Nevi d’autunno è stata aperta nel 2010 e originariamente prevedeva dei passi in A1 per vincere un breve tratto caratterizzato da placchette strapiombanti. Recentemente è stato effettuato un restyling della via cercando una linea che potesse essere salita completamente in libera. Il risultato è una via sportiva con lunghezze interessanti e gradi contenuti grazie anche al fatto che i tratti più duri possono essere azzerati con più o meno difficoltà.
Sebbene sulla guida a disposizione sia gradato solo 6b il primo tiro è probabilmente il più impegnativo di tutta la salita. Si inizia superando un bel muretto fino a raggiungere una lama che corre elegantemente verso destra. La si segue fino a che diventa verticale e termina in corrispondenza di un piccolo strapiombo dove la linea inizia a traversare verso sinistra su placca liscia e compatta. Le poche prese a parete sono tendenzialmente piccole e scomode, mai nitide ed evidenti, e richiedono buona forza nelle dita per essere tenute. Il consiglio è quello di iniziare a traversare stando bassi e non alzarsi mai oltre la linea orizzontale degli spit dove prese invitanti agli occhi traggono in inganno e bloccano la progressione. La sezione dura è comunque facilmente azzerabile anche se passare in libera dà le sue soddisfazioni. Si conclude il traverso con arrampicata delicata ma più facile fino a raggiungere una piccola cengia dove poter attrezzare una sosta su fix e fix+anello. A nostro parere le difficoltà in libera sono attorno al 6b+/6c, ma riportiamo quanto indicato sulla relazione. 25m, 6b/A0.

Martina nel tratto chiave del primo tiro, 6b.
La seconda lunghezza risale la bellissima placca a buchi e fessure che parte oltre la sosta. Secondo noi è la lunghezza più bella della via nonostante l’ingaggio sia minimo. Si parte obliquando verso destra fino ad aggirare la paretina, seguendo l’evidente linea di fonde fessure. Qui è possibile notare la prima “miglioria” rispetto al percorso originale: la linea, che prima continuava ancora verso destra per raggiungere una lama, ora procede in verticale su placchetta stratosferica e leggermente strapiombante ma egregiamente appigliata grazie alle belle fessure verticali. Sulla linea originale è ormai ricresciuta la vegetazione e, nonostante sia comunque arrampicabile, ci sentiamo di sconsigliarla perchè abbastanza anonima ed anche perchè la variante è decisamente meritevole. Alla fine della placca le linee si ricongiungono e si sosta alla base di una rampa. 30m, 5c.

Simone affronta la placca della seconda lunghezza, 5c.
Il terzo tiro sale il breve muretto che conduce alla rampa con passettino atletico. Dopo il primo fix ignorare il vecchio chiodo arruginito e proseguire verticali alla sua destra fino a rimontare sulla rampa. Con facile arrampicata si prosegue su quest’ultima fino a che si verticalizza ed inizia una sequenza non banale per raggiungere la cengia soprastante. Le prese non sono buone ed è necessario spostarsi bene con il corpo per raggiungere la comoda lama di sinistra. Una volta presa si rimonta comodamente e si sosta. Anche qui i gradi proposti sono un po’ stretti, un 6b ci sta tutto nel passaggio in uscita (azzerabile in ogni caso). Attenzione solo alla qualità della roccia lungo la rampa che, unita alle protezioni belle distanziate, fanno di questo tiro uno dei più pericolosi. 32m, 6a+.

La rampa del terzo tiro, 6a+.
La quarta lunghezza è molto breve e non presenta difficoltà particolari. Si inizia seguendo verso destra la larga cengia boschiva con i piedi sempre a contatto con la terra, fino a che non termina ai piedi di un breve muretto. La sosta si trova subito sopra. Raggiungerla non è complicato, bisogna solo leggere bene la sequenza che costringe in un breve traverso verso sinistra prima della ribaltata che consente di raggiungere il terrazzino di sosta. 15m, 5b.
Il quinto tiro prosegue lungo il diedrino leggermente strapiombante a destra della sosta. Esso termina su di una breve cengia rocciosa che si segue senza difficoltà verso destra fino al fix che suggerisce di tornare a salire in verticale. Il passo chiave della lunghezza è qui e consiste nell’alzarsi bene, su minute prese, al fine di raggiungere i comodi incavi alla base del tettino soprastante. Qui inizia un facile traverso verso sinistra per aggirare lo strapiombo, su belle prese, che si rimonta sul suo punto più debole dopo essersi allungati per bene per raggiungere la lametta gialla che facilita l’operazione. Sopra il tetto una pancia placcosa conduce alla sosta dopo un paio di bei passi in aderenza. Attenzione quando si recupera il secondo di cordata a non tirare troppo le corde per evitare di complicargli la vita sul passo chiave (verrebbe portato fuori via e non riuscirebbe a raggiungere le fondamentali vaschette sotto il tetto). 25m, 6a.

Sul passo chiave del quinto tiro, 6a.
La sesta lunghezza prosegue oltre la sosta sul muretto che culmina sulla grande cengia boschiva soprastante. I passi su roccia sono semplici e ben appigliati ed in breve ci si trova a camminare nel corridoio tra gli alberi alla fine del quale è presente la sosta ai piedi della prossima paretina. 25m, 5b.

Il breve tratto roccioso della sesta lunghezza, 5b.
Il settimo tiro attacca il muretto facendosi spazio tra le roccette rotte che lo compongono. Lungo i primi metri l’arrampicata è facile ma la chiodatura distanziata. Raggiunta la metà del muretto è presente un passo delicato, su placchetta strapiombante e prese tutt’altro che nette, dove è necessario un bel colpo di reni per raggiungere il bordo superiore della placca e rimontarla. Si obliqua ora leggermente verso destra su parete più strapiombante ma prese più nette fino a raggiungere una rampetta che si sviluppa verso sinistra traversando sotto il tettino che la chiude. Le difficoltà sono ormai terminate ed un breve muretto conduce alla sosta. 20m, 6a.

Martina in arrivo alla settima sosta, 6a.
L’ottava lunghezza, su carta, è quella che ospita le difficoltà maggiori. Il passo di 6c, in ogni caso azzerabile, è probabilmente sopravalutato e nella realtà non supera il 6b+ a meno che non si è particolarmente bassi, in quel caso l’unica opzione è quella di tirarsi su dal cordone. Si inizia seguendo la facile rampa verso destra che traversa sotto il severo strapiombo dove salirebbe, diritta per diritta, la linea originale (visibili fix e cordoni). Si raggiunge il termine della rampa dove il tetto è meno pronunciato e più facile da salire. Sulla destra una buona e netta presa per la mano destra consente di alzare bene i piedi e raggiungere il bidito (tridito se si ha le dita piccole), fondo e tagliente, alla base del cordone penzolante. Un’altra alzata di piedi, con deciso bloccaggio di spalla, permette di allungarsi notevolmente verso l’alto dove un bombè per la mano destra permette di rimuovere rapidamente la mano sinistra dal bidito sottostante e protarla al bidito successivo accanto al bombè stesso, dove è presente un altro cordone. Ora non resta che rimontare facilmente anche con i piedi e raggiungere la sosta posta poco sopra. 20m, 6c/A0.

Simone sulla rampa prima del passo chiave della via, 6c.
Il nono tiro inizia con un traverso verso sinistra, in leggera discesa, per tornare sulla verticale della via originale. Qui ci aspettano una serie di passaggi fisici, ma su buone prese, che ci accompagneranno fino al termine della lunghezza. Il primo di questi è costituito da una bella lama che sale verticale a sinistra della linea degli spit. Superata questa si raggiunge una specie di nicchia bella strapiombante che necessita di particolare atleticità per essere superata. Le prese migliori sono poste sulla sinistra della nicchia e consentono di raggiungere la placchetta soprastante che porta direttamente alla sosta. Tiro molto sostenuto e continuo ma sempre su buone prese che consentono talvolta di tirare un po’ il fiato. 20m, 6a.

Simone sul muro del nono tiro, 6a.
La decima lunghezza è corta e permette di raggiungere il muretto finale. Si inizia con un breve traverso verso sinistra, appoggiato e protetto da un chiodo a pressione recente. Si raggiungono senza fatica le rocce rotte soprastanti dove un cordone nero penzolante indica l’uscita. Prestando attenzione alla qualità della roccia si rimonta e si raggiunge la placchetta più solida ben protetta da numerosi cordoni attorno alle clessidre. L’arrampicata è semplice e, dopo aver attraversato un breve tratto boschivo, si raggiunge la sosta. 15m, 4c.

Il facile muretto della decima lunghezza, 4c.
La linea originale passa ora diritta attraverso le facili rocce rotte bene evidenti sopra la sosta. La variante esce invece verso destra superando atleticamente un tettino ben appigliato ma dove è necessario prestare attenzione a quali massi si decide di tirare per superarlo. Si parte con un bel traverso verso destra su roccia gialla caratterizzata da belle gocce. Raggiunta la base del tetto un bel traverso deciso permette di raggiungere il marcato rovescio che consente di andare a prendere le rocce rotte sopra lo strapiombo. Qui le protezioni sono classiche a chiodi e per azzerare è necessario usufruire di cordoni propri. Il passo per uscire dal tetto è particolarmente atletico e richiede un bel colpo di reni per essere eseguito. Oltre le difficoltà una rampetta appoggiata porta alla base dell’ultimo muretto che si supera facilmente grazie alle fonde spaccature nella roccia. Si sosta raggiunta la sommità della parete su corde attorno a clessidra artificiale. 30m, 6a+/6b.

Simone alle prese con le ultime difficoltà, 6a+/6b.
Via che si sviluppa su roccia molto bella e solida dove è necessario prestare attenzione solo in pochi punti. Le soste sono sempre buone e molte di esse sono “aeree”. La chiodatura è ottima nei tratti più difficili, da sufficiente a buona nel resto della via. Nel complesso una linea facile e divertente consigliata per chi vuole provare qualche passaggio più “duro” in tranquillità.