Manuines

Dopo 2 mesi di stop per motivi traversi torniamo in valle del Sarca per rimettere mani sul caratteristico calcare. Per l’occasione ci dirigiamo alla parete della croce di Ceniga intenti a salire la via “Manuines”, una linea ancora poco frequentata anche se aperta già da un po’. Le informazioni al riguardo effettivamente scarseggiano ma siamo in vena di avventura e di buona mattina, con il sole che inizia a fare capolino, siamo alla base della parete.

Il primo tiro risale inizialmente un muretto fessurato, leggermente strapiombante nella parte finale, che si vince rimanendo sulla paretina di destra fino a che si raggiunge il cordolo dove un movimento deciso permette di rimontare. Inizia ora un breve tratto vegetativo che conduce, senza particolari difficoltà, alla base di una rampetta rocciosa. Qui è possibile attrezzare una sosta intermedia su coppia di cordoni attorno a clessidre oppure affrontare la rampa, per una decina di metri, fino alla sosta vera e propria. La rampa è molto bella ed interessante e si sviluppa verso destra con arrampicata di movimento. Il lavoro dei piedi è semre in aderenza alla ricerca degli appoggi migliori mentre le mani corrono lungo la parete verticale di sinistra dove le prese ci sono ma non sono sempre comode. Alla fine della rampa un vecchio golfaro cementato invita alla sosta. 25m, V+.

Martina lungo la rampa finale del primo tiro, V+.

La seconda lunghezza riparte con un lungo traverso verso sinistra che aggira gli strapiombetti soprastanti. L’arrampicata è bella e di movimento lungo tutto il tratto e le prese non mancano. Solo verso metà traverso è necessario discendere leggermente qualche passo per seguire gli evidenti appoggi. Una volta terminato si torna a salire in verticale seguendo un simil-diedro che si abbandona quasi immediatamente all’altezza dell’ultimo fix visibile. Ci si sposta ora verso destra e, attraverso movimenti delicati su tacchette, si raggiunge lo spigolo destro della paretina dove si rimontano le difficoltà e si prosegue lungo sezione più semplice ed appoggiata. Continuando lungo il bel pilastro a margine della parete si raggiunge brevemente un terrazzino dove si sosta. 23m, VI.

Il bel traverso della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro prosegue in verticale lungo muro solido e continuo. Dopo un risalto iniziale la parete si verticalizza notevolmente e le difficoltà aumentano. Dopo qualche metro si incontra il passo chiave per raggiungere un’evidente fessura orizzontale. Con movimenti in allungo si raggiunge prima un’orecchia staccata e, rialzando bene i piedi lungo placca, ci si proietta infine verso destra raggiungendo il punto più basso della fessura. Ora, con arrampicata fisica, si segue la fessura verso sinistra sino al termine. Le prese per le mani tendenzialmente ci sono mentre i piedi sono costantemente alla ricerca di qualche appoggio che, trovandosi sempre abbastanza in alto, costringe ad una progressione scomoda e rannicchiata. Al termine della fessura, sulla sinistra, una coppia di cordoni invita alla sosta. 20m, VI+.

Martina impegnata lungo il terzo tiro, VI+.

La quarta lunghezza prosegue ora verso destra traversando lungo placca seguendo la linea di fix a parete. Dopo il primo passo più complicato, per raggiungere l’evidente lama orizzontale, il traverso si svolge più rilassato almeno fino a quando la linea torna a salire in verticale. Qui le belle prese, sia per mani che per piedi, lasciano spazio a tacche più minute e scomode e ad appoggi più rari. I primi metri sono i più difficili ed una volta entrati nel simil-diedro soprastante, all’altezza di un cordone arancio, la progressione diviene più semplice. Si risale quindi l’intero spigolo di destra fino a che termina. Qui lo si oltrepassa verso destra e, attraverso passi delicati e di equilibrio, si agguanta la bella lama che conduce al golfaro di sosta. 20m, VI+.

Simone lungo il passo chiave della quarta lunghezza, VI+.

Il quinto tiro è molto interessante ed ospita un traverso piuttosto delicato circa a metà. Dalla sosta si risale in verticale per qualche metro in direzione dell’unico fix visibile. Si piega ora decisamente verso destra iniziando il traverso all’altezza di un cordone nascosto. I primi metri si svolgono senza particolari problemi ma dopo qualche passo la storia cambia. La parete frontale inizia a strapiombare mentre, al contempo, la cengia dove si muovono i piedi si restringe. Rimanere attaccati al muro è un gioco di puro equilibrio anche considerando il fatto che le prese disponibili sono davvero poche e piccole. Terminato il traverso si rimonta un piccolo strapiombo, questa volta ben appigliato, e si prosegue in verticale lungo placca. Un ultimo passaggio in allungo consente di raggiungere prima una tasca e poi la sosta. 20m, VI+.

Martina lungo il quinto tiro, VI+.

La sesta ed ultima lunghezza non regala emozioni particolari ma permette di raggiungere la vetta a pochi passi dalla Croce di Ceniga. Dalla sosta si traversa leggermente verso destra lungo cengia in direzione dell’evidente fix sullo spigolo che si aggira per ritornare a salire verticalmente. Dopo alcuni semplici balzi la parete torna a guadagnare un po’ di verticalità. La roccia qui è molto fessurata e lavorata dall’acqua e dal tempo e la progressione risulta facilitata. Al termine del muro verticale non rimane che superare gli ultimi risalti prima di raggiungere la sosta in comune con le vie adiacenti: “Catia” e “Super Catia”. 20m, IV.

Gli ultimi metri della via, IV.

Partiti con l’incognita di non sapere cosa si sarebbe trovato ne è uscita una piacevole sorpresa. La linea non è diritta ma si fa spazio tra numerosi tettini e strapiombetti alla ricerca delle difficoltà più contenute. Ne esce un itinerario bello e completo con quattro tiri centrali veramente meritevoli su difficoltà continue. La chiodatura è buona lungo tutto il percorso con molti fix e qualche cordone aggiuntivo, portare comunque una serie di friend medio-piccoli per rafforzare le soste ed integrare nei passaggi più lunghi.

Catia

Le belle giornate in questo inizio 2023 non mancano di certo ed il sole splende anche questo weekend. Le giornate sono comunque ancora corte, a meno che non si sfidi il gelo del primo mattino, ed anche noi non abbiamo voglia di salire vie estremamente lunghe. Ci dirigiamo quindi verso la parete della Croce di Ceniga per affrontare la via “Catia”, un misto tra sportivo ed alpinistico con una lunghezza centrale bella ingaggiante lungo placca di continuità.

Il primo tiro si sviluppa lungo la bella rampa ascendente molto lavorata a gocce e grumi. La progressione è continua e su difficoltà contenute anche se al nostro passaggio un paio di colate d’acqua hanno reso le cose più complicate del dovuto. Strano perchè i giorni precedenti non ha nemmeno piovuto! Si segue la rampa per tutta la sua interezza, costeggiando l’imponente parete verticale a canne dove corrono alcuni recenti monotiri di falesia. Al termine della rampa si inizia a spostarsi verso sinistra seguendo un poco accennato archetto che tende a discendere nei metri finali. Qui una pancia ostacola il passaggio costringendo ad un movimento molto fisico e su prese scomode per essere superata. Il tratto può essere comunque azzerato se non si riesce a passare in libera. Si raggiunge così la sosta posizionata subito oltre la pancia. 25m, VII+/VIII oppure V+ e A0.

La rampa del primo tiro, V+ e A0 oppure VII+/VIII.

La seconda lunghezza prosegue sulla falsa riga della precedente: ancora in traverso verso sinistra lungo rampetta appoggiata. Dalla sosta si arrampica in direzione dell’evidente diedro di sinistra che si raggiunge senza troppe difficoltà anche se le protezioni distanziate e non integrabili richiedono una certa attenzione. Raggiunto il diedro lo si sale per tutta la sua lunghezza uscendone sulla sinistra con passo fisico ma breve. Seguendo la fessura che si sviluppa ora orizzontalmente verso sinistra si giunge su terreno più semplice ed appoggiato che muta in larga cengia in prossimità della sosta all’ombra di un grosso arbusto. 30m, VI-.

L’inizio della seconda lunghezza, VI-.

Il terzo tiro è molto impegnativo, soprattutto lungo la placconata finale, e rappresenta la lunghezza chiave della salita. Inizia lungo roccia giallastra in direzione di un evidente diedro, poco più a destra rispetto alla verticale di sosta, che si raggiunge seguendo le scomode tacche a parete. Una volta alla base lo si segue fino al termine dove, un fastidioso arbusto, ostruisce il passaggio ed è necessario cavalcarlo per proseguire lungo la parete grigia principale. Qui, complice il tettino sottostante, l’esposizione è massima ed inizia un traverso verso destra che evita la verticalità, in questo tratto molto severa. Seguendo la linea di fix e cordame a parete si inizia ad obliquare leggermente in direzione di un piccolo strapiombetto che si raggiunge attraverso passi di aderenza su minute prese, spesso storte. Lo strapiombo si supera fisicamente cercando le maniglie migliori ma che in generale lasciano a desiderare. Rimontate le difficoltà non c’è spazio per respirare in quanto inizia subito una liscia placconata di difficile lettura che conduce molto faticosamente alla sosta dopo una mezza dozzina di metri. Tiro impegnativo e da non sottovalutare, possibili azzeramenti. 26m, VII.

Il tratto iniziale del terzo tiro, VII.

La quarta lunghezza prosegue lungo la fessura che si sviluppa in verticale poco a sinistra rispetto alla sosta. Rispetto al tiro precedente qui le protezioni sono distanziate ed è necessario prestare particolare attenzione vista l’erba ed i rovi che si sono impossessati della fessura. Al termine di questa si giunge su di un terrazzamento dove la linea prosegue ancora in verticale lungo una seconda fessura che archeggia verso destra. Il passo iniziale è il più complicato ma mano a mano che si sale la progressione risulta essere più agevole. Raggiunta una comoda cengia la linea da seguire diviene meno evidente visto anche che a parete non c’è più nessuna protezione da prendere come riferimento. La sosta è da attrezzare sui grossi arbusti in alto a sinistra che si raggiungono però rimanendo sulla parete di destra, dove è più sgombro da vegetazione, e traversando a sinistra solo all’ultimo. 32m, V.

Martina lungo gli ultimi metri della quarta lunghezza, V.

Breve è l’ultimo tiro che si limita a rimontare le ultime facili roccette prima di uscire nei pressi della “Croce di Ceniga”. Dalla sosta si rimonta lungo la placchetta di destra che si segue fino a che muta in una sequenza di facili terrazzini un po’ erbosi. Questi conducono senza difficoltà alla base di una paretina verticale che si evita piegando verso sinistra e risalendo la rampetta fessurata che conduce alle lavorate roccette sommitali. Si prosegue ora lungo parete appoggiata fino a raggiungere una grande e larga cengia dove si attrezza la sosta finale a piacimento su clessidre. Tiro non molto bello con roccia a tratti da verificare. Le protezioni sono quasi assenti lungo tutta la lunghezza ma non è difficile inserire dadi e friend nelle fessure che si trovano. 30m, IV+.

Martina al termine della via, IV+.

Via corta ma che ospita tiri nel complesso interessanti. Molto difficile è passare in libera lungo la prima lunghezza per via del passo chiave severo e spesso bagnato dopo piogge. Il terzo tiro è il più bello e non è assolutamente da sottovalutare nonostante le difficoltà non siano estreme. L’impegno è continuo fin dai primi metri e lungo il tratto chiave finale si arriva stanchi. E’ comunque possibile azzerare di tanto in tanto anche se al nostro passaggio i cordoni atti allo scopo non vigevano in buone condizioni. Attenzione alla chiodatura lungo la parte alta della via perchè è abbastanza allegra.

Lety

Il sole splende alto nel cielo in questa epifania 2023. Dopo un trio di vie abbastanza semplici per riprendere a mettere le mani sulla roccia dopo le feste decidiamo di salire qualcosa di leggermente più impegnativo anche se sempre contenuto. Ci dirigiamo alla parete di San Paolo sicuri di trovare qualcosa di libero e che non abbiamo ancora avuto il piacere di salire. La linea che scegliamo è una delle ultime arrivate sulla fascia rocciosa: “Lety”.

Il primo tiro inizia risalendo il breve muretto oltre il nome della via che vince dapprima una bella placchetta ed in seguito una pronunciata pancia che permette di rimontare il pilastro di destra e proseguire, ora su difficoltà minori, lungo l’evidente rampa ascendente. Questa collide con un piccolo strapiombo scalonato. Il primo risalto lo si supera spostandosi verso il fix di destra con passaggio delicato e di movimento. Si prosegue ora verso sinistra aggirando il secondo risalto e rimontandolo, infine, laddove questo oppone meno resistenza. Il passaggio è fisico ma al di sopra del terrazzino è presente, un po’ nascosta, una fessurina che permette di alzare bene i piedi e raggiungere una larga e comoda spaccatura. Con questa tra le mani si rimonta agevolmente trovandosi così al di sopra del comodo terrazzino di sosta. 25m, VI-.

Simone lungo il primo tiro, VI-.

La seconda lunghezza riparte verso destra attraversando interamente la cengia di sosta fino a raggiungere una fessurina verticale ben segnalata da cordame alla base. Si torna ora a salire in verticale lungo muretto bello compatto che spancia leggermente. L’uscita dalla pancia rappresenta anche il passo chiave del tiro su piccole tacchette per le mani e minuti appoggi per i piedi. La distanza tra le protezioni qui è tale che è possibile azzerare in caso di necessità. Inizia ora un bellissimo traverso verso sinistra che taglia di netto il liscio paretone soprastante. L’arrampicata è sempre di movimento con numerosi appoggi evidenti per i piedi e con mani tutto sommato buone. Raggiunta l’estrema sinistra della parete si torna in verticale per gli ultimi metri che conducono alla sosta posta in cima al pilastro che antecede la parete principale e su cui siamo saliti fino ad ora. Attenzione alla roccia lungo gli ultimi metri visto che suona un po’ a vuoto in alcuni punti. 30m, VI.

I primi metri della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro attraversa il canalone che divide il pilastro iniziale dalla parete successiva. Questo è molto largo ed è stato creato un evidente camminamento per oltrepassarlo. Raggiunta la parete si tora a salire su roccia seguendo l’evidente rampa che si sviluppa verso sinistra e che conduce, senza difficoltà rilevanti, al cospetto di un muro grigio che si affronta diritti per diritti. Le prese disponibili qui non sono molte e quindi abbastanza obbligate. Il passo per vincere le difficoltà non è di immediata lettura ma una volta superato la parete si appoggia e le difficoltà scemano. Si risalgono senza problemi le ultime roccette che portano ad un terrazzino dove si sosta comodamente. 30m, VI-.

Il passo chiave del terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza prosegue lungo l’evidente muro rosso e frastagliato che si sviluppa oltre la sosta e che si risale rimanendone leggermente lungo la parete di destra dove la roccia pare essere più sana e solida. Dopo i primi metri leggermente appoggiati si guadagna presto verticalità ma le prese sono molto buone lungo tutto il tiro rendendo la progressione piuttosto rapida. L’unico passo un po’ più sostenuto lo si ha in uscita dal muro dove l’inclinazione della parete costringe ad una arrampicata fisica con ribaltata non banale per raggiungere il terrazzino che spezza a metà la lunghezza. Il secondo muro è molto simile al primo con arrampicata semplice nel primo tratto e passo chiave in uscita. Quest’ultimo è molto bello ed è uno dei pochi punti in cui è veramente necessario inserire un friend a protezione della progressione. Si tratta di un piccolo strapiombetto solcato, nella parte superiore, da accogliente fessura che si usa per rimontarlo. Subito sopra è presente la cengia di sosta. 30m, VI.

I primi metri della quarta lunghezza, VI.

Il quinto tiro non è molto lungo e raggiunge senza particolari difficoltà il sentiero di discesa che interrompe la verticalità della parete. Si inizia risalendo la paretina qualche metro prima di iniziare un bel traverso verso sinistra in direzione dello spigolo. Poco prima di raggiungerlo si torna però a salire verticalmente questa volta lungo parete più appoggiata ed estremamente fessurata il che rende la progressione piacevole e spensierata. La roccia solida permette di raggiungere rapidamente il borso superiore del muretto e di rimontare sulla cengia dove si sosta alla base della parete finale. 25m, IV.

Il bel traverso del quinto tiro, IV.

Molto bella è anche la sesta lunghezza, nonostante sia estremamente breve. Risale la prima parte del muretto finale, molto friabile alla base ma che migliora notevolmente mano a mano che si sale. Il primo tratto è infatti composto da roccia scaglionata che si sbriciola facilmente ma che, dopo un paio di metri, torna più compatta. Dalla sosta si obliqua leggermente verso sinistra per evitare il tettino soprastante e che si rimonta solo in seguito una volta raggiunta la parte più debole. Inizia ora un bel traverso verso destra, al di sotto di un secondo tetto, che si svolge su buoni appoggi per i piedi e con le mani che riequilibriano i vari passaggi. Terminato il traverso si segue brevemente un diedro che esce direttamente su sosta aerea con passaggio finale delicato per via delle piccole prese disponibili. 20m, VI/VI+.

Simone prima del traverso della sesta lunghezza, VI/VI+.

L’ultimo tiro riparte severo su piccole listelle ed appoggi appena accennati. La verticalità della parete rende il tratto piuttosto boulderoso ed ostico ma fortunatamente è breve ed in poco tempo si giunge su breve cengia che antecede il muretto finale. Questo è composto principalmente da roccette rotte che rendono la progressione semplice grazie alle numerose prese presenti. Si raggiunge una seconda cengia, ora più grande, dove un’ultima placchetta completamente appoggiata permette di raggiungere la sosta di fine itinerario da attrezzare su albero a pochi passi dal sentiero di rientro. 20m, VI+.

Il muretto leggermente strapiombante dell’ultimo tiro, VI+.

Via piacevole anche se molto discontinua per via dei numerosi terrazzini che spezzano la verticalità. Particolarmente bella è la seconda lunghezza che si svolge lungo solida placconata mentre negli altri tiri è sempre bene verificare quello che si prende. La chiodatura è buona lungo tutto l’itinerario e solo in pochi punti isolati è necessario integrare con qualcosa di rapido. Attenzione lungo gli ultimi 2 tiri dove la roccia è quello che è e dove, subito sotto, passa il sentiero di rientro che serve molteplici itinerari.

Crono

Torniamo ancora una volta a San Paolo, ora che le giornate non sono poi più così lunghe, per fare qualcosa il più alpinistico possibile. Tra le ultime creazioni della parete spicca la via “Crono” che promette di essere una linea divertente ed ingaggiante il giusto dove, a tratti, è necessario sapersi muovere bene ed inserire qualche protezione.

Il primo tiro rimonta facilmente il muretto basale che antecede la parete principale. Le buone fessure di cui è costellato rendono la progressione semplice e possono essere utilizzate per inserire qualche cordone di protezione nelle clessidre. Oltrte il muretto inizia una breve cengia che conduce direttamente alla parete successiva dove si sviluppa un bel diedro leggermente strapiombante nella parte superiore. L’arrampicata è molto bella e costringe ad utilizzare entrambe le pareti laterali per la progressione. Al termine del diedro si esce sulla destra traversando leggermente fino ad un cordoncino. Qui si torna a salire in verticale fino al raggiungimento di un evidente terrazzino dove si sosta agevolmente. 35m, VI+.

Martina lungo il primo tiro, VI+.

La seconda lunghezza riparte lungo il muretto successivo seguendo l’evidente spigolo verticale per tutta la sua interezza. Si inizia rimanendo leggermente sulla sinistra dove l’arrampicata risulta essere più semplice grazie alle roccette frastagliate. Si oltrepassa lo spigolo verso la metà di questo dove, sulla parete di destra, penzola un cordoncino. Si sale ora la parete fessurata, ben proteggibile a dadi e friend, fino a che questa collide con un grosso blocco squadrato che si rimonta diritti per diritti fino a che si raggiunge il comodo terrazzo di sosta. 25m, V+.

Simone lungo lo spigolo della seconda lunghezza, V+.

Il terzo tiro riparte rimontando il breve muretto oltre la sosta. Evitando di proseguire verticlamente lungo la via “Bon Ton” si piega quasi immediatamente verso sinistra raggiungendo una seconda paretina dove si torna a salire verticalmente fino a giungere alla base di un piccolo strapiombetto che si rimonta atleticamente su buone prese. Si arriva quindi alla base di una placconata appoggiata seguendo l’evidente fessura che si sviluppa in obliquo verso destra con arrampicata semplice vista la pendenza favorevole. Al termine della fessura ci si sposta nuovamente verso sinistra lungo placca e, tramite movimenti in aderenza, si raggiunge infine la sosta posta alla base di un muro verticale. 25m, VI-.

Lo sviluppo del terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza traversa ora verso sinistra su muretto verticale. Ignorare la linea di fix che si sviluppa immediatamente sopra la sosta in quanto fa parte della linea “Simpatiche Canaglie”. Il traverso termina in corrispondenza di un cordoncino penzolante dal muretto strapiombante soprastante. Si torna quindi a salire in verticale raggiungendo il cordone e la lama fissata che, attraverso movimento atletico ma piuttosto semplice, permette di superare le difficoltà e ritornare ad arrampicare lungo parete più appoggiata e semplice. Ci si sposta quindi prima verso sinistra ed in seguito verso destra zigzagando attraverso una zona caratterizzata da facili roccette rotte seguendo l’evidente linea di cordoni e chiodi a parete. Si raggiunge quindi un terrazzino alberato dove si attrezza una comoda sosta. 25m, VI.

Il muretto iniziale della quarta lunghezza, VI.

Il quinto tiro segue il bellissimo diedro fessurato che si sviluppa in obliquo a sinistra della sosta. Tutta la lunghezza è completamente sprotetta ed è necessario inserire friend lungo le molteplici fessure che si incontrano. La prima è anche la più larga e culmina alla fine del diedro dove ne inizia una seconda che corre lungo la placca di destra. Si sale con bella arrampicata senza difficoltà particolari fino a che anche questa fessura non termina. Qui si segue la fessura di sinistra che forma una specie di rampa e che conduce direttamente alla sosta aerea da attrezzare su anello e cordone. 30m, VI-.

Martina e Jacopo lungo il quinto tiro, VI-.

La sesta lunghezza è la più sostenuta sia fisicamente che mentalmente. Inizialmente segue una fessura larga e rettangolare che spancia fino a raggiungere la pancia di un tetto giallo che si supera, sempre in fessura, proseguendo in verticale fino alla sosta. Si inizia risalendo il breve muretto oltre la sosta che porta alla base della fessura. Questa è molto scomoda da tenere in quanto tende ad incurvarsi verso l’esterno e, contemporaneamente, a spanciare verso l’alto. La soluzione migliore è andare ad incastro fidandosi bene dei piedi sulla placca laterale e proteggendo il movimento con un friend grande ed eventualmente con un cordone attorno ad un sasso incastrato all’interno della fessura, un po’ mobile per la verità. Superato il primo tratto si prosegue agevolmente fino alla base del tetto. Questo si supera atleticamente sfruttando gli appoggi lungo le pareti laterali del diedro che permettono anche di riposare se ci si posiziona bene con il corpo. Da qui in poi l’arrampicata si fa via via più semplice fino a che, un traverso finale verso destra, conduce alla sosta. Bel tiro, da non sottovalutare soprattutto lungo i metri iniziali. 30m, VI+.

Simone impegnato sul tetto della sesta lunghezza, VI+.

L’ultimo tiro prosegue lungo le facili roccette rotte che conducono in cima alla fascia rocciosa. Dalla sosta si riparte verso destra raggiungendo la verticale dei cordoni che si raggiungono facilmente integrando la salita con qualche friend tra le fessure. Si continua senza difficoltà rilevanti finchè non si incontra un piccolo tettino dove sono concentrati i movimenti più complessi della lunghezza. Raccogliendo le ultime forze si rimonta fisicamente sfruttando le fessure sommitali. Una volta superate le difficoltà la parete si appoggia e si continua agevolmente fino alla sommità del pilastro finale dove si attrezza l’ultima sosta. 30m, V+.

Le roccette dell’ultimo tiro, V+.

Via molto carina su roccia sempre buona e con alcuni tiri interessanti. Fondamentale un set di friend per la protezione dei tiri centrali dove le protezioni scarseggiano o sono completamente assenti. Nel complesso un bell’itinerario che merita una salita.

Placca Centrale

Le giornate si stanno inevitabilmente accorciando a vista d’occhio in questa ultima settimana di novembre ma le temperature, nonostante non splenda il sole, rimangono ancora alte per il periodo. La giornata coperta, ma priva di precipitazioni, ci suggerisce di andara a fare qualcosa di non troppo lungo e per l’occasione ci dirigiamo alla parete della Croce di Ceniga per affrontare la via “Placca Centrale”.

Il primo tiro inizia risalendo un breve muretto, con passo iniziale non semplice, che porta ad un primo fix prima di un breve terrazzino che antecede la parete principale. Raggiunta quest’ultima la si sale attraverso passaggi atletici su buone e fonde prese fino a che si raggiunge una placchetta più appoggiata. Qui si ignora la sosta posta sulla verticale di salita, che appartiene alla “Via dell’Arco”, e si inizia un breve traverso in direzione del diedro di sinistra che si raggiunge senza difficoltà rilevanti ma prestando attenzione al fatto che il tratto è sprotetto e l’ultimo cordone è distante. Prima di iniziare il traverso può risultare comodo un friend da inserire nella fessura orizzontale sulla placca. Si sosta comodamente su anello e cordone. 18m, V.

Martina al termine del primo tiro, V.

La seconda lunghezza è quella più continua e sostenuta di tutto l’itinerario visto che si svolge principalmente lungo diedro strapiombante. Dopo un breve traverso iniziale, per spostarsi sotto la verticale del diedro, si torna a salire con arrampicata principalmente di equilibrio su placconata solida. Si raggiunge così il breve diedro che, obliquando verso sinistra, conduce ad una sezione strapiombante. Le rocce lungo il tiro sono molto frastagliate e sono ben evidenti gli interventi ed il loro consolidamento. La parte strapiombante si supera atleticamente senza troppe difficoltà, viste le buone prese a contorno, e dopo un breve traverso verso sinistra si raggiunge una comoda sosta. 25m, VI+.

Simone lungo lo strapiombo iniziale della seconda lunghezza, VI+.

Il terzo tiro prosegue ancora in traverso lungo bella placca compatta e fessurata. Inizialmente l’arrampicata è semplice grazie alla pendenza favorevole della parete che tende ad inclinarsi maggiormente mano a mano che si sale. Piano piano si inizia anche ad obliquare seguendo l’evidente linea di fix e cordoni a parete che conducono al tratto di maggiore esposizione, dove è posto il passo chiave del tiro. Inizia quindi un bellissimo traverso completamente in aderenza lungo placca apparentemente severa ma con inclinazione tale da permettere di spostarsi senza che le mani facciano altro che riequilibrare ogni tanto i movimenti. Attraverso sequenza di pura soddisfazione si raggiunge infine la sosta aerea. 30m, VI+.

La bella placca al termine del terzo tiro, VI+.

La quarta lunghezza risale le belle placconate oltre la sosta attraverso arrampicata principalmente in aderenza, soprattutto sul passo chiave della via. Dalla sosta ci si sposta qualche metro a sinistra per raggiungere la base di una fessurina che corre verticale e che si protegge facilmente a friend. Al termine di questa inizia la placca vera e propria dopo essere rimontati sull’ultima cengetta disponibile. Il passo chiave si vince con decisione tramite movimenti delicati e precisi su appoggi poco marcati sia per mani che per piedi. Superato in qualche modo il primo metro si continua lungo placca più appoggiata che, obliquando verso sinistra, porta alla base di un piccolo strapiombetto che si vince grazie alle comode maniglie soprastanti. Raggiunto il terrazzino sopra il tetto si sosta comodamente. 28m, VII.

Martina lungo la lunghezza chiave, VII.

Il quinto tiro continua risalendo il breve muretto immediatamente chiuso da minuto strapiombetto. Un’evidente linea di clessidre indica la linea da seguire che, spostandosi verso sinistra, raggiunge il punto più debole del tettino che si rimonta ora senza particolari difficoltà. Inizia quindi una bella placca apoggiata e fessurata. La fessura è posta però un po’ in alto e per raggiungerla è necessario qualche passo in aderenza con allungo finale. La parte superiore della placca è invece più semplice ed in breve si raggiunge la sosta poco prima dell’ennesimo tettino. 30m, VI-.

L’inizio del quinto tiro, VI-.

L’ultima lunghezza rimonta inizialmente un minuto tettino per poi continuare lungo placca appoggiata fino alla cima della parete. Lo strapiombo è ben appigliato e si rimonta facilmente con un paio di passi belli decisi. L’arrampicata diviene ora più agevole sviluppandosi lungo una coppia di muretti molto fessurati e piacevoli da salire, intervallati da piccola cengia. Seguendo la linea dei cordoni a parete, con diverse possibilità di integrazione, si raggiunge il culmine della fascia rocciosa, a pochi passi dalla Croce di Ceniga, dove è possibile attrezzare la sosta finale su arbusto. 18m, V-.

Simone lungo gli ultimi metri della via, V-.

Via molto bella con la maggior parte delle lunghezze divertenti. Le sequenze lungo la placca centrale, che caratterizza la linea e ne dà il nome, sono particolarmente meritevoli e soddisfacenti. La chiodatura è buona lungo tutto il percorso anche se è consigliato qualche friend per una progressione più sicura.

Amicizia Continua

Dopo la sguazzata del giorno precedente, che fortunatamente si è interrotta ancora in mattinata, scendiamo verso Arco a dare un occhio alla situazione per capire se c’è qualcosa di arrampicabile. Le pareti sono, tutto sommato, piuttosto asciutte e solo qualche colata quà e là annerisce la roccia. Buon segno ma come prevedibile a San Paolo c’è già un gran viavai nonostante la giornata sia appena cominciata. Poco male, di vie ce ne sono tante e qualcuna è ancora poco conosciuta. La scelta ricade sulla linea “Amicizia Continua” che, a discapito del nome, sale abbastanza discontinua passando tra un muretto e l’altro attraverso tratti vegetativi e di congiungimento.

Il primo tiro è corto e rimonta il muretto che antecede la parete principale. Dalla scritta che identifica la via si sale obliquando leggermente verso destra, e passando un cordoncino nero, fino alla base di un piccolo tettino. Questo si supera agilmente spostandosi di poco verso sinistra alla ricerca delle prese più comode che permettono di rimontarlo. Una volta al di sopra ci accoglie un lungo terrazzo che si segue verso destra fino al muretto successivo. Questo, molto appoggiato, si vince facilmente ma è necessario fare particolarmente attenzione alla roccia frastagliata che non è molto solida. Al termine della paretina si sosta sul grande anello. 25m, V.

Simone lungo i primi metri della via, V.

La seconda lunghezza riparte a destra della sosta rimontando subito un piccolo strapiombetto con buone maniglie anche se leggermente distanziate tra loro. Rimontato il pilastrino di destra si giunge alla base di un bel diedro, che obliqua costantemente verso sinistra, completamente sprotetto. Il passo iniziale per immetersi nel diedro è il più ingaggiante: si sfrutta la bella fessura per le mani e con i piedi che spingono lungo il muretto di sinistra si entra in una zona più appoggiata dove si procede sempre con le mani in fessura ma con i piedi che si muovono ora lungo la bella placconata di sinistra. Terminata la parte inferiore del diedro si raggiunge un cordone prima di una piccola cengia dove parte un secondo diedro, questa volta più breve, decisamente più verticale del precedente. Anche questo è sprotetto ma le belle fessure verticali accolgono una coppia di friend medio-piccoli facilmente. Rimontati i primi metri le difficoltà scemano ed in breve si raggiunge la sosta da attrezare. 30m, VI.

Jacopo al termine del secondo tiro, VI.

Il terzo tiro riparte verso sinistra dove si sviluppa un breve traverso che segue i fix a parete. Si procede più facilmente rimanendo un po’ bassi sfruttando la fessurina che permette di terminare il traverso. Si inizia ora a salire in verticale con passo atletico, lungo muretto leggermente strapiombante, e si raggiunge così una bella ed accogliente fessura che si segue per tutta la sua lunghezza. Al termine di questa si ignora la linea di fix che prosegue verso sinistra e che si collega alla sosta della linea limitrofa “Sulle tracce di Dario” ma piuttosto si entra nel diedro fessurato di destra, completamente da proteggere a friend, che in poco tempo conduce al terrazzino di sosta poco prima di un evidente boschetto. 25m, VI.

Simone sul terzo tiro, VI.

La quarta lunghezza entra nel bosco a destra della sosta seguendo l’evidente corridoio tra gli alberi fino a raggiungere una paretina gialla. Qui la roccia è estremamente frastagliata ed onestamente poco sana il che rende la progressione lenta e delicata. Dopo qualche metro si affronta una placchetta compatta prima di tornare ad arramicare lungo roccette rotte. Seguendo la linea delle protezioni a parete si raggiunge, senza difficoltà rilevanti, la sosta poco prima che la parete torni a verticalizzarsi notevolmente. 50m, V.

Martina lungo il tratto friabile della quarta lunghezza, V.

Il quinto tiro è il più ingaggiante di tutto l’itinerario anche se le molteplici protezioni a parete consentono un agevole azzeramento lungo i tratti più complessi in caso di necessità. Si sale lungo gli strapiombi che si sviluppano oltre la sosta con arrampicata atletica ma su buone prese, qualcuna rinforzata e cementata. Un friend piccolo può essere utile per proteggere l’uscita dal primo tetto oltre il quale è presente il passo chiave della lunghezza. Qui un difficile ribilanciamento consente di raggiungere una tacchetta artificiale e proseguire lungo il muro successivo, anch’esso strapiombante e con movimenti atletici. La sosta è posta subito prima del tetto che chiude la parete. Tiro molto bello e di soddisfazione nonostante qualche presa sia stata creata ad hoc. 20m, VII.

Gli strapiombetti iniziali del quinto tiro, VII.

La sesta lunghezza prosegue leggermente verso destra per raggiungere la verticale che consente di uscire dal tetto soprastante nella maniera più agevole possibile. Nel primo tratto il tiro non è molto lineare ed è quindi consigliabile allungare qualche protezione. Usciti dal tetto si segue una bella fessura verticale che culmina su di una placca compatta. Qui un passaggio in aderenza permette di raggiungere il muretto di destra. Con bella arrampicata si segue quest’ultimo fino a che si giunge su larga cengia rossastra dove, sulla parete opposta, è presente la sosta. 25m, VI+.

Jacopo sfoggia una posa plastica prima di giungere alla sesta sosta. VI+.

Il settimo tiro è molto breve ma evita attriti eccessivi visto che la lunghezza corrente, e quella successiva, non sono molto lineari. Dalla sosta si risalgono le roccette che antecedono un diedro appoggiato. Queste sono estremamente fragili ed è quindi necessario procedere delicatamente lungo il tratto iniziale. Raggiunto il diedrino lo si segue giusto per alcuni metri per uscirne subito lungo lo spigolo di sinistra rimontando l’evidente cengia verso la fine del muretto. Attenzione a non tirare il grosso sasso al di sopra di esso perchè è completamente staccato. Si rimonta dunque il pilastro raggiungendo la terrazza sommitale che si segue fino all’anello di sosta. 15m, VI.

Martina impegnata sul pilastro della settima lunghezza, VI.

L’ultima lunghezza inizia terminando la terrazza di sosta raggiungendo così la paretina finale separata da largo fossato. Un breve traverso esposto permette di arrivare alla base del muretto dove si torna a salire in verticale con arrampicata continua su tacche piccole ma abbastanza comode. Più si sale e più le prese sono buone fino a diventare maniglie verso la fine del tiro. Una volta rimontate le roccette finali si raggiunge la boscaglia sopra la parete e quindi la sosta. Volendo il tiro può essere concatenato con il precedente se si ha l’accortezza di allungare le protezioni. 15m, VI.

Jacopo lungo i metri finali della via, VI.

Via piuttosto discontinua e forzata con solo un paio di tiri davvero meritevoli. La chiodatura è buona lungo tutto l’itinerario anche se è indispensabile una serie di friend per integrare lungo i tiri con le fessure. Anche la roccia a tratti non è bella ed è spesso necessario verificare bene quello che si tiene. Nel complesso risulta però un buon allenamento in vista di salite più belle.

Via Crucis

Stanchi dalla scalata del giorno precedente scendiamo in valle del Sarca alla ricerca di qualcosa di semplice e ben chiodato che non abbiamo ancora salito. Il meteo non è bellissimo ma tutto sommato sembra reggere e le nuvole basse proteggono dal sole che farebbe sudare visto le temperature previste comunque alte. La scelta ricade sulla via “Crucis”, alla parete della “Croce di Ceniga”, aperta oramai già da un po’ di tempo ma poco recensita.

Il primo tiro inizia risalendo la bella placca compatta che si sviluppa oltre il nome a parete che indica la via. I primi metri sono i più difficili ed obbligano a movimenti delicati per mantenere l’equilibrio su apoggi poco marcati e con le mani sempre alla ricerca delle prese migliori, piuttosto storte in questo tratto. Dopo la placca ci si immette in un diedro dove l’arrampicata risulta essere più semplice grazie alle buone maniglie di cui è composto. La progresione è davvero bella su roccia ottima, solida e gripposa al massimo, con i piedi che si muovono alternati lungo le pareti del diedro e le mani sempre comode. Anche la chiodatura è molto ravvicinata rendendo questo tratto piacevole da salire per tutti. Si segue il diedro per tutta la sua interezza, piegando leggermente verso sinistra nel finale, e si esce su larga cengia alberata dove, proprio attorno ad un grosso arbusto, è posizionata la prima sosta. 30m, 6a+.

Simone lungo la prima lunghezza, 6a+.

La seconda lunghezza prosegue lungo la placchetta oltre la sosta composta principalmente da roccia frastagliata ma nel complesso solida. L’arrampicata è semplice e le numerose protezioni lungo il percorso, tra fix e cordoni attorno a clessidre, rendono la progressione molto sicura. Solo lungo gli ultimi metri della placca la roccia è più frastagliata ed è necessario prestare maggiore attenzione a quello che si tiene. Si raggiunge infine un terrazzino alberato dove si sosta comodamente. 25m, 5b.

I primi metri della seconda lunghezza, 5b.

Molto bello è il terzo tiro che ospita anche i passi più duri della salita. Si inizia rimontando una breve placchetta a grumoli con passaggio iniziale non semplicissimo vista la scarsità di prese a parete. Si giunge quindi alla base di un arco che si sviluppa verso sinistra e che si segue per tutta la lunghezza sfruttandone principalmente la fessura basale. Verso metà di questo il passo chiave per superare un pilastrino. Qui la fessura è poco marcata ed è necessario andare alla ricerca delle prese migliori altrove, dapprima lungo lo spigolo di sinistra ed in seguito alte oltre il pilastro. A rendere più complicata la sequenza è l’inclinazione della parete che qui risulta essere bella verticale. Le protezioni, anche in questo tiro, in ogni caso abbondano ed è sempre possibile azzerare qualora fosse necessario. Superato il pilastro inizia un traverso verso sinistra che conduce al termine dell’archetto dove un passaggio fisico, ma su buone prese, permette di superare lo strapiombetto finale e giungere così alla sosta aerea. 23m, 6b.

Jacopo e Martina alle prese con il tiro chiave, 6b.

La quarta lunghezza inizia una lunga traversata, ancora verso sinistra, su rampa appoggiata. I primi metri sono abbastanza terrosi visto che i terrazzini superiori ospitano qualche arbusto mentre dalla metà in poi si torna a procedere lungo roccia. Dalla sosta si supera la verticale dove passa “Linea Magica” rimanendo bassi nel corridoio creato dai due terrazzini. Si arrampica senza difficoltà particolari fino a che si raggiunge uno scudo giallo che si oltrepassa attraverso movimenti di equilibrio visto che le prese qui non sono molte e la parte superiore dello scudo ospita qualche rovo non proprio simpatico. Superato il tratto si traversa ancora un po’ verso sinistra ritornando su roccia grigia ed incontrando la sosta appena si incrocia la verticale della “Via dell’Arco”. 33m, 5b.

Jacopo lungo il traverso della quarta lunghezza, 5b.

Il quinto tiro riparte ancora verso sinistra lungo la bella placca impegnativa chiusa da breve tettino. Qui l’arrampicata è di movimento sempre alla ricerca dell’equilibrio dopo ogni singolo passo, con i piedi che si muovono su piccoli appoggi e le mani sempre alla ricerca delle prese migliori, non sempre comode. Raggiunto il termine della placca si rimonta atleticamente il tettino, ben manigliato, ritrovandosi così al di sopra di un terrazzino alberato. Si prosegue quindi lungo lo spigolo del pilastrino di sinistra che, senza ulteriori difficoltà e dopo un breve traverso su parete appoggiata, porta ad un secondo terrazzino più ampio dove si sosta su arbusto. 25m, 6a+.

Martina lungo gli ultimi metri del quinto tiro, 6a+.

L’ultima lunghezza è abbastanza corta ma permette di arrivare in vetta dove è presente la “Croce di Ceniga”. Dalla sosta si traversa brevemente verso sinistra dapprima su cengia ed in seguito lungo placchetta semplice ed appoggiata. Quando la placca collide con il diedro di sinistra si torna a salire in verticale lungo roccette rotte seguendo la linea dei fix a parete. Sebbene la roccia qui sia frastagliata è solida e la progressione risulta essere tranquilla. Si prosegue fino a che la parete non spiana trovandosi sulla cengia sommitale dove si sosta comodamente attorno a grosso arbusto. 32m, 5a.

Jacopo in arrivo in vetta, 5a.

Via corta ma da non perdere. Si svolge sempre lungo roccia estremamente solida, principalmente lungo placconate e diedri. La chiudatura è molto ravvicinata lungo tutto il percorso il che permette di azzerare i passi più difficili in caso di necessità rendendo la via ideale per muovere i primi passi sui multipitch sportivi della valle.

Concordia

Scendiamo verso San Paolo con l’intento di provare a salire una via poco recensita e darle così un po’ di lustro ma dopo averci messo un’ora a fare il primo tiro decidiamo che “Per Ela” può aspettare. Nell’immediata destra, incredibilmente libera da cordate, sale la variante “Concordia” della via “Giù dalle Brande”, ripiego della giornata.

Il primo tiro inizia risalendo le roccette a destra della scritta oramai sbiadita alla base della parete. I primi metri, fintanto che il muro non guadagna verticalità, sono semplici su simil-rampa che culmina in cima ad un pilastrino dove è presente il primo cordone e dove la via inizia a salire in verticale lungo muretto fessurato e compatto. Dopo qualche metro si torna a piegare verso destra, seguendo la linea delle protezioni a parete, che conducono al tratto chiave del tiro dove il muro strapiomba leggermente e le prese per le mani iniziano a scarseggiare. Qui comincia anche un bel traverso che si sviluppa verso sinistra con movimenti in allungo sul placca priva di appoggi rilevanti. Si raggiunge un evidente cordone dove la linea torna ad obliquare ancora verso destra in direzione di un fix un po’ alto. La pendenza qui è più dolce ed in breve si raggiunge la sosta. 40m, 6a+.

Martina lungo la placca del primo tiro, 6a+.

La seconda lunghezza riparte lungo la solida placchetta fessurata oltre la sosta che si vince senza troppi problemi almeno fino a metà di quest’ultima dove un traverso verso sinistra impegna e non poco. Qui infatti le prese scarseggiano e si lavora principalmente in aderenza attraverso movimenti brevi e ponderati. Si raggiunge così una specie di canale che si segue verticalmente senza ulteriori difficoltà grazie alle buone prese che lo caratterizzano. Dopo poco si raggiunge la comoda sosta posta su di un terrazzino ai piedi della parete successiva. 25m, 5b.

Simone lungo il secondo tiro, 5b.

Il terzo tiro è molto bello ed offre un paio di passaggi interessanti ed impegnativi. Si parte aggirando verso destra lo spigolo oltre la sosta ritrovandosi così ai piedi di una bella placchetta che si segue fino a che un piccolo strapiombetto la chiude. Qui un delicato traverso in aderenza su minute prese permette di raggiungere lo spigolo sinistro che si oltrepassa, rimanendo bassi, con passo ricercato e non semplice. Una rampa si sviluppa ora verso sinistra con la linea da seguire evidente dettata dai cordoni a parete. Può essere utile un friend circa a metà di questa per proteggere l’uscita dallo spigolo del secondo di cordata visto che il cordone successivo è abbastanza lontano. Seguendo la rampa si arriva in cima ad un pilastro dove un ultimo passaggio, un po’ scomodo, porta alla cengia di sosta. 35m, 6a.

Martina in arrivo alla terza sosta, 6a.

La quarta lunghezza riparte esplosiva superando faticosamente la serie di strapiombi che caratterizzano la parete successiva. Le prese ci sono tutte ma la conformità del muo costringe sempre ad un’arrampicata fisica e sostenuta. Dopo il primo tratto verticale si giunge su parete più appoggiata dove inizia un breve traverso verso sinistra che conduce ai piedi dello strapiombo principale. Qui si raccolgono le forze ed alzando il più possibile i piedi ci si proietta verso le comode lame sommitali dove si traziona rimontando le difficoltà. Nemmeno il tempo di tirare il fiato che subito si palesa un secondo tetto, anche questo fisico, che si vince seguendolo verso destra fino a raggiungere il punto più debole dove è finalmente possibile rimontarlo. Senza ulteriori difficoltà si segue la lunga rampa che porta alla sosta ricongiungendosi così alla linea “Giù dalle Brande”. 45m, 6a.

Il muretto vericale all’inizio della quarta lunghezza, 6a.

Il quinto tiro è breve ma intenso. Sale un muretto verticale, e piuttosto privo di appigli, prima di iniziare un trasferimento verso la parete successiva. Dalla sosta si evitano verso sinistra gli alberelli approcciando così il muretto subito oltre. Questo si vince attraverso movimenti da ricercare su prese minute per le mani e piedi che spingono su appoggi obbligati ed oramai usurati che aumentano le difficoltà del passaggio. Superato in qualche modo il tratto iniziale si prosegue aggirando lo spigolo destro ed iniziando così una camminata lungo traccia che porta diettamente alla sosta dopo aver superato un breve e facile muretto finale. 25m, 6a/6a+.

Martina lungo il quinto tiro, 6a/6a+.

La sesta lunghezza supera per tutta la sua interezza un lungo diedro fisico con arrampicata prevalentemente in dulfer e senza punti dove poter veramente riposare. Dopo qualche passo su muretto verticale si raggiunge il diedro vero e proprio che costringe ad un’arrampicata continua e sostenuta attraverso movimenti meccanici: mani nella fessura centrale e piedi che spingono sulla parete di destra per guadagnare metri e su quella di sinistra per scaricare un po’ il peso permettendo così di rialzare le mani. A circa tre quarti il diedro forma un arco verso destra spezzando la monotonia attraverso un breve traversino su placca. Quando il diedro torna verticale lo si segue con passaggio fisico iniziale uscendone in seguito sulla sinistra raggiungendo così la sosta dopo aver attraversato qualche roccetta poco stabile. Tiro nel complesso faticoso con protezioni non sempre vicine e che non consentono quindi l’azzeramento se non integrando con friends. Da non sottovalutare! 25m, 6a/6a+.

Simone lungo il bel diedro della sesta lunghezza, 6a/6a+.

Il settimo tiro prosegue lungo la parete oltre la sosta che, chiusa da piccolo tettino, si segue verso sinistra fino ad aggirare lo spigolo. Dalla sosta si sale in verticale fino a raggiungere il rovescio alla base del tetto che si sfrutta per tutta la traversata. In breve si raggiunge lo spigolo della parete dove si torna a salire in verticale seguendo la fessurina che lo taglia verticalmente. I primi metri sono delicati ma mano a mano che si sale la parete si appoggia fino al breve e facile muretto che permette di raggiungere una cengia alberata. Si rimontano dunque le semplici roccette basali della paretina successiva fino ad arrivare alla sosta non appena questa si verticalizza. 40m, 6a.

L’inizio del settimo tiro, 6a.

L’ultima lunghezza aggira verso destra lo spigolo della parete proseguendo poi in placca per alcuni metri. Terminata la placca rimangono da risalire i gradoni finali con arrampicata non sempre logica viziata da protezioni a parete difficili da raggiungere e che rendono la progressione più complicata di quella che è. Anche la qualità della roccia non è delle migliori in questo tratto, prestare quindi attenzione a quello che si prende. Si giunge quindi in cima alla parete dove si attrezza la sosta su fix. 35m, 5b.

Martina in uscita dalla via, 5b.

Via simpatica, continua nelle difficoltà dall’inizio alla fine e che richiede una certa resistenza. La chiodatura è buona lungo tutto l’itinerario ma può essere comodo portare un set di friend per integrare quà e là. Nonostante i gradi dichiarati siano contenuti non è una via da sottovalutare perchè spesso stanno stretti. La progressione risulta invece molto varia e si affrontano placche, strapiombi, diedri e spigoli, ce ne è per tutti i gusti insomma!

Roberto

Viste le ultime uscite prevalentemente alpinistiche decidiamo di andare alla parete di San Paolo alla ricerca di qualcosa di più sportiveggiante. Tra le tante classiche della parete ci orientiamo sulla via “Roberto” che pare essere poco frequentata rispetto alle vicine più blasonate.

Il primo tiro sale lungo il muretto oltre la scritta blu che identifica la via con arrampicata piuttosto impegnativa almeno per quanto riguarda i primi metri. Qui infatti si deve vincere un muro abbastanza povero di prese marcate dove la forza nelle dita gioca un ruolo fondamentale per alzarsi da terra. Solo all’altezza del primo fix è presente la prima tasca veramente netta, nascosta dal basso e comunque niente di bellissimo. Consente però di alzarsi leggermente per raggiungere alcune prese migliori sulla sinistra che in breve portano ad una lametta molto comoda su cui riposare un po’. Questa si sviluppa anche lungo lo strapiombino che chiude la parete inferiore e che si affronta in dulfer allungandosi al di sopra di esso dove marcate prese, molto sporche, consentono di rimontarlo. Si prosegue ora con arrampicata semplice lungo la rampa fessurata che curva verso destra fino ad aggirare la parete dove si esce oltrepassando una piccola protuberanza rocciosa che spancia verso l’esterno. Mantenendo le mani in fessura ed i piedi bassi si raggiunge l’altra parete dove un arbusto molesto rende difficoltoso l’ultimo passaggio per arrivare in sosta. 25m, 6b.

Simone sulla prima lunghezza, 6b.

La seconda lunghezza prosegue a destra raggiungendo la fessura verticale che si supera agevolmente grazie alle comode rocce frastagliate soprastanti. Inizia ora un breve traverso verso sinistra lungo solida placconata priva di appigli ma abbastanza corta da riuscire ad “abbracciarla” sfruttando le lame che la perimetrano. I piedi rimangono invece in aderenza dove la pendenza è meno pronunciata. Oltre la placca è possibile proteggere il secondo di cordata con un cordone attorno ad un solido alberello e proseguire ancora verso sinistra lungo un muretto semplice ed appigliato. Obliquando si raggiunge una seconda placchetta, particolarmente sporca, che si approccia in maniera simile alla precedente solo che questa volta le prese sono meno marcate. Passando al di sotto di un arbusto, e tenendo con la mano destra l’unica presa comoda a disposizione, ci si allunga completamente fino ad agguantare la lontana lama che consente di superare le difficoltà riportando il corpo a sinistra e raggiungendo la sosta aerea oltre lo spigolo della parete. 25m, 6b+.

Martina al termine della seconda lunghezza, 6b+.

Il terzo tiro risale un bel diedro in comune con la via “Ischia-Clazà”. Per raggiungerlo si segue lo spigolo del pilastrino che si erge sopra la sosta con passaggio iniziale delicato per arrivare al primo fix. Si aggira ora lo spigolo verso sinistra dove un breve traverso ben appigliato conduce alla base del diedro. La prima sezione si affronta senza particolare difficoltà sfruttando bene entrambe le pareti, ricche di appoggi per i piedi, e l’evidente fessura centrale per le mani. Si giunge in breve alla base di una piccola pancia placcosa e polverosa, vista la natura canalitica del tratto, che si supera in aderenza. Una volta rimontata alcuni facili passi conducono alla base della seconda parete del diedro dove le difficoltà sono maggiori. Si sale rimontando un piccolo strapiombetto protetto da vecchio chiodo e si continua sfruttando, come in precedenza, entrambe le pareti fino a quando il diedro si allarga e curva verso sinistra. Qui una serie di passaggi da ricercare, un po’ ad incastro, consentono di superare faticosamente i primi metri e guadagnare il pilastro di sinistra che, con un ultimo sforzo, conduce al terrazzo di sosta dopo aver attraversato qualche metro di roccette frastagliate e mobili. 35m, 6a+.

Martina al termine del terzo tiro, 6a+.

La quarta lunghezza prosegue lungo il diedro giallo di sinistra, molto ben appigliato e piacevole da salire, con progressione semplie e ben protetta grazie alla coppia di fix che si incontra lungo la salita. In breve si esce su di un lungo terrazzino che si segue giusto per alcuni metri fino a riprendere la verticale in corrispondenza delle protezioni a parete. Inizia ora una sezione su roccette e pilastrini, abbastanza scabrosa, che conduce alla base di un tettino che si affronta sfruttando il diedrino di sinistra che ospita buone prese ma distanziate costringendo a qualche allungo per passare da una all’altra. Usciti dal diedro ci si ritrova sulla stretta cengia dove si sosta abbastanza scomodamente. 20m, 6a.

L’inizio della quarta lunghezza, 6a.

Il quinto tiro aggira verso destra il piccolo strapiombetto sopra la sosta che si rimonta con passo non facile su piccole tacche per le mani e con piedi in aderenza. Una breve sezione appoggiata porta alla base di una paretina strapiombante dove inizia il tratto più difficile dell’intero itinerario. Rinviato il primo fix ci si sposta verso sinistra alla ricerca delle prese migliori che per la loro natura liscia, stondata e consumata, sono maledettamente difficili da tenere ed altrettanto difficile è trovare una posizione comoda che consente di rinviare il fix successivo. Il tratto è azzerabile anche se la distanza tra le protezioni rende questa operazione abbastanza complessa. Proseguendo ora verso destra si raggiunge qualche presa migliore che consente di rinviare il terzo fix e continuare verticalmente, con arrampicata ancora fisica e stancante, fino al termine della parete dove la verticalità termina e grossi massi consentono di riposare. Spostandosi ora verso sinistra si aggira lo spigolo e si raggiunge infine la comoda sosta. Tiro molto delicato e difficile da passare in libera, le prese ci sono ma non sono mai belle e la sequenza di passaggi non è di facile interpretazione. Allo stato attuale il tratto può essere valutato sicuramente oltre il 7a. Anche azzerare non è immediato. 20m, 7a/7a+/A0.

Lo sviluppo del tiro chiave, 7a/7a+/A0.

La sesta lunghezza corre lungo lo spigolo della parete grigia che si sviluppa oltre la sosta. L’arrampicata si svolge in alternata tra il versante di destra e quello di sinistra seguendo le prese migliori. La progressione non presenta difficoltà particolari se si leggono bene i passaggi e solo verso la fine qualche passaggio più ostico permette di guadagnare la sommità della parete. Inizia ora una sezione molto brutta e sporca dove la gran parte delle prese è costituita da massi mobili che danno la fastidiosa sensazione di instabilità e pericolosità al passaggio. Prestare quindi molta attenzione lungo questo tratto. Facendosi spazio tra terra ed arbusti si raggiunge la base di un piccolo tettino che rappresenta l’ultima difficoltà della lunghezza. Una serie di passi atletici ma su prese relativamente buone consentono di superare e raggiungere la comoda fessura subito sopra il secondo fix visibile che sancisce il termine delle ostilità. Sebbene molte relazioni diano questo tratto come A0, è invece molto alla portata (sicuramente più del tiro precedente) con difficoltà che si aggirano attorno al 6c. Proseguendo in verticale ancora per pochi metri si passa attraverso una coppia di arbusti, che chiudono il passaggio, giungendo così al terrazzino di sosta. 35m, 6c/A0.

Simone lungo il primo pilastro della sesta lunghezza, 6c/A0.

Il settimo tiro è una lotta continua con gli arbusti, la terra ed i sassi che ogni due per tre ti rimangono in mano. Tutta la lunghezza è assai sporca e richiederebbe più di una passata di restyling. Si parte affrontando l’unico tratto solido del tiro: una pancetta oltre la sosta che si supera atleticamente grazie alle fonde fessure che la solcano nel punto più alto. Da qui in poi inizia una sequenza di terrazzini alberati, terriccio e roccette alternate a qualche raro passo su brevissime placchette giusto per dare un senso al tiro. La linea si sviluppa prima verso sinistra e poi verso destra seguendo la linea dei fix, che rimangono comunque ben visibili a parete, fino ad uscire su una larga cengia in vista del pronunciato tetto giallo, protagonista del prossimo tiro, che incute timore solo a gurdarlo. Sterzando verso sinistra si prosegue nel corridoio boschivo fino a superare un ultimo muretto che conduce alla sosta da attrezzare su due fix. 38m, 5c.

La partenza del settimo tiro, 5c.

L’ultima lunghezza è senza dubbio la più bella di tutta la salita e sinceramente era ora che un tiro meritasse davvero di essere salito! Sale il pronunciato strapiombo apparentemente molto repulsivo ma che in realtà ospita uno stretto canalino verticale che si affronta fisicamente ma con difficoltà umane. Si parte aggirando la nicchia di sosta verso sinistra e si prosegue in verticale lungo roccia gialla frastagliata che non dà un gran senso di stabilità ma che tutto sommato si muove poco. Obliquando verso destra si costeggia il tetto fino a cambiare versante con passo esposto ma ben manigliato. Ci si trova ora alla base del bellissimo canale che prosegue verticalmente sino al termine della parete. L’arrampicata è sicuramente fisica, visto che la parete strapiomba leggermente, ma tutte le prese sono al posto giusto facendo della resistenza una componente fondamentale al fine di superare agevolmente il tratto. In linea di massima si cerca di rimanere all’interno del canale per buona parte della sua lunghezza ed uscirne sulla sinistra in prossimità della fine dove le prese si fanno meno marcate ed è necessario attingere alle ultime energie per uscire sul terrazzino di sosta. Qui si attrezza un grosso albero e si recupera il compagno. 28m, 6b.

Martina impegnata lungo l’ultimo tiro, 6b.

Via con passaggi interessanti ma nel complesso molto sporca e da ripulire. Le prime tre lunghezze si svolgono su roccia buona e compatta ed offrono stili diversi. Anonimi sono invece i tiri centrali dove la vegetazione sta prendendo il sopravvento, mentre l’ultimo tiro è veramente bello e meritevole. Nonostante la linea sia protetta a fix non è da prendere sottogamba ed offre sicuramente ingaggio per chi vuole mettersi alla prova.

Sulle tracce di Dario

Stanchi e provati da un sabato intenso sulla neve, la domenica scendiamo verso Arco per salire qualcosa di apparentemente tranquillo sulla parete di San Paolo. Questa volta la scelta ricade sulla via “Sulle tracce di Dario”, itinerario di stampo alpinistico con qualche fix nei punti più delicati.

Il primo tiro sale lungo il breve muretto chiuso da un piccolo strapiombo, in direzione di un evidente spit a parete. Il primo passo per portarsi sul muretto è ricercato ma una volta a parete si inizia una corta traversata verso destra, su roccette staccate, oltrepassando un cordoncino in kevlar bianco. Si sale ora puntando al tetto che si supera seguendo le buone prese che si sviluppano verso sinistra sopra di esso. Rimontato questo, con passo atletico, si entra in un tratto caratterizzato da placchetta appoggiata che si segue verticalmente fino ad un cordone. Si prosegue poi sulla destra seguendo la sequenza di brevi terrazzamenti che conduce alla cengia dove è presente la sosta da attrezzare su fix ed anello. 20m, V+.

Simone all’inizio della via, V+.

La seconda lunghezza aggira lo spigolo della parete verso destra per entrare in un vago canalino che, con passo non semplice in allungo, consente di rimontare al di sopra del tettino soprastante la sosta. Ci si sposta quindi verso sinistra per tornare sulla verticale dell’assicuratore e da qui diritti oltre la facile placchetta fino alla base di una seconda parete che sale decisamente più verticale. Qui è presente la sequenza chiave del tiro: un masso sulla sinistra permette di guadagnare i centimetri necessari per arrivare alla presa a sinistra del fix che consente di rinviare ed iniziare a spostarsi verso destra. Le prese qui sono rade e scomode costringendo ad un’arrampicata prevalentemente d’equilibrio per raggiungere la lama ascendente che determina la fine delle ostilità. Proseguendo verso destra e poi in verticale si supera una coppia di fessure, da proteggere con friend medio/grandi, ritrovandosi in breve al di sopra della larga cengia di sosta. Tiro delicato e sostenuto, da non sottovalutare. 30m, VI+.

Martina superate le difficoltà della seconda lunghezza, VI+.

Il terzo tiro prosegue verticamente rispetto alla sosta lungo la fessura a ‘C’ con evidente cordone incastrato alla base. Con bella arrampicata divertente la si segue prima verso sinistra e poi verso destra fino a raggiungere un terrazzino alberato che si rimonta prestando attenzione ai massi incastrati. Proseguendo un paio di metri sulla destra si giunge in prossimità di una fessura orizzontale dove è possibile inserire un friend per integrare le protezioni. Qui si inizia anche a salire più verticali e, seguendo la linea dettata dal repulsivo arco che chiude la parete, si arriva sotto un pronunciato becco roccioso dal quale penzola un cordone. Per rimontare la sporgenza si entra ad incastro nel simil-diedro che si forma con la parete di destra e lo si segue quel poco che basta per raggiungere le comode prese che consentono di risalire le difficoltà. Una volta in piedi sul becco si prosegue verso destra in direzione di un fix e quindi, senza ulteriori difficoltà, alla sosta su anello e cordone incastrato. 32m, VI-.

Il frastagliato terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza è piuttosto breve e si svolge lungo roccia abbastanza scadente per tutta la sua interezza. Si parte seguendo la rampa obliqua, solcata da larga fessura, che si sviluppa a sinistra della sosta fino a rimontare su una cengia alberata. Passando attraverso una coppia di arbusti si raggiunge in breve una piccola paretina che si sviluppa verso destra. Qui la roccia è composta principalmente da grossi massi e nel complesso non è il massimo. Puntando al fix trapanato in una delle poche sezioni sane si sale comunque senza troppa difficoltà fino a raggiungerlo dove si torna ad arrampicare in verticale fino a rimontare la larga terrazza di sosta con passo finale delicato. Tiro molto di congiungimento: attenzione a non smuovere troppi massi. 20m, V.

Simone lungo il primo tratto della quarta lunghezza, V.

Il quinto tiro traversa verso sinistra aggirando sul terrazzino il blocco dove è posizionata la sosta raggiungendo così la base di una parete caratterizzata da strapiombetti gialli. La roccia qui migliora un po’ anche se si continua ad avere la sensazione che quello che si tiene si possa staccare da un momento all’altro. Si risalgono facilmente i primi metri della paretina fino ad un primo cordoncino penzolante. Qui, spostandosi leggermente verso destra, si rimonta al di sopra dello strapiombetto raggiungendo un secondo cordone penzolante dove lo strapiombo si fa più marcato. Con arrampicata fisica, ma agevolata dalle buone prese a parete, si sale il tetto scaglionato spostandosi mano a mano sempre più verso sinistra dove questo “spiana” e risulta più agevole proseguire. Si affronta qui un muretto placcoso leggermante appoggiato che prosegue verso destra. Al termine di questo c’è un terrazzino dove, sulla parete opposta, è presente la sosta all’ombra degli arbusti. 30m, VI.

Le rocce scaglionate del quinto tiro, VI.

La sesta lunghezza è la più bella e meritevole di tutto l’itinerario, non solo per la qualità della roccia ma anche per la varietà dei passaggi, sempre piuttosto continui, che offre. I primi metri si svolgono lungo muro lavorato da belle canne grumose, non totalmente formate, che scendono come una colata lavica a coprire la parete. Superate queste si affronta un tettino appena pronunciato che si supera abbastanza agevolmente grazie alle fonde fessure che ne solcano la parete sommitale. Spostandosi ora leggermente a destra ci si trova davanti ad una lunga placca che prosegue verticale e dove risiedono le difficoltà maggiori della lunghezza. Sebbene non proprio logica la linea è evidente e serpeggia prima a destra e poi a sinistra alla ricerca delle prese migliori. L’arrampicata è prevalentemente di movimento ed è spesso necessario controbilanciare il corpo al termine di ogni sequenza. I punti di riposo sono vari ma giunti ad una larga fessura che obliqua decisa verso sinistra è possibile tirare il fiato completamente. Il grosso oramai è superato e non resta che seguire la fessura fino alla base di una breve parete finale. Questa è decisamente più appoggiata rispetto alla precedente e prosegue verso destra fino a raggiungere la famosa “cengia rossastra” caratteristica di questa fascia della parete. Dopo un passagio finale d’equilibrio la si rimonta e si sosta. 30m, VII.

La partenza della sesta lunghezza, VII.

L’ultimo tiro, a nostro avviso abbastanza forzato, permette di raggiungere la sommità della fascia rocciosa attraverso un traverso, aereo e fisico, che supera i tetti a scaglie sopra la sosta. La qualità della roccia è scadente ed al nostro passaggio più di qualche masso è volato verso valle fermandosi però fortunatamente sulla cengia sottostante. Salendo in verticale si raggiunge una grossa scaglia sotto il tetto che si segue verso destra fino al termine dove rimontare risulta essere più agevole. I passi sono comunque fisici e le prese spesso distanziate costringono a faticose trazioni. Superato il tetto si prosegue su parete appoggiata con roccia più solida fino a giungere al piccolo strapiombo finale che si supera senza difficoltà. Il terrazzino di sosta è molto panoramico ed offre una bella visuale sulla vallata che fa da sfondo suggestivo all’arrivo del secondo di cordata. 25m, VI+.

Martina balza verso la vetta al termine dell’ultimo tiro, VI+.

Via abbastanza discontinua anche se a tratti offre spunti interessanti. Il secondo ed il sesto sono con tutta probabilità i tiri più belli dove emergono anche le difficoltà maggiori. La linea è protetta a cordoni e qualche spit ma è necessario integrare molti punti per una salita sicura. Vista la recente apertura non sono presenti tratti usurati, merce rara in quel di San Paolo! Attenzione solo ai tiri in cui la roccia non è stabile.