Premiata Forneria Pfitscher

L’antiscudo è una fascia rocciosa decisamente poco frequentata, lo abbiamo scoperto a nostre spese circa un anno fa quando abbiamo salito la linea “Cane Cico” trovandola particolarmente erbosa ed abbandonata. Il che è un peccato perchè le placconate che compongono la fascia rocciosa ispirano parecchio. Tant’è che anche alla fine del 2022, per terminare l’annata in bellezza, torniamo a farci un salto per salire un’altra via, “Premiata Forneria Pfitscher”, nella speranza di trovarla in buone condizioni.

Il primo tiro è davvero bello e meritevole nonostante in alcuni punti la vegetazione disturba e non poco. Sale lungo compattissima placca tagliata verticalmente da fessurina che si segue per circa metà lunghezza. La parte superiore si svolge sempre in placca con arrampicata più delicata e di movimento visto che le prese scarseggiano. Si inizia risalendo il muretto compatto, oltre la targhetta che identifica la via, che si approccia con movimento non semplice prima di raggiungere le evidenti gocce che antecedono prese migliori. Facendosi spazio tra i primi segni di vegetazione abusiva si giunge ai piedi della fessura principale che si segue completamente. Qui l’arrampicata non è semplice e richiede particolare sforzo con le mani che tengono sempre piccole tacche taglienti ed i piedi spesso a spalmo lungo le placche laterali alla fessura. Vinte le difficoltà si raggiunge un grosso arbusto che ostacola il passaggio e che si oltrepassa lottando con i suoi rami particolarmente spessi e quindi difficili da spostare. Oltre l’albero è presente un terrazzino che spezza la verticalità prima della placconata finale. Questa inizia abbastanza semplice ma mano a mano che si sale diviene più ardua e continua lasciando poco spazio per respirare e riposare. Gli ultimi passi sono decisamente i più difficili e si svolgono lungo specchio liscio con arrampicata prevalentemente di equilibrio su piccoli appoggi dove è necessario fidarsi bene dei piedi. Obliquando verso sinistra si giunge infine al terrazzo alberato dove si sosta. Tiro molto bello ed ingaggiante, non regalato e da non sottovalutare soprattutto per via della vegetazione e del terriccio che si insidiano nelle prese. 35m, 6b.

Simone lungo i primi metri della via, 6b.

La seconda lunghezza prosegue lungo le placche frastagliate, ed incise da larghe fessure, che si formano a partire dalla sosta. La progressione qui è resa particolarmente difficoltosa dall’erba che è cresciuta all’interno delle fessure e che non agevola la ricerca delle prese impedendo addirittura di raggiungerne alcune. I fix allo stesso tempo non sono ben visibili ma la linea da seguire è abbastanza evidente e tendenzialmente corre in verticale lungo la fessura principale e sulla placca immediatamente alla sua destra. Le difficoltà maggiori della lunghezza si trovano verso il termine dove è necessario superare una bella placca compatta che si vince attraverso movimenti delicati in equilibrio. Si raggiunge così un terrazzino erboso dove si sosta. 20m, 6a.

Jacopo impegnato sul passo chiave della seconda lunghezza, 6a.

Il terzo tiro prosegue verso destra ancora lungo placca fessurata. Anche qui purtroppo la vegetazione si è ripresa il suo spazio e tutto il tiro è una lotta continua. Dopo essersi spostati qualche metro verso destra si oltrepassa un fastidioso arbusto e si entra così in un diedro che si segue verticalmente per tutta la sua interezza sfruttando entrambe le pareti laterali sia con le mani che con i piedi. Terminato il diedro si torna su placchetta che si segue verticalmente arrampicando lungo la piccola fessurina che la solca. Particolarmente ostico è il passaggio finale, in aderenza su prese scomode. Raggiunto un arbusto si sosta appena alla sua sisnistra. 20m, 5c.

Martina lungo il terzo tiro, 5c.

La quarta ed ultima lunghezza continua dapprima in verticale ed in seguito leggermente verso sinistra per raggiungere la sosta finale e la cima dell’Antiscudo. Individuando un corridoio tra i ciuffi d’erba si sale verticalmente lungo una serie di brevi pilastri fino a che si raggiunge la base di un alberello. Qui una placchetta compatta e stranamente sgombra da vegetazione permette di guadagnare gli ultimi metri della via che termina in corrispondenza di un cordone nero che olbiqua verso sinistra in direzione del boschetto. Vista la natura cedevole del terreno detritico è consigliabile seguire il cordone e sostare più tranquillamente su di un albero alla base del boschetto dove è anche più comodo e sicuro slegarsi e mettere via l’attrezzatura prima di iniziare la discesa. 30m, 5b.

La linea dell’ultima lunghezza, 5b.

Via che allo stato attuale delle cose è poco raccomandabile: troppo sporca e vegetativa. Un vero peccato perchè la prima lunghezza è davvero bella ed anche quelle successive, in condizioni diverse, sicuramente avrebbero da dire la loro. Ci vorrebbe un bel lavoro di pulizia ed una frequentazione più assidua un po’ di tutta la parete. Rimandata.

Cane Cico

Cima alle Coste, in valle del Sarca, offre numerosi itinerari di diversa lunghezza e difficoltà. L’antiscudo, nello specifico, si presta bene a linee corte per tempo incerto o per le brevi giornate invernali. Cane Cico, che sale più o meno a metà parete, è una di queste. Recensita come S1, e con i gradi relativamente bassi sembra perfetta come plaisir di fine stagione. Ormai a fine novembre e con il termometro che segna -1°C al parcheggio ci avviamo verso l’attacco.

Il primo tiro inizia alla sinistra della targhetta su cui è riportato il nome della via: “In memoria di un cane di nome Cico”. La linea sale la placchetta verticale per pochi metri per poi proseguire lungo una evidente fessura orizzontale che porta a traversare verso destra. Gli spit all’interno dell’ampia fessura sono un po’ distanti tra di loro e la roccia non è ottima per cui è opportuno prestare attenzione. Tuttavia le difficoltà di questo primo tratto sono contenute. Una volta rimontata verticalmente la fessura un passo di equilibrio ci porta al di sopra di una piccola cengia su cui è presente qualche arbusto da aggirare. Traversando verso destra, si giunge alla liscia placca sotto la sosta dove si trova il passaggio chiave del tiro. Trovare l’equilibrio giusto per uscire dalla placca è tutt’altro che semplice. A differenza della parte precedente la roccia qui è molto compatta e solida. 20m, 6a.

Simone sul primo tiro, 6a.

La seconda lunghezza prosegue il traverso verso destra iniziato nel primo tiro. Nonostante sia presente qualche spit qua e là, a sinistra e destra della sosta, la linea da seguire per il primo tratto è abbastanza evidente: si segue il cornicione giallo staccato dalla parete principale fino alla cima del dente per poi rimontarlo. Da qui si prosegue sempre verso destra per ancora un paio di metri fino a trovarsi di fronte ad una placchetta intervallata da qualche ciuffo d’erba. La si sale stando a destra dell’albero (lo si può usare come protezione aggiuntiva) fino a giungere all’attacco di un diedrino obliquo che sale verso destra. Si segue quest’ultimo per tutta la sua interezza fino a scorgere la sosta successiva, posta su di un terrazzino un po’ più a sinistra e sotto l’evidente tettino. Il passo per raggiungerla richiede attenzione. Tiro tutto sommato carino anche se non entusiamante, roccia solida dall’inizio alla fine. 30m, 5b.

Sul dente all’inizio del secondo tiro, 5b.

Il terzo tiro parte qualche metro a sinistra della sosta. Il tetto va sormontato atleticamente su prese non proprio ottime. Giunti sulla placca soprastante iniziano i veri problemi: il tratto di 6a+ è veramente tosto! La placca è completamente liscia e non riusciamo a trovare il modo di salirla in libera. Ci troviamo costretti ad azzerrare. La parte superiore del tiro serpenteggia alla ricerca delle zone più solide. In questo tratto la roccia è infatti di qualità scadente e le protezioni, distanti tra loro, non aiutano psicologicamente. Si sale comunque in leggero obliquo verso sinistra fino ad un terrazzino con pianta dove è presente la sosta. 35m, 6a+?

Martina persa nella giungla della terza lunghezza, 6a+.

L’ultima lunghezza, secondo la relazione, dovrebbe essere la più bella e svolgersi su stupenda placconata verticale. Nella realtà la placca c’è, ed è anche bella da vedere, ma salirla in libera è davvero improbabile. La linea quindi purtroppo passa alla sua destra, nel canale erboso e detritico, togliendo tutta la magia creata dall’aspettativa. Il tiro inizia comunque parecchi metri sotto la placca, in un largo caminetto che costringe dapprima a stare sulla parete di destra e spostarsi sulla sinistra una volta terminata. Da qui si procede su placchetta interrota da crepe fino al terrazzino soprastante dove partono gli ultimi metri della via. Qui la qualità della roccia è decisamente scadente e occorre fare molta attenzione a dove si passa. Le protezioni sono parecchio distanziate (anche 7-8 metri) ed in generale non è possibile integrare, è necessario mantenere i nervi ben saldi e rimanere leggiadri. Il canale che costeggia la placconata è molto detritico ma almeno il bordo di sinistra è compatto e ci si può fare affidamento per le mani. Non capiamo il motivo di così poche protezioni in un tratto così delicato, ma in poco tempo raggiungiamo il terrazzino dove è presente l’ultima sosta. Da qui solo un facile muretto ci separa dall’uscita della via. 40m, 5b.

Il canale erboso dove passa l’ultimo tiro, 5b.

In generale, a nostro personale parere, la via non merita una ripetizione. La linea, anche se a tratti scalabile, è molto forzata e la qualità della roccia, almeno nella parte superiore, non è delle migliori. In ogni caso non lasciatevi trarre in inganno dall’S1 proposto: le protezioni partono numerose per poi diradarsi sempre più. Per concludere anche il grado proposto, a nostro avviso, è un pò stretto.