in arrivo alla settima sosta, V.

L’ottava lunghezza supera la bella placconata appoggiata e molto fessurata che si sviluppa a sinistra della sosta. L’arrampicata qui è semplice e non ci si mette molto a raggiungere il termine della paretina. Qui un cordone sancisce l’inizio di un traverso che si svolge all’interno di un corridoio boschivo dove la difficoltà maggiore sta nel non scivolare ad ogni passo visto il fondo inclinato e composto di terriccio e fogliame. Ogni tanto qualche roccia quà e là garantisce maggiore stabilità. Faticosamente si raggiunge la base di un diedro dove si sosta. 40m, III.

La placca appoggiata dell’ottava lunghezza, III.

Il nono tiro affronta il bel diedro fessurato che parte dalla sosta. L’arrampicata è fisica ma piacevole, con i piedi costantemente lungo la rampa della parete di destra e le mani che si spostano all’interno dell’accogliente fessura. Verso il termine di questa è presente il passo più sostenuto del tiro. Qui infatti la rampa si fa più verticale e la fessura lascia spazio a presette meno nette e più scomode. Con passo deciso si raggiunge il terrazzino che prosegue in direzione di una placchetta che si aggira verso destra rimontandola lungo il tratto più semplice. Un alberello può essere utilizzato per proteggere l’uscita sulla cengia successiva dove si sosta su solido arbusto. 35m, V+.

L’inizio del nono tiro, V+.

La decima lunghezza prosegue lungo la placchetta appoggiata oltre la sosta. Si arrampica in direzione di un cordoncino azzurro che si raggiunge senza troppe difficoltà. Dal cordone si continua obliquando verso sinistra, in direzione del grande diedro, giungendo su di una breve cengia. Qui la parete si verticalizza sensibilmente ed iniziano le difficoltà. La linea non è evidente visto che non sono presenti protezioni visibili, e comoe riferimento si sale il pilastro fessurato subito a destra del diedro. Ci si protegge a friend fino a che si giunge ad un cordone bianco al termine del diedro dove si inizia a salire la placca subito a destra passando tre cordoni neri e raggiungendo il cordone di sosta. 45m, IV+.

Le roccette all’inizio della decima lunghezza, IV+

L’ultimo tiro è breve e permette di raggiungere il culmine della parete attraverso placchetta finale. L’arrampicata è semplice complice anche la pendenza della fascia rocciosa in questo tratto. Terminata la placca si piega verso sinistra in direzione di un evidente cordone bianco che anticipa la sosta finale. Per raggiungerlo si supera un muretto caratterizzato da roccia instabile ma con difficoltà limitate. Un ultimo passo verso sinistra permette di guadagnare il terrazzone finale e sostare su di un arbusto. 20m, IV.

In arrivo in cima alla parete, IV.

Via piuttosto discontinua con molti terrazzamenti che si alternano a numerose paretine rocciose le quali offrono però punti di arrampicata interessanti. Le difficoltà sono piuttosto omogenee lungo tutto l’itinerario e solo alcuni sassi isolati impegnano più della media. Questi risultano comunque ben protetti ed azzerabili se necessario. La guida di Arco le assegna una sola stella su cinque ma a nostro parare è una valutazione che non rende giustizia agli apritori. Risulta essere nel complesso una salita plaisir interessante per passare una bella giornata in parete.

Giubileo

Dopo qualche weekend di tempo incerto torniamo in valle del Sarca per rimettere le mani sulla roccia. Di buon mattino ci dirigiamo verso la parete dei “Due Laghi”, sopra l’abitato di Santa Massenza, dove la primavera scorsa avevamo salito la via “Gran Diedro” apprezzandola particolarmente. Sicuri che nemmeno stavolta saremmo tornati a casa delusi ci dirigiamo verso l’attacco della via “Giubileo” che sale la placconata all’estrema destra della parete.

Il primo tiro sale la lunga placconata fessurata e leggermente appoggiata che crea un corridoio tra gli alberi alla fine del bosco. L’arrampicata è prevalentemente di aderenza con i piedi che si spostano su piccoli appoggi. Le mani seguono invece le fessure verticali che incidono la parete e che vanno utilizzate per l’inserimento di dadi e friend a protezione della progressione, visto che il materiale a parete è decisamente raro e distanziato. Si sale senza troppe difficoltà fino ad un primo cordone che si supera raggiungendo un fix qualche metro più in alto. Qui è presente il tratto chiave del tiro: un breve traverso verso destra, in aderenza su rientranze, che porta allo spigolo della parete dove si prosegue più agevolmente in fessura. Dopo poco si raggiunge un terrazzino che spezza la continuità ma si riprende subito lungo la placca successiva seguendo, anche qui, la fessura che la solca. Ancora qualche passo in aderenza, passando una coppia di cordoni, e si arriva sulla comoda terrazza dove è possibile attrezzare la sosta unendo fix e fix+anello. 50m, VI.

Simone lungo la prima lunghezza, VI.

La seconda lunghezza prosegue lungo la placca successiva con arrampicata analoga a quella del tiro precedente visto che pendenza e conformità della roccia sono simili. I primi metri, tuttavia, non sono caratterizzati da fonde fessure ma si arrampica piuttosto su piccole tacche ed appoggi. Le fessure arrivano solo dopo una decina di metri dove è possibile iniziare ad inserire anche le prime protezioni sfruttando anche qualche clessidra quà e là. Giunti in corrispondenza di un alberello sulla destra il muro diviene più verticale e l’arrampicata più impegnativa. Superato un chiodo si rimane sulla destra per vincere gli ultimi metri che antecedono la sosta posta al di sopra di un tronco. 30m, V+.

La placca della seconda lunghezza, V+.

Molto bello è il terzo tiro che ospita, almeno su placca, i passi più sostenuti dell’itinerario. Qui infatti il muro si verticalizza notevolmente e gli appoggi tendono a scarseggiare costringendo spesso ad incastrare i piedi all’interno delle fessure. Anche le protezioni sono allegre e psicologicamente si sente nonostante sia possibile integrare con friends. Vista la grandezza pressochè lineare della fessura che solca questo tatto è consigliato raddoppiare almeno i friends verde, rosso e viola. Verso metà del muretto è presente un fix che antecede qualche presa comoda dove è possibile riposare a turno i piedi prima del passo chiave: un traverso verso destra con piedi in aderenza e mani alla ricerca di minute tacchette che permettono di mantenere l’equilibrio. L’obiettivo è quello di raggiungere la larga fessura di destra che prosegue poi obliquando verso sinistra fino alla sosta successiva. Attenzione alla base della fessura perchè sono presenti dei massi non proprio stabili. Si sosta una volta raggiunto un terrazzino alberato su fix e fix+anello. 35m, VI.

L’impegnativa fessura del terzo tiro, VI.

La quarta lunghezza completa la placconata che ci ha fatto compagnia fino ad ora. L’arrampicata, rispetto al tiro precedente, è più semplice grazie alla roccia frastagliata che compone i primi metri. Terminata questa inizia una larga fessura molto accogliente per le mani con i piedi che rimangono invece a spalmo lungo le placchette laterali. Si raggiunge un cordone bianco dove si inizia a traversare verso sinistra in direzione del punto più debole del tetto che chiude la placca. Qui è presente un fix a protezione del passaggio, non semplice, che permette di rimontarlo uscendone poi a sinistra. Si incontra quindi un secondo fix e si prosegue con il traverso sulla parete successiva. Raggiunto un arbusto si torna a salire verticalmente giungendo alla base di uno strapiombetto che si rimonta atleticamente sfruttando le belle prese in alto a sinistra. Si giunge così al terrazzino di sosta dove si attrezza su solido albero. 40m, VI.

Simone sulla quarta lunghezza, VI.

Il quinto tiro è di collegamento e permette di raggiungere il diedro successivo. La lunghezza si sviluppa verso sinistra attraversando dapprima una larga cengia per giungere poi ad uno zoccoletto roccioso che si risale senza difficoltà. Più arduo è invece salire il muretto successivo dove è necessario inerpicarsi sugli arbusti che lo antecedono per raggiungere la sommità dove penzola un cordone non visibile dal basso. Da qui si inizia un traverso in direzione del diedro su roccia a terrazzini che si seguono, in leggera discesa, fino alla base del diedro. Risalendo per alcuni metri si incontra la sosta. 25m, V.

Martina al termine del quinto tiro, V.

La sesta lunghezza riprende a salire più verticale lungo il bellissimo diedro fessurato oltre la sosta. Questo, di roccia solida e compatta, è veramente un piacere da salire vista la fessura accogliente e i buoni appoggi per i piedi che si susseguono lungo tutto il tratto. Il diedro è quasi completamente da attrezzare ma gli spunti per inserire dadi e friends sono molteplici e la progressione risulta piacevole e sicura. Quando il diedro termina ostacolato dalla vegetazione è il momento per abbandonarlo in favore della paretina di sinistra con evidente chiodo nel mezzo. Un passo deciso su tacche consente di raggiungere il bordo superiore del muretto che si rimonta attraverso semplice ribaltata raggiungendo così la sosta da attrezzare. 30m, V+.

Il muretto finale della sesta lunghezza, V+.

Il settimo tiro continua a destra della sosta lungo il camminamento che conduce ad una rampa inizialmente terrosa ed arborea ma che mano a mano che si prosegue diventa rocciosa e verticale. Si oltrepassa una grande orecchia staccata, che suona a vuoto, e si giunge alla base di una placchetta che si aproccia rimanendone sul bordo di destra e proseguendo lungo il diedro successivo. Quando questo è chiuso dalla vegetazione si piega verso sinistra per affrontare il muretto vertiale e fisico che conduce all’inizio del caratteristico traverso su placconata. Con arrampicata di equilibrio si affrontano i primi metri del traverso che discendono leggermente seguendo gli evidenti appoggi per i piedi che terminano in corrispondenza di un fix con cordone penzolante. Qui la placca è troppo severa per essere affrontata in libera ed è necessario fare affidamento al cordoncino su fix per pendolare quanto basta a raggiungere lo spigolo sinistro della placca e proiettarsi così sulla sosta poco più in là. 40m, VI e A0.

Il traverso finale del settimo tiro, VI e A0.

L’ultima lunghezza riparte in leggera discesa rispetto alla sosta attraverso breve traverso in aderenza e non proprio semplice. Si raggiunge quindi un piccolo terrazzino dove si torna a salire in verticale, lungo placchetta grigia e compatta, fino a trovarsi a ridosso dello strapiombo che la chiude. Qui si prosegue all’interno di un diedro che si vince uscendo sullo spigolo e continuando senza ulteriori difficoltà fino al raggiungimento del boschetto sommitale dove si attrezza l’ultima sosta. Attenzione lungo i primi metri della lunghezza visto che sono sprotetti e non facilmente proteggibili. 35m, VI.

Martina al termine della via, VI.

Via molto interessante dallo stile vario e su difficoltà costanti. La parte inferiore si svolge lungo solide placconate incise da fessure dove è fondamentale sapersi proteggere bene a dadi e friend. La parte superiore invece si destreggia attraverso una serie di diedri fino in vetta. Nel complesso una linea divertente e piacevole, molto consigliata!

Plaisir

Ritornati qualche giorno prima del previsto da un’intensa vacanza sul Gran Sasso ci rimane qualche giorno libero prima di tornare alla monotonia quotidiana. Decidiamo di sfruttare il pomeriggio del venerdì per esplorare una parete che ancora non abbiamo avuto il piacere di toccare con mano nonostante abbiamo spesso arrampicato sulla falesia subito sopra. Si tratta della parete che sovrasta la strada del Ponale su cui abbiamo adocchiato una coppia di linee che ci occuperanno il pomeriggio. La prima di queste è la via “Plaisir”, un nome una garanzia anche se qualche passaggio presenta chiodatura distanziata che richiede particolare attenzione.

Il primo tiro si sviluppa dapprima lungo roccette rotte per poi affrontare una breve placchetta. Il primo ed il secondo spit sono ben evidenti fin dall’attacco anche se ben distanziati tra loro. Qui, infatti, uno scivolone imprevisto prima di aver rinviato il secondo porta direttamente a terra. Le roccette iniziali conducono ad un caminetto dal quale si esce sulla destra verso la metà di questo. Le protezioni, ora più vicine, invitano a proseguire lungo placca appoggiata fino a raggiungere un terrazzino poco pronunciato dove un cordone, un po’ basso, ci suggerisce di traversare verso sinistra prima di affrontare le ultime difficoltà. Dopo aver traversato brevemente sfruttando buoni buchi e lame si torna infatti a salire in verticale affrontando la placca soprastante, prima leggermente sulla sinistra ed in seguito sulla destra, fino a guadagnare l’ampia cengia dove si sosta comodamente su albero. 25m, 5b.

Martina impegnata sul primo tiro, 5b.

La seconda lunghezza riparte oltrepassando il boschetto oltre la sosta per raggiungere un breve terrazzino che antecede la placca che caratterizza il tiro. Rimontando le roccette basali si giunge in prossimità del primo fix che identifica anche il passo chiave della sezione. Qui è infatti necessario lavorare bene con l’equilibrio alzando i piedi quanto basta per arrivare alle fonde lame soprastanti che si utilizzano per vincere la liscia placconata puntando i piedi in aderenza e camminando col culo all’infuori per mantenere il grip fino ai primi buchi disponibili. Qui la parete si appoggia un po’ e tornano più frequenti le belle e fonde fessure che hanno caratterizzato il primo tiro. Passando a sinistra degli alberelli si affrontano gli ultimi passi sprotetti che conducono senza ulteriori difficoltà al terrazzino sottostante i due fix dove attrezzare la sosta. 20m, 5c.

In arrivo alla seconda sosta, 5c.

Molto bello è l’ultimo tiro che affronta elegantemente le placche conclusive della fascia rocciosa prima di immettersi nel boschetto sommitale. La partenza è particolarmente ostica, su muretto verticale, che costringe a movimenti in aderenza prima che questo si appoggi leggermente in corrispondenza del primo cordone. Si prosegue ora con arrampicata più semplice seguendo il bordo sinistro della paretina. Qui è possibile integrare le protezioni presenti attrezzando qualche clessidra quà e là prima di arrivare ai 2 fix quasi al termine della fascia rocciosa. Ignorare completamente il chiodo battuto sulla destra ed iniziare quindi ad aggirare lo spigolo di sinistra che, tramite movimento d’equilibrio, conduce alle buone lame che si usano per rimontare verticalmente in corrispondenza di un cordone. La parete ora si appoggia completamente permettendo di camminare in cresta in direzione di un cordone giallo attorno ad un alberello. Qui si piega verso destra entrando nel bosco ed attrezzando la sosta su di un albero prima del sentierino di rientro. 30m, 5c+.

La bella placca dell’ultimo tiro, 5c+.

Via corta ma molto carina,soprattutto per chi muove i primi passi sulle vie a più tiri. La roccia è ottima e le fonde fessure donano sempre un piacevole senso di sicurezza. La chiodatura è buona anche se lunga in alcuni punti dove è consigliato integrare con protezioni rapide. Una bella linea con passaggi interessanti che consigliamo, vista la brevità, di concatenare con qualcun’altra sulla stessa parete. Noi ad esempio abbiamo optato per la vicina “Babilonia”.