Via del Dottore

Scendiamo in valle del Sarca in direzione di Dro intenti ad affrontare una via alle Coste dell’Anglone di primo mattino. Le giornate di inizio settembre sono ancora calde ma non soffocanti ed il sistema di diedri di cui è composta la fascia rocciosa permette spesso di arrampicare in ombra. Anche la vegetazione presente aiuta a non soffrire troppo. L’intento è quello di salire la linea “Te lo do io il Colorado” ma sbagliando da subito il primo tiro ci ritroviamo alla prima sosta della via accanto, la “Via del Dottore”, che decidiamo di terminare.

Il primo tiro parte poco a destra rispetto all’attacco della via “Te lo do io il Colorado” di cui saliamo giusto i primi 5 metri per collegarci immediatamente alla base del corridoio ricavato in mezzo alla vegetazione. La parete qui è appoggiata e si arrampica prevalentemente su placca scaglionata. Le protezioni in questo tratto sono assenti ma è possibile usufruire degli arbusti laterali per rendere la progressione più sicura. Al termine del corridoio si giunge su di un terrazzino che anticipa un muretto da superare atleticamente sfruttando la rampetta che obliqua verso destra almeno per i primi metri. Al di sopra del muretto è presente la sosta su due chiodi uniti da cordone. 40m, III.

Martina in arrivo alla prima sosta, III.

La seconda lunghezza riparte oltre la sosta risalendo inizialmente il muretto di sinistra ed affrontando la placchetta seguente con decisione. Tramite arrampicata di aderenza, su parete leggermente appoggiata, si raggiunge un piccolo arbusto e si continua lungo la placconata successiva con progressione analoga. Al termine si sbuca su di una grande terrazza detritica che si oltrepassa dirigendosi in direzione di un grosso arbusto a destra di una serie di roccette rotte che conducono, senza ulteriori difficoltà, alla sosta posta all’interno di una nicchia. 45m, IV+.

Gli ultimi metri del secondo tiro, IV+.

Il terzo tiro prosegue lungo la bella placconata di destra dove sono ben visibili una coppia di cordoni a dettare la linea da seguire. Con arrampicata divertente si raggiunge il primo dei due e si prosegue in direzione del secondo posto al centro di una liscia placconata. Qui il passo chiave della lunghezza che obbliga a rimanere a braccia distese lungo le fessure laterali e a lavorare bene con i piedi in aderenza per vincere le difficoltà. Ci si trova così al di sopra di una larga cengia con evidente camminamento che conduce senza problemi all’albero di sosta. 25m, IV+.

Simone all’inizio della terza lunghezza, IV+.

La quarta lunghezza riparte a sinistra dell’albero di sosta raggiungendo, dopo un paio di metri di camminata su fondo detritico, la parete principale. Questa è molto bella da scalare, formata principalmente da un susseguirsi di pilastrini che si vincono seguendo la linea dettata dai chiodi a parete, obliquando costantemente verso sinistra fino a che non si sbuca alla base di una placconata chiusa da diedro giallo. Lungo la placca l’arrampicata è di aderenza ed equilibrio ed un cordone attorno a clessidra protegge i movimenti chiave. Poco dopo, prima di raggiungere il diedro, è possibile inserire un friend piccolo per garantire maggiore sicurezza. Giunti al diedro si continua al suo interno, su roccia a grumoli, fino a raggiungere, in breve, la sosta formata da cordone attorno a grossa clessidra. 40m, V.

Il bel diedro finale della quarta lunghezza, V.

Il quinto tiro termina il diedro proseguendo a destra della sosta ed aggirando un’evidente pancia. Si prosegue ora in verticale superando una coppia di cordoni e raggiungendo così un marcato strapiombo dove è presente il passo chiave del tiro. Lo strapiombo viene superato verso sinistra e rimontato con passo atletico su piccole prese per le mani. Se non si riesce a passare in libera è presente un lungo cordone adibito appositamente per azzerare. Ricordandosi di allungare bene le protezioni si continua ora lungo il diedrino di sinistra che si supera prestando attenzione alla qualità della roccia che in questo tratto è abbastanza scadente. Una volta al di sopra del terrazzino si supera un arbusto e si rimonta un secondo terrazzo al di sopra del quale è presente una comoda sosta. 20m, V+.

L’inizio del quinto tiro, V+.

La sesta lunghezza riparte per qualche metro lungo il diedro che si sviluppa a partire dalla sosta. Questo in breve termina lasciando spazio ad una placca compatta che aggira lo spigolo della parete fino a raggiungere un canale alberato. Si traversa in placca con arrampicata prevalentemente di equilibrio. I numerosi chiodi lungo il percorso rendono la progressione sicura e spensierata ed in men che non si dica si raggiunge la base del canale con passo finale leggermente più delicato. Il canale è ingombro di vegetazione e lo si abbandona quasi immediatamente in favore dello spigolo di sinistra decisamente più interessante anche se non sempre solido. A metà spigolo è presente un chiodo che si supera per affrontare la facile pancia che conduce alla sosta su grande arbusto. 25m, VI.

La partenza della sesta lunghezza, VI.

Il settimo tiro sale a sinistra dell’albero di sosta dove inizia un breve muretto che muta in rampa ascendente dopo poco. Si giunge presto su cengia terrosa prima di ripartire lungo la parete successiva. Qui la linea porta ad aggirare lo spigolo di destra della placca entrando così all’interno di un diedro con bella lama verticale sulla destra. La parete di sinistra è qualitativamente peggiore e si sfrutta solamente per qualche appoggio saltuario. Terminata la prima sezione del diedro si superano alcuni risalti rocciosi prima di giungere alla seconda parete. Qui, sulla parete di sinistra, è presente un chiodo rosso che si supera agguantando le comode prese subito sopra e rimontando il pilastrino. Un ultimo passaggio in aderenza, su placca polverosa, permette infine di raggiungere il terrazzino dove si sosta su cordini attorno a grande clessidra. 40m, V.

Martina in arrivo alla settima sosta, V.

L’ottava lunghezza supera la bella placconata appoggiata e molto fessurata che si sviluppa a sinistra della sosta. L’arrampicata qui è semplice e non ci si mette molto a raggiungere il termine della paretina. Qui un cordone sancisce l’inizio di un traverso che si svolge all’interno di un corridoio boschivo dove la difficoltà maggiore sta nel non scivolare ad ogni passo visto il fondo inclinato e composto di terriccio e fogliame. Ogni tanto qualche roccia quà e là garantisce maggiore stabilità. Faticosamente si raggiunge la base di un diedro dove si sosta. 40m, III.

La placca appoggiata dell’ottava lunghezza, III.

Il nono tiro affronta il bel diedro fessurato che parte dalla sosta. L’arrampicata è fisica ma piacevole, con i piedi costantemente lungo la rampa della parete di destra e le mani che si spostano all’interno dell’accogliente fessura. Verso il termine di questa è presente il passo più sostenuto del tiro. Qui infatti la rampa si fa più verticale e la fessura lascia spazio a presette meno nette e più scomode. Con passo deciso si raggiunge il terrazzino che prosegue in direzione di una placchetta che si aggira verso destra rimontandola lungo il tratto più semplice. Un alberello può essere utilizzato per proteggere l’uscita sulla cengia successiva dove si sosta su solido arbusto. 35m, V+.

L’inizio del nono tiro, V+.

La decima lunghezza prosegue lungo la placchetta appoggiata oltre la sosta. Si arrampica in direzione di un cordoncino azzurro che si raggiunge senza troppe difficoltà. Dal cordone si continua obliquando verso sinistra, in direzione del grande diedro, giungendo su di una breve cengia. Qui la parete si verticalizza sensibilmente ed iniziano le difficoltà. La linea non è evidente visto che non sono presenti protezioni visibili, e comoe riferimento si sale il pilastro fessurato subito a destra del diedro. Ci si protegge a friend fino a che si giunge ad un cordone bianco al termine del diedro dove si inizia a salire la placca subito a destra passando tre cordoni neri e raggiungendo il cordone di sosta. 45m, IV+.

Le roccette all’inizio della decima lunghezza, IV+

L’ultimo tiro è breve e permette di raggiungere il culmine della parete attraverso placchetta finale. L’arrampicata è semplice complice anche la pendenza della fascia rocciosa in questo tratto. Terminata la placca si piega verso sinistra in direzione di un evidente cordone bianco che anticipa la sosta finale. Per raggiungerlo si supera un muretto caratterizzato da roccia instabile ma con difficoltà limitate. Un ultimo passo verso sinistra permette di guadagnare il terrazzone finale e sostare su di un arbusto. 20m, IV.

In arrivo in cima alla parete, IV.

Via piuttosto discontinua con molti terrazzamenti che si alternano a numerose paretine rocciose le quali offrono però punti di arrampicata interessanti. Le difficoltà sono piuttosto omogenee lungo tutto l’itinerario e solo alcuni sassi isolati impegnano più della media. Questi risultano comunque ben protetti ed azzerabili se necessario. La guida di Arco le assegna una sola stella su cinque ma a nostro parare è una valutazione che non rende giustizia agli apritori. Risulta essere nel complesso una salita plaisir interessante per passare una bella giornata in parete.

Diedro Rosso

Con gli europei di ciclismo a Trento aggiriamo il traffico cittadino accentuato dall’evento e ci dirigiamo verso Dro. Visto il caldo ancora pressante, per essere la seconda settimana di settembre, decidiamo di provare qualcosa di corto e tranquillo. L’occhio cade sul “Diedro Rosso” alla Piramide Lakshmi che dovrebbe offrire qualche tratto alpinistico misto a sezioni sportive sui tiri più duri.

Il primo tiro inizia salendo a destra della larga fessura verticale, su roccia scadente per i primi metri, fino a raggiungere un alberello con cordone. Qui inizia un lungo traverso verso destra, dove la roccia migliora sensibilmente, che si snoda orizzontalmente alla base dei tettini soprastanti. Le numerose clessidre offrono molteplici protezioni e rendono il traverso sicuro e divertente. Purtroppo le poche ripetizioni della linea fanno si che la roccia sia parecchio sporca soprattutto nel tratto verticale di fine lunghezza dove terra e foglie la fanno da padrone ed è spesso necessario soffiarle via per trovare le prese. Ultimato il traverso una serie di chiodi ben visibili definiscono la linea da seguire: con passo semplice si supera un primo tettino e si prosegue, prestando attenzione ai sassi mobili, leggermente verso destra in direzione di un canalino alla cui base è presente uno spit ed un anello per la sosta. 35m, V+.

Simone al termine del traverso del primo tiro, V+.

La seconda lunghezza prosegue diritti oltre la sosta in direzione di un evidente chiodo arancio che si lascia sulla destra deviando nel canale di sinistra fino a raggiungere un terrazzino boscoso alla cui base penzola un cordone nero un po’ nascosto dalla vegetazione. Dal cordone, in verticale su bella placconata solida, si incontrano una serie di clessidre con cordoni il cui ultimo, bianco, suggerisce di iniziare un breve traverso verso sinistra, su cengetta terrosa, fino ai 2 spit di sosta posizionati al di sotto di un piccolo tettino. 37m, V.

Martina sul traverso finale della seconda lunghezza, V.

La linea del terzo tiro non è di facile individuazione. Si parte aggirando la nicchia di sosta verso sinistra per poi ritornare sulla verticale ignorando il diedro di sinistra e proseguendo piuttosto sulla placchetta fino ad una piccola cengia dove è possibile intravedere un cordone nero. Raggiunto quest’ultimo, e prestando attenzione alle roccette dove appoggiare i piedi, si rimonta il blocco e ci si districa tra gli ultimi arbusti fino alla facile rampetta che conduce alla sosta. 35m, IV.

La quarta lunghezza sale il bellissimo diedro arancio che si sviluppa a destra della sosta e che si raggiunge tramite un breve traverso. La roccia lungo tutta la lunghezza è ottima e solida, ruvida per via dei numerosi piccoli grumi che la caratterizzano. L’arrampicata è tranquilla e piacevole con passaggi divertenti e meritevoli, contornati da ottima chiodatura a spit che rende il tiro molto sicuro. Si parte nel diedro sfruttando, dove possibile, entrambe le pareti fino a rimontare un masso poco sotto la metà della lunghezza. Da qui ancora in diedro fino ad un cordone dove si sfrutta la placca di destra per 3-4 metri per poi rientrare nel diedro verso la fine. Unica nota dolente è che l’uscita del diedro è parecchio sporca e tutte le prese, al nostro passaggio, erano coperte da uno spesso strato di sabbia fine e assai fastidiosa. La sosta di fine tiro si trova pochi metri a destra della fine del diedro su comoda cengia alberata. 25m, VI.

Martina impegnata sul bel diedro della quarta lunghezza, VI.

Il quinto tiro supera elegantemente la placchetta che si sviluppa verso destra, sempre su roccia ottima e grumosa. Il primo tratto è piuttosto facile ma mano a mano che si prosegue il grado inizia a farsi sentire. Si passa un delicato traverso con bella spaccata in equilibrio e si continua in verticale con squat delicato, belli spalmati a parete. Una volta in piedi le difficoltà sono pressochè terminate. Si prosegue quindi aggirando lo spigolo dove la linea scende per circa un metro su rampetta per i piedi e bei buchetti a gocce per le dita. Giunti sulla piccola cengia sottostante si torna in traverso verso destra raggiungendo la rampa placcosa che obliqua, sempre verso destra, senza difficoltà particolari. Si raggiunge in breve la sosta dove la pendenza è meno accentuata. 20m, VI+.

Simone sulla placca iniziale del quinto tiro, VI+.

La sesta lunghezza prosegue verso destra seguendo il punto più debole della parete. Dapprima si aggira una piccola protuberanza per continuare poi lungo il facile diedro al cui centro è possibile vedere un cordone. Proseguendo ancora verso destra si giunge ad una placchetta su cui è presente un chiodo due metri sopra il quale si trova la sosta. Le difficoltà del tiro sono molto limitate e le protezioni scarseggiano. 18m, III.

Il facile traverso del settimo tiro, III.

La settima lunghezza risale il muretto oltre la sosta ed il ben visibile diedro manigliato per poi addentrarsi nel boschetto sommitale. Il primo tratto è poco protetto ed il primo chiodo si trova quasi alla fine del diedro. Le difficoltà, tuttavia, sono limitate se non fosse per un ostico passaggio atletico subito in partenza. Una volta entrati nella zona boschiva si prosegue leggermente a sinistra fino a raggiungere una pianta con cordone nero. Da qui ci si incammina verso destra lungo la fastidiosa rampa terrosa al cui termine una cengia, che si sviluppa verso sinistra, invita ad essere seguita. Sostare sull’albero prima della clessidra nera. 30m, V.

Simone all’inizio dell’ottava lunghezza, V.

Le difficoltà sono ormai terminate e l’ultimo tiro è quasi una formalità. Dalla sosta si procede verso sinistra su facili roccette dove si trova un bullone senza spit. Terminate le rocce si comincia a risalire verticalmente e, dopo poco, si iniziano ad intravedere i bolli rossi che indicano il sentiero di uscita. Consigliamo di attrezzare la sosta su di un albero il prima possibile per evitare l’eccessivo attrito delle corde. 15m, III.

Gli ultimi balzi rocciosi al termine della via, III.

Nel complesso una via che guadagna un senso solo grazie ai 2 tiri centrali e parzialmente per il traverso del primo tiro. Per il resto l’arrampicata si svolge lungo rocce sporche intervallate da numerosi terrazzini. Nonostante questo ci sentiamo di consigliarla almeno a chi è alla ricerca di qualcosa di particolare e che ha già fatto quasi tutto in valle.

Nonni Sprint

Con la riapertura dei confini comunali siamo finalmente riusciti a spostarci in valle del Sarca per effettuare la prima salita stagionale. La meta è Dro, la parete è quella della Piramide Lakshmi. Nonni Sprint è una di quelle vie che da tempo era segnata nel taccuino dei possibili itinerari da salire come ripiego nel caso quelli limitrofi, e più interessanti, fossero presi d’assalto. Questa volta però è toccato proprio a questa alternativa visto che sulla prima scelta della giornata erano gia presenti alcune cordate. La guida la valuta 3 stelle su 5, almeno un pò di fascino dovrebbe averlo no?

Il primo tiro inizia, con arrampicata semplice e prevalentemente di movimento, salendo l’evidente rampetta che obliqua verso destra. Al termine di essa una placchetta in leggero strapiombo, abbastanza ben appigliata, ci riporta verso sinistra dove sono presenti 3 chiodi uniti da un lungo cordone nero come rinforzo. Da qui inizia un breve traverso, ancora verso sinistra, che passa sotto ad un albero con cordone penzolante e riporta sulla verticale rispetto all’assicuratore sottostante. Oltrepassato l’albero la linea prosegue verticalmente giungendo ad un tratto delicato in placca un po’ sprotetto e con pochi appigli sia per mani che per piedi. Qui prestare attenzione perchè quel poco che c’è non è proprio stabile. L’ultimo tratto del tiro continua lungo una poco marcata fessura che in breve porta ad un terrazzino molto sporco sopra il quale è presente un grosso albero per la sosta. Il tiro è abbastanza contorto e sporco, si capisce subito che la via è stata ripetuta poche volte. L’attrito delle corde si sente notevolmente già a partire dalla placchetta finale, consigliamo quindi di rinviare le doppie intelligentemente! Anche il grado a nostro parere è un pò stretto, potrebbe essere tranquillamente almeno mezzo grado in più. 35m, VI.

L’inizio della prima lunghezza, VI.

Il percorso della seconda lunghezza non è chiaro, complice la vegetazione che sta iniziando a prendere il possesso della poca roccia nuda permasta. Si supera l’albero di sosta sulla sinistra e si risale la rampa puntando ad un grosso albero dove è possibile scorgere un paio di cordoni. Sotto l’albero la rampa è completamente coperta di terra, prestare attenzione a non scivolare. Oltrepassata la vegetazione, secondo la recensione, dovrebbe esserci una traccia che entra nella boscaglia di sinistra fino alla prossima sosta. Purtroppo al momento del nostro passaggio la vegetazione era veramente folta e non abbiamo identificato nessun passaggio tra le frasche. Siamo quindi proseguiti verso destra sulla rampa rocciosa fino ad aggirare completamente il boschetto. Raggiunto un masso staccato abbiamo facilmente traversato 3 metri verso sinistra fino a giungere ad un albero da dove è visibile il proseguo del tiro successivo (chiodo brillante piantato di recente). Qui abbiamo atrezzato una sosta. Guardando verso il basso si riesce a scorgere un cordone nero su un muretto in mezzo al bosco, presumiamo quindi che questa sia effettivamente la sosta corretta. 35m, III.

Simone in partenza e Martina in uscita al secondo tiro, III.

Il terzo tiro risale le rocce rotte soprastanti gli alberelli di sosta fino a raggiungere una piccola cengia dove si prosegue lungo un’evidente fessura in placca in cui sono ben visibili una serie di chiodi arruginiti. La roccia nel primo tratto non è bella e bisogna fare attenzione a quello che si tiene. Giunti alla placca la storia cambia: la roccia si fa più solida e anche la qualità dell’arrampicata migliora notevolmente. La fessura che corre verticalmente offre discreti appigli per le mani, mentre per i piedi è presente qualche tacca qua e là. All’altezza dell’ultimo chiodo è importante non farsi ingennare dal cordone nero che si scorge in alto a destra: affrontando questa sezione puntando direttamente a quest’ultimo, infatti, le difficoltà aumentano notevolmente. Un po’ nascosto in una conchetta sulla sinistra è invece presente un altro cordone che, tramite traverso ben appigliato verso sinistra, rende l’uscita dalla placca più agevole e di grado consono a quanto dichiarato. Superati entrambi i cordoni ci si ritrova ad un bivio. Sulla sinistra, in direzione di un boschetto (sul quale al nostro passaggio faceva capolino un camoscio), rocce rotte. Sulla destra, invece, un invitante muretto che porta su un terrazzino alberato. Decidiamo di proseguire sulla destra e fermarci all’albero dove è possibile allestire una sosta comoda. 30m, VI.

La placchetta d’uscita della terza lunghezza, VI.

Fronte a noi si palesa un’ampia rampetta che si infrange nella boscaglia soprastante. Anche qui la linea non è per niente chiara con molteplici possibilità di progressione. L’unica cosa certa è che sarà necessario entrare nel bosco prima o poi. Puntiamo quindi verso lo scorcio tra gli alberi posto leggeremente sulla sinistra rispetto alla sosta precedente. Una volta entrati nel boschetto manteniamo la destra fino a scorgere un cordone nero su di una pianta. Raggiungerlo non è semplice per via della rampa pendente costituita da 15cm comodi di terra: ogni 3 passi in avanti sono 2 passi in dietro. Il cordone si rivela essere con molta probabilità l’originale S3, una quindicina di metri più in alto di dove la abbiamo allestita noi.

Nella scivolosa zona boschiva prima di S3.

La quarta lunghezza è totalmente esplorativa ed allo stato attuale non è onestamente possibile fornire delle indicazioni accurate. Tendenzialmente l’arrampicata si svolge nel canale boschivo in cui si entra subito sopra la sosta. Le fitte ramaglie, le spine ed i molteplici rami secchi sparsi lungo tutto il percorso rendono l’individuazione dell’itinerario complesso e l’arrampicata si muta in una lotta continua con la vegetazione. In linea di massima nel primo tratto bisogna proseguire in obliquo verso sinistra senza andare troppo in orizzontale verso la parete. La roccia la si inizia a toccare nuovamente soltanto dopo circa 30 metri di faticosa progressione, dove il canale inizia a stringersi e farsi via via più pendente. Qui è possibile scorgere finalmente un cordone nero che direziona la salita. Superato quest’ultimo è presente una piccola cengia posta sotto un canale/diedro dove è possibile allestire una sosta. 40m, IV.

Il quinto tiro prosegue nel canalino sporco. Il disegno della relazione suggerisce di percorrerlo tutto per poi uscire sulla sinistra una volta terminato. Seguiamo le indicazioni ma ci accorgiamo presto di essere decisamente fuori via. Giunti sotto un’alberello infatti notiamo lontano sulla sinistra una clessidra con cordone nero. In definitiva la via non segue il canale per tutta la sua interezza ma lo interrompe neanche a metà salendo il muretto di sinistra. I chiodi per la verità sono presenti ma incassati a parete e veramente poco visibili. Noi ormai continuiamo per la nostra strada raggiungendo in breve un’altro albero questa volta con cordone blu abbastanza recente. Rincuorati di non essere stati gli unici a perdere la retta via facciamo sosta qui. 25m, IV (V+ il tiro originale).

Il diedro/canale del quinto tiro, IV/V+.

Fortunatamente il terrazzino su cui siamo permette un’agevole traversata verso sinistra al fine di ricongiungersi all’originale. Si giunge alla base della placchetta finale. La placca non è niente di entusiasmante, un lungo lastrone appoggiato formato da roccia prevalentemente rotta e condito con molti fastidiosi sassolini che rotolano che è un piacere. Nonostante la roccia compatta sembra andare verso destra, la via esce diritta, leggermente a sinistra fino ad incrociare la traccia di sentiero che porta a quello principale. Noi siamo stati costretti a fare una sosta intermedia per via del giro panoramico sul tiro precedente, ma se si segue l’itinerario corretto non è necessario. 40m, III.

Martina in uscita dalla via su placche di dubbia bellezza, III.

La via nel complesso non ci è piaciuta e non ci sentiamo di consigliarla. Allo stato attuale necessita un gran lavoro di pulizia, sia delle zone rocciose, sia di quelle boschive. Sebbene il primo ed il terzo tiro tutto sommato siano arrampicabili e a tratti divertenti, questi due da soli, secondo il nostro parere, non bastano a giustificare l’intera salita.

Fiaba nel bosco

Bell’itinerario sportivo che si snoda alla sinistra del sentiero dell’Anglone su roccia molto solida per i primi 7 tiri, e un po’ meno per i rimanenti 3. Il tratto boschivo di circa 70 metri nell’intermezzo ostacola decisamente la continuità della via, ma non la sua bellezza.

Il primo tiro è abbastanza breve ma parte deciso, su fessura fisica e leggermente strapiombante. Il leggero bombè a metà lunghezza richiede una certa altezza per raggiungere il comodo rovescio soprastante. Da qui, tramite un altro passo lungo e con le ginocchia alla gola, si rimonta la pancia e si raggiunge, in breve e su placca appoggiata, la sosta. Personalmente mi sono sentito davvero goffo a superare questo passaggio, c’è molto da lavorare sulla flessibilità in generale. (5c)

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La fessura del primo tiro.

Il secondo tiro presenta un arrampicata in placca su ottime prese e senza difficoltà particolari, arricchito comunque da un simpatico passaggio di quinto. Dalla sosta precedente si rimonta il muretto sulla sinistra, con un occhio di riguardo ai sassi incastrati, e si prosegue poi verticalmente fino alla sosta soprastante. (5c)

La terza lunghezza sale uno spettacolare diedro che obliqua verso destra, su buone prese per le mani e i piedi in aderenza sulla roccia. La difficoltà è continua lungo tutto il tiro e la chiodatura ravvicinata. Nonostante sulla parete siano presenti palesi tentativi di superare le asperità in maniera alternativa, a nostro parere qui azzerare è illegale, è un tiro che non può che essere scalato e, conseguentemente, goduto. (6a)

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Partenza del terzo tiro

La quarta lunghezza sale dapprima un muretto verticale, per poi effettuare una lunga traversata verso sinistra. La fine del muretto ospita un po’ di vegetazione e soprattutto molto terriccio che ci accompagna per tutto il traverso. Qui, ad osservare le nostre incredibili gesta, abbiamo incontrato anche un serpentello che si è subito dileguato tra le radici di piccoli arbusti. (5c)

Il quinto tiro semplicemente collega il tiro precedente a quello successivo. L’arrampicata è in placca, su rampa decisamente appoggiata e le difficoltà sono basse. (4c)

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Il sesto tiro si risolve nei primi 6 metri di un profondo camino. La guida questo passaggio lo da come 6a, altre relazioni lo mettono come 6b, spesso da azzerare. Noi sinceramente non abbiamo trovato alcuna difficoltà in questo tratto e non ci sentiamo di gradarlo più di un 5c/6a. Effettivamente sembrano esserci 2 diversi modi per affrontare il camino, cosa che potrebbe giustificare le diverse gradazioni. Il primo, più diretto, partendo alla base di esso e spalmando il corpo su entrambe le pareti, sembra in realtà poco logico. Il secondo, invece, suggerisce di rimanere con tutto il corpo sulla parete di destra e spaccare sulla parete di sinistra solamente a metà camino. Dopo una rapida lettura e consultazione abbiamo optato per questa seconda soluzione rivelatasi poi molto naturale. La parte superiore del tiro non presenta ulteriori ostaticoli e si giunge rapidamente in sosta. (5c?/6a?/6b?)

La settima lunghezza sale, con arrampicata non troppo entusiasmante, a zigzag attraverso placche e muretti evitando la vegetazione alla base del ripido boschetto soprastante, intermezzo della via. Vista la folta vegetazione e la ripidità contenuta del tratto boschivo, la soluzione adottata è stata quella di affrontarlo in conserva. (5c)

L’ottavo tiro si inerpica tra placche e diedrini obliquando di qua e di la fino alla sosta. Le difficoltà sono sempre contenute. (5b)

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Sulla sosta dell’ottavo tiro

La nona lunghezza è una delle più interessanti di tutta la via. La progressione è prevalentemente su roccia gialla compatta e la difficoltà è pressochè continua. Nella parte alta del tiro, in uscita alla carena, ci sono un po’ di massi instabili (fare attenzione!) Qui la chiodatura è molto distante rispetto agli standard dei tiri precedenti, ma è comunque integrabile con qualche friend medio/piccolo. Il tiro è da fare tutto di un fiato, non molla neanche un po’ per riposare, 30 metri di grande soddisfazione. (6a)

Il decimo tiro è veramente tanto forzato, si addentra in un camino molto friabile per uscire dalla parete nel bosco soprastante. Con un po’ di accorgimenti probabilmente sarebbe possibile tracciare un’uscita alternativa continuando sulla verticale del tiro precedente, peccato. Solo i 5 metri dell’ultimo muretto giustificano questa scelta, per il resto, l’unico tiro anonimo dell’intera via. (3a, 5b)

Nel complesso la via presenta un’ arrampicata gradevole, senza troppe difficoltà, con chiodatura ravvicinata e soste veramente ben attrezzate. Una via plaisir che sovrasta il centro sportivo di Dro.