Vecchi, disonesti e insoddisfatti

Con ancora qualche sporadica chiazza di neve permasta dalla nevicata di inizio dicembre ci dirigiamo verso Mandrea per godere del caldo sole mattutino che illumina per bene tutta la parete. Con l’intenzione di effettuare una toccata e fuga senza particolare voglia di impegno eccessivo la scelta ricade sulla via “Vecchi, disonesti e insoddisfatti” alla parete Fabio Giacomelli.

Il primo tiro segue il bel diedro fessurato con passaggio iniziale fisico in dulfer per superare i primi metri. Una volta che si riescono a sfruttare entrambe le pareti in spaccata la salita diviene più facile grazie all’equilibrio naturale che si va a creare. Si prosegue quindi a piccoli passi, mani in fessura e piedi che si muovono in alternanza passando da un appoggio all’altro. Solo verso la fine del diedro un ultimo passaggio più ostico costringe ad un piccolo allungo per raggiungere con le mani la comoda base della cengia dove, oltre a due massi staccati, è presente la sosta attorno ad un albero. Attenzione nel rimontare sul terrazzo in quanto i massi, soprattutto il più piccolo dei due, mostrano segni di cedimento e sarebbe meglio non farci tropo affidamento. 20m, 5c.

Simone in partenza, 5c.

La seconda lunghezza traversa verso sinistra aggirando lo spigolo della parete. L’arrampicata è totalmente d’equilibrio con buoni appoggi per i piedi e le mani alla ricerca delle prese migliori per rimanere attaccati alla roccia. La chiodatura, estremamente ravvicinata, permette eventualmente di azzerare. Oltrepassato lo spigolo si continua in verticale lungo la bella placca fessurata fino a rimontare un piccolo terrazzino sulla destra dove è possibile tirare un po’ il fiato prima dei metri finali. Qui la progressione risulta essere più tecnica con movimenti piuttosto obbligati per passare da una fessura all’altra. Obliquando verso sinistra si raggiunge infine la sosta aerea. 30m, 6b.

Martina al termine della seconda lunghezza, 6b.

Il terzo tiro prosegue lungo la bella placca che si sviluppa oltre la sosta con arrampicata prevalentemente d’equilibrio su piccole prese. Dopo un breve tratto verso sinistra la linea prosegue obliquando verso destra, sempre su placca solida e compatta, fino a quando la parete inizia ad appoggiarsi sensibilmente. Qui una fessurina obliqua conduce direttamente alla sosta al di sopra di un piccolo terrazzino. Nonostante le difficoltà siano contenute molti passaggi sono delicati, sempre alla ricerca dell’equilibrio migliore. 30m, 5c.

Simone sulla bella placca del terzo tiro, 5c.

L’ultima lunghezza approccia il pilastrino fronte alla sosta con movimenti non sempre di facile interpretazione. Dopo alcuni metri di progressione il pilastro lascia spazio ad una larga placca intermezzata da una lunga rampetta che obliqua verso sinistra. Senza particolari difficoltà la si segue rimanendo in piedi su di essa fino a che non termina. Si torna quindi a salire in verticale in direzione del minuto tettino soprastante che si supera atleticamente sfruttando le comode maniglie sommitale raggiungibili in allungo un po’ faticosamente. Oltre il tettino una bella fessura verticale condice direttamente alla cengia di fine via dove si sosta su di un albero attrezzato. 30m, 5b.

La linea dell’ultimo tiro, 5b.

Via dai gradi contenuti ma molto bella e ben protetta, davvero meritevole. Tutte le lunghezze sono divertenti ed offrono diversi stili di arrampicata. Peccato solo per la lunghezza limitata.

Molla Tutto

Per l’ultimo weekend prima del cambio dell’ora e dell’arrivo delle giornate corte ci dirigiamo verso la parete di Mandrea per approcciare la via “Molla Tutto”, ingolositi dalle difficoltà contenute e dalle generose 4 stelle su 5 in bella mostra sulla relazione a nostra disposizione. Purtroppo però, allo stato attuale delle cose, la via, almeno per quanto riguarda la parte alta, è ingombra di vegetazione che disturba veramente tanto la progressione. Anche il primo dei due tiri d’uscita, aggiunti in seguito all’apertura della via, ospita roccia molto scadente e non avvalora, assieme al tiro successivo, una salita che, a parte i due tiri iniziali, non offre soddisfazioni particolari.

Il primo tiro risale il muretto oltre l’attacco della via, con passo iniziale fisico, che in breve permette di raggiungere una rampa che obliqua verso destra. Si procede su di questa mantenendo i piedi in aderenza e le mani sulle poche prese disponibili quà e là sulla parete di sinistra che costeggia la rampa. Circa a metà è presente il passo chiave del tiro: abbandonando la parete di sinistra si punta ai terrazzini lisci presenti su quella di destra con movimento in aderenza dove è abbastanza evidente, dal colore della roccia, che nel mezzo qualcosa di fondamentale si sia staccato durante una ripetizione precedente. Per passare è ora necessario tenere e spallare uno scomodo bidito giallo, all’interno della fessura che separa la rampa dalla parete principale, con passo particolarmente intenso. Si entra quindi nel tratto finale della rampa che qui sale più verticale usufruendo anche del diedro di sinistra. Ci si incastra al suo interno per guadagnare i primi centimetri e si esce appena possibile per sfruttare, in spaccata, entrambe le pareti. Senza ulteriori difficoltà si giunge alla prima sosta su piccola cengia. 30m, 6a+ dichiarato, probabile 6b+.

Martina al termine del primo tiro, 6a+.

La seconda lunghezza riparte a sinistra della sosta lungo breve placchetta appoggiata che conduce alla base di una seconda rampa che, sviluppandosi verso destra, ci accompagnerà per il resto del tiro. Qui una pianta di fico molesta rende complesso il passaggio iniziale per guadagnare le prime prese comode. Come per la lunghezza precedente anche qui si procede con i piedi in aderenza sulla rampa liscia e con le mani alla ricerca delle prese migliori. Movimenti ponderati e ben studiati sono fondamentali per non bruciarsi subito dopo pochi metri dato che in alcuni punti un uso intelligente del corpo consente anche di tirare un po’ il fiato. Il tiro è comunque duro ed ingaggiante ma di garantita soddisfazione se salito in libera senza pause sulla corda! Il passo in uscita dalla rampa è particolarmente ostico e richiede buona coordinazione, forza ed equilibrio, ma una volta raggiunto il termine si risale facilmente il terrazzino. La via prosegue ora nel diedro di sinistra in direzione degli arbusti soprastanti che, a tratti, ostacolano il passaggio e lo rendono più difficoltoso di quanto sia. Un’ultima placchetta porta alla cengia finale che, seguita verso destra, porta al terrazzino dove è presente la sosta costituita di cordoni e moschettone. 35m, 6c.

Il terzo tiro traversa verso sinistra la liscia placconata che permette di raggiungere sezioni di roccia più arrampicabili. Questo tratto è infatti da eseguire completamente in artificiale e sole pochissimi metri, se non centimetri, possono essere percorsi in libera. Oltre il panorama, il tiro, non offre grandi emozioni se non l’ebrezza di penzolare tra un fix e l’altro. L’azzeramento può inoltre risultare piuttosto faticoso se si è bassi visto che alcuni spit sono belli distanziati. 25m, A0.

Martina rassegnata sul traverso della terza lunghezza, A0.

La quarta lunghezza prosegue brevemente verso sinistra addentrandosi nello sporco diedro terroso oltre l’alberello con il cordone rosso. La linea inizialmente non è ben visibile ma mano a mano che si sale diviene più evidente. L’arrampicata è spesso disturbata da vegetazione soptattutto al termine dei muretti e nelle fessure che di conseguenza sono meno marcate e più scomode da tenere. Oltre la metà del tiro, evitando di addentrarsi nel canale boschivo, si esce verso sinistra su placca più bella e compatta. Questa, seppur breve, è molto bella e lavorata a gocce taglienti di un certo diametro. Al termine della placca un grande tetto con roccia a scaglie costringe ad una deviata verso destra dove, dopo pochi metri, si incontra la sosta. 40m, 6a.

Lo sporco inizio della quarta lunghezza, 6a.

Il quinto tiro prosegue a destra del tetto per aggirarlo, dapprima continuando sulla placca a gocce precedente ed in seguito entrando in un bel diedro che inizialmente sale facile ma con uscita non banale. Il consiglio qui è quello di non infilarsi nella fessura di sinistra, in quanto risulterebbe poi complesso uscirne, ma piuttosto di affrontare direttamente la placca di destra sfruttando i rovesci presenti attraverso un’arrampicata comunque atletica e non semplice. Terminata la placca si prosegue in verticale su rocce rotte che culminano su di un terrazzino con alberello. Qui si attrezza la sosta. 35m, 6a+.

Simone sul quinto tiro, 6a+.

La sesta lunghezza, così come la abbiamo trovata, non è di facile lettura e non si capisce bene dove salire. Ovunque si guardi la parete è o ingombra di vegetazione oppure composta da roccette che non danno molto senso di stabilità. Le prime protezioni non sono visibili direttamente dalla sosta ma nascoste dagli arbusti e si notano solo dopo alcuni metri di progressione. Si sale verso sinistra rimontando un breve muretto al cui termine si palesa una bella placchetta di movimento con generose fessure ma passaggi in aderenza per passare da una fessura all’altra. Al termine della placca si continua su rocce rotte e brevi diedrini fino ad uscire sulla cengia soprastante dove, proseguendo verso sinistra, si incontra la sosta alla base del muro giallo. 40m, 6a.

Simone tra le fresche frasche della sesta lunghezza, 6a.

Il settimo tiro rimonta gli strapiombi caratterizzati da grossi massi staccati che spiovono oltre la sosta. A dire la verità la qualità della roccia in questo tratto è veramente pessima, ogni blocco suona a vuoto ed ogni movimento è una preghiera affinchè nulla ceda. A favore c’è invece la chiodatura, sempre ottima e ravvicinata, che riduce di poco il senso di precaria instabilità che si vive durante la progressione. L’arrampicata è fisica e continua, spesso con allunghi importanti, ma il tiro è piuttosto breve e passa velocemente. 15m, 6a+.

La roccia a blocchi del settimo tiro, 6a+.

L’ultima lunghezza presenta il medesimo stile della precedente su roccia però decisamente più compatta e sana. Il primo passo è particolarmente complesso e richiede buona forza nelle dita oltre che ad una certa agilità. I passi successivi, sebbene fisici, si svolgono su buone e fonde prese e si può facilmente fermarsi a riposare di tanto in tanto. Si esce verso destra in direzione di un albero oltre il quale è presente l’ultima sosta. 30m, 6b.

Martina in uscita dalla via (finalmente), 6b.

Rimaniamo con il beneficio del dubbio che al momento dell’apertura la via vigeva in condizioni migliori. Allo stato attuale non è sicuramente da 4 stelle e probabilmente non si avvicina nemmeno alle 3. Ci sarebbe da fare un grande lavoro di pulizia in generale, soprattutto sui tiri oltre il terzo, dove la natura si sta piano piano riappropriando dei propri spazi. La chiodatura quasi sempre ravvicinata permette comunque una salita piuttosto sicura ed i passaggi difficili possono essere azzerati. Via non bocciata ma rimandata.

Karlovacko

Tra il Pilastro Tibet ed il pilastro Poero, a Mandrea, si estende la parete Fabio Giacomelli: una breve fascia rocciosa, non molto alta, che ospita interessanti itinerari, soprattutto per le mezze giornate con tempo incerto. Karlovacko è uno di questi, capace di offrire un’arrampicata divertente e a tratti impegnativa, come la partenza del primo tiro e l’uscita dalla via. La chiodatura risulta essere ottima e ravvicinata e le difficoltà possono essere dunque livellate in qualsiasi momento.

Il primo tiro parte subito con un tratto di difficile lettura, su placca gialla costituita da buchetti e da piccoli conglomerati. Sebbene la linea degli spit si sussegue verso sinistra, almeno per i primi metri la progressione si svolge a destra rispetto quest’ultima, alla ricerca delle prese migliori. Inizio molto intenso ed impegnativo, soprattutto se affrontato a freddo. La chiodatura è comunque ottima e ravvicinata e permette un’eventuale azzeramento. Superato il terzo rinvio ci si riporta verso sinistra per proseguire su lama grigia che termina su di un piccolo terrazzino con alberello. Qui le difficoltà terminano e la linea continua pochi metri lungo un solido diedro, leggermente appoggiato verso destra, fino alla sosta ottimamente attrezzata. Forse perchè non ci siamo scaldati bene ma la placchetta iniziale ci è sembrata più severa del 6b dichiarato. 20m, 6b?/A0.

Il duro tratto subito in partenza alla via, 6b?/A0

La seconda lunghezza riparte verticale su muretto grigio leggermente strapiombante, ma ben manigliato lungo tutta la sua estensione. Il tratto in strapiombo è comunque molto corto e non pone troppa resistenza. In breve tempo ci si trova, quasi senza accorgersene, alla base di una placchetta grigia e compatta, lavorata a buchi belli fondi che è un piacere affondarci le mani. Solo l’ultimo tratto quest’ultima presenta qualche difficoltà aggiuntiva. Qui, infatti, la parete inizia a fare pancia e le prese si fanno via via più rare mano a mano che si sale fino all’uscita dove il terriccio e la vegetazione sommitale non aiutano di certo la progressione. La sosta è posta pochi metri a destra rispetto all’uscita dalla placca. 20m, 6a.

La partenza e l’uscita del secondo tiro, 6a.

Il terzo tiro inizia obliquando verso sinistra seguendo una piccola cengia che porta alla base di una semplice placchetta al cui termine è presente un piccolissimo tetto. La parte bassa di quest’ultimo è ben appigliata e di facile risalita, mentre il tratto superiore presenta difficoltà ben maggiori e movimenti più di equilibrio. L’arrampicata è intensa e piacevole. L’ultimo tratto del tiro, purtroppo, attraversa una fascia di rocce rotte abbastanza instabili su cui è necessario prestare massima attenzione, soprattutto se sono presenti altre cordate. Le difficoltà sono in ogni caso contenute e si giunge in breve alla comoda sosta. 15m, 6a.

Simone sulla terza lunghezza, 6a.

La quarta ed ultima lunghezza si sposta verso il diedro, posizionato leggermente a destra rispetto alla sosta, senza mai entrarci veramente, se non per un brevissimo tratto al suo ingresso, ma sfruttando piuttosto la bella e compatta placconata che ci corre affianco. I primi metri del tiro consentono infatti di raggiungere, tramite facile arrampicata, la base di questo bel muro. Nella parte inferiore di esso si usufruisce del diedro per una manciata di metri, fino a raggiungere una fessura che corre verticale sulla destra. Sfruttando quest’ultima si sale in aderenza la placca con passaggi a volte non semplici ma di grande soddisfazione fino a raggiungere un piccolo terrazzino. Qui la fessura termina e rimane da scalare un tratto severo in pura placca, con prese per le mani molto esigue e per i piedi quasi assenti. E’ possibile azzerare quest’ultimo tratto ma, viste anche le protezioni ravvicinate, almeno un tentativo in libera è d’obbligo! La difficoltà proposta qui è 6b+ ma è, con molta probabilità, sottostimata di qualche grado. Si esce su rampa terrosa e alberata che in breve porta alla comoda cengia soprastante dove si sosta. 30m, 6b+/A0.

Martina alle prese con la compatta placca dell’ultimo tiro, 6b+?/A0.

Karlovacko è una via breve ma interessante, peccato che in alcuni tratti, molto probabilmente a causa delle poche ripetizioni, la roccia risulta essere un po’ polverosa. Noi ci siamo divertiti nel salirla e ci sentiamo di consigliarla. Seppur breve è in grado di regalare una piacevole mezza giornata e se non bastasse è sempre possibile avventurarsi sulle altre linee della parete.

Ego Trip

Giornata grandiosa sulla fantastica parete di Mandrea. Star indiscussa la via Ego Trip, 300 metri adrenalinici di arrampicata mai banale, tra placche compattissime e qualche breve tratto strapiombante. Stupende sono le due lunghezze di 6b+ intermedie ed il penultimo tiro della via con panorama di tutto rispetto.

Il primo tiro si articola su un lieve traverso in aderenza da sinistra verso destra, su roccia ottima e senza troppe difficoltà tecniche sino a raggiungere i 2 spit della sosta. (5b).

La seconda lunghezza segue la falsa riga della precedente, con arrampicata divertente in aderenza su gocce. (5b).

Il terzo tiro richiede decisione e rapidità di movimento, essendo il più “fisico” di tutta la via. Arrivati sotto il tetto si riposa quanto basta per affrontare l’asperità e con passi atletici lo si rimonta. Le prese sono comunque buone e lo sforzo è abbastanza contenuto. La parte superiore del tiro procede tranquilla fino alla sosta. Il tetto è scalabile anche in A0 senza difficoltà. (6a+ oppure A0).

La quarta lunghezza rimonta un muretto grigio verticale molto aderente dove lo spostamento di equilibri fa la differenza tra le imprecazioni e la chiusura in scioltezza. (6a).

IMG-20171105-WA0004
Spoiler: Umberto all’uscita della via.

La quinta lunghezza parte facile su placca tanto appoggiata quanto anonima per poi terminare con 6 metri di muretto grigio abbastanza difficile da decifrare. Alla sua base l’impressione che si ha è che la linea più logica da seguire sia proseguire stando quanto più a destra possibile fino a quasi la sua sommità, per poi traversare a sinistra e rimontarlo. In realtà il traverso da destra a sinistra è tutt’altro che semplice e richiede molta resistenza e precisione nei movimenti. La soluzione migliore è quella di procedere dritti per dritti tralasciando la crepa sulla destra. In questo caso l’arrampicata è più lineare ed elegante e consente l’uscita dalla difficoltà con meno passaggi e più energie (6b oppure A0).

Il sesto tiro è secondo noi il tiro chiave della via, nonostante molte relazioni attribuiscono tale etichetta alla lunghezza successiva. La costanza nella difficoltà e l’asperità del singolo di 6b+ rendono il tiro veramente bello e divertente. Data la vicinanza delle protezioni si può decidere di salire in artificiale in caso di non riuscita in libera. Il traverso ad inizio lunghezza vale tutto il giro, è bastardo e non ti regala nulla, se non la soddisfazione di averlo superato. Da qui alla sosta ci sono altri 15 metri comodi di arrampicata su bellissimo muretto strapiombante che concede a chi li cerca, tutti i resting necessari per recuperare le energie tra un passaggio boulderoso e l’altro. (6b+ oppure A0).

La settima lunghezza ricalca le orme della precedente, arrampicata sempre di attenzione e di ricerca del migliore equilibrio possibile per non spendere troppe energie e non sentirsi sempre in tiro. Rispetto al sesto tiro le difficoltà sono leggermente inferiori se si riesce a leggere bene i passaggi chiave, per tutti gli altri è comunque (non) arrampicabile in A0. (6b/6b+ oppure A0).

IMG-20171105-WA0022
Simone superata l’asperità del 7° tiro.

L’ottava lunghezza è un zigzag tra un albero e l’altro, tra zone erbose e rocciose. La difficoltà più grande è recuperare le mezze corde una volta giunti alla sosta. (5c/6a).

Le meraviglie del nono tiro sono indescrivibili. Meravigliosa è la roccia, meravigliosi sono i buchi erosi dall’acqua, meravigliosa è la linea, meravigliosa è l’esposizione e meraviglioso è il panorama. E’ un tiro indescrivibile, assolutamente da goderselo in intimità. (6a).

IMG-20171105-WA0012
Simone sul 9° tiro.

L’ultima lunghezza è lì solo perché calarsi dalla via risulterebbe difficoltoso. Non avvalora la via in sè, ma l’ideale di raggiungere la vetta. (5b).

La via nel complesso è molto divertente e vale la pena salirla almeno una volta, soprattutto per coloro a cui piacciono le soste volanti. Il sesto, il settimo ed il nono tiro sono quello che ogni arrampicatore cerca.