La Zozza

Qualche settimana fa siamo rimasti stregati dalla bellezza e dalla tranquillità del canyon di Bletterbach e ci eravamo promessi di tornarci quando le cascate si fossero inciccite e risultassero quindi più sicure per essere scalate. Eccoci quindi un’altra volta al cospetto di questo anfiteatro stupendo, siamo ad inizio febbraio e le cascate nella parte destra (viso a monte) hanno per nostra gioia tutte un aspetto più vivo, belle ingrossate nella forma. Non si può dire la stessa cosa della soleggiata parete di sinistra che, prendendo molto sole al pomeriggio, è oramai solo roccia viva. Del resto negli ultimi mesi non c’è più stata nessuna precipitazione ed anche il paesaggio a contorno non è più così innevato come qualche settimana fa. Optiamo per salire la cascata denominata “La Zozza”, simpatica ed esplicativa denominazione dovuta al fatto che, in questo tratto della parete, il ghiaccio prende un colore tendente al marrore per via della roccia e ghiaia rossastra che sovrasta la cascata e che, alla sua formazione, ne imprigiona i pigmenti e qualche detrito.

La cascata alla base è molto larga e presenta, almeno nella prima parte, numerose possibilità di salita. Rimaniamo verso il centro-destra dove la progressione sembra più agevole alternando tratti verticali a qualcun’altro leggermente appoggiato, sempre con buoni riposi per piedi che stanno in appoggio lungo tutta la sezione iniziale. Dopo i balzelli iniziali si raggiunge presto una zona decisamente appoggiata dove la progressione è agevole. Il ghiaccio non è uniforme ma cambia spesso consistenza passando da tratti in cui è duro e spaccoso a sezioni tenui e gommose. Terminata la rampa appoggiata ci si porta sulla destra della candela principale dove si risale lungo l’unico tratto dove il colore del ghiaccio è azzurino. Giunti sulla cengia si sosta su 2 spit e catena un po’ nascosti. Eventualmente è presente un ulteriore spit poco lontano dove poter sostare rafforzando con qualche friend. 30m, V.

Il primo tiro.

La candela verticale del tiro successivo ha una base di circa 4 metri con i primi 2 verso la sosta che presentano, al momento della salita, una grossa rottura probabilmente dovuta ai grandi sbalzi termici della settimana precedente. L’altra metà risulta essere invece bella solida ed attaccata saldamente alla parete.

La rottura alla base della candela della seconda lunghezza.

Aggiriamo quindi la parete per portarci, tramite passi esposti, verso il centro della parte buona della cascata dove è facilmente intuibile l’entità del tiro: molto verticale su candeline e meduse piccole, nel complesso difficile da proteggere e dove occorre saper muoversi bene. I primi dieci metri sono i più verticali e difficili ma le meduse presenti aiutano a scaricare bene il peso sugli arti inferiori e riequilibrare il baricentro dopo ogni movimento rendendo la progressione psicologicamente più tranquilla. Si raggiunge così una zona che troviamo decisamente più bagnata e dove la doccia è assicurata: si inzuppano prima i guanti e poi le gambe, complice anche il fatto che i copri pantaloni sono rimasti belli al caldo nello zaino. La noota positiva è che piazzare protezioni è sicuramente più facile visto che ora il ghiaccio è meno lavorato e più continuo. Cerchiamo comunque di progredire il più velocemente possibile spostandoci sulla sinistra verso aree più asciutte e, con ribaltata finale, usciamo verso zona più appogiata su ghiaccio plastico. Uno spit, su un grosso masso onestamente non molto invitante, suggerisce la sosta. Preferiamo sostare su ghiaccio creando un’ottima abalakov per la discesa. 30m, V.

Verso il terrazzo terminale della cascata.

La cascata è molto bella ed offre varie possibilità di salita, almeno per quanto riguarda la prima lunghezza, grazie al suo diametro consistete. La seconda lunghezza è invece tendenzialmente meno larga ma è particolarmente tecnica e meritevole. Il colore tendente al marrone rende la cascata unica e diversa da tutte le altre.

Bletterbach – Gorz – Namenloss 4

La stagione partita a rilento, le poche cascate formatesi con ghiaccio decente da poter essere salite, e l’affollamento delle stesse ci fanno optare per mete più esotiche e meno frequentate o che per lo meno, allo stato attuale delle cose, non richiamano l’attenzione del grande pubblico. Bletterbach è strutturata in tre grandi settori: il primo situato nella gola all’ingresso del grande canyon a 1400 m.s.l.m. circa, un settore centrale in una sorta di anfiteatro 100 metri più in alto ed un grande terzo settore a quota 1750 m.s.l.m. dove ci dirigiamo nella speranza di trovarne qualcuna bella formata. I 30 cm di neve fresca caduti di recente impegnano non poco l’avvicinamento ma una volta arrivati il panorama è proprio bello: grossi festoni, candele e cascate contornati da roccia a strati fanno da presupposto ad una bella salita. Puntiamo alla base della cascata di sinistra “Namenloss 4”.

I primi metri si svolgono lungo un pendio a 70° con ghiaccio leggermente coperto dalla neve caduta di recente a formare uno strato bianco piuttosto ghiacciato che però non è saldamente attaccato alla cascata sottostante e che ci costringe a toglierlo prima di raggiungere la parte buona ed arrampicabile. Questo probabilmente per via del fatto che nel tardo pomeriggio la cascata è raggiunta dal sole il quale, il giorno precedente, ha sciolto un po’ la neve che si è ricongelata durante la notte. Ci portiamo ora alla base della verticalità dove il ghiaccio migliora sensibilmente e dopo un paio di passi raggiungiamo i 90°. Attorno a noi il paesaggio è molto bello e suggestivo e non perdiamo occasione di ammirarlo ad ogni buon riposo che troviamo. Si prosegue in verticale per una decina di metri su ghiaccio duro ma non spaccoso fino a che un leggero balzo ci porta ad una seconda sezione verticale caratterizzata da grumoli e candele che si affrontano con arrampicata tecnica e divertente. Piegando a destra si raggiunge una cengetta molto comoda che fa da cornice per un’ottima sosta. Questa non è obbligatoria in quanto la cascata non è lunga, ma noi decidiamo di smezzarla anche per apprezzare a pieno la bellezza del luogo. 25m, IV+.

La verticalità del prossimo tiro è apprezzabile fin da qui. Si sale attraverso una serie di passaggi delicati, intervallati da momenti di stallo con qualche buona medusina qua e là dove poter appoggiare i piedi e piazzare qualche vite affidabile lungo la salita. Senza troppi indugi si prosegue fino alla fine della cascata dove, al termine delle difficoltà, si esce sul grande pianoro di sinistra sotto la cengia che taglia orizzontalmente tutto il canyon. Cerchiamo con dedizione un buon posto dove sostare ma qui purtroppo al nostro passaggio il ghiaccio non è buono e non sono presenti nè chiodi nè spit a supporto. Scegliamo di ridiscendere un paio di metri per tornare in zone con ghiaccio migliore e, preparata la sicura abalakov ci caliamo a terra. 20m, IV+.

La cascata è sicuramente bella ed interessante ed il paesaggio molto caratteristico. Nonostante questo l’avvicinamento, ad oggi, piuttosto ravanoso disincentiva a raggiungere la cima del grande Canyon per salire esclusivamente una linea così breve. Rimane comunque un buon riscaldo per le salite più impegnative che si possono trovare nelle sue vicinanze più prossime.