Claudia ’22

Oggi è il 2 gennaio 2023 ed è caldo. Raggiungiamo Arco con il termometro che segna gli 8°C alle 8:00 di mattina. Fortuna che il cielo è coperto e le previsioni non mettono sole per la giornata altrimenti sarebbe quasi da stare in maniche corte. L’obiettivo è quello di riniziare a muovere i primi pasi dopo le festività, quindi qualcosa di tranquillo. Ci dirigiamo verso la Parete di Pezol per salire una delle ultime realizzazioni: Claudia ’22.

Il primo tiro è particolarmente breve e consente di superare lo zoccoletto basale e di raggiungere così la parete principale. L’arrampicata è sempre semplice grazie all’inclinazione favorevole e dalle buone prese presenti. Si inizia approcciando la breve placchetta subito a destra della scritta, che identifica la via, che si vince agevolmente grazie alle accoglienti fessure orizzontali ancora un po’ sporche dal terriccio. Superato il primo tratto si prosegue lungo roccette frastagliate prima verso destra, raggiungendo un cordone attorno ad alberello, e poi verso sinistra fino ad arrivare al terrazino di sosta che si rimonta con qualche difficoltà sfruttando anche gli arbusti presenti visto che questo è particolarmente terroso e scivoloso. 15m, III+.

Martina lungo il primo tiro, III+.

La seconda lunghezza riparte lungo la parete principale che si verticalizza offrendo arrampicata interessante su roccia piuttosto solida. I primi metri del tiro sono decisamente i più difficili costringendo ad un delicato traverso verso destra dopo aver inserito il primo rinvio. Le prese qui sono minute ed appena accennate e la placca su cui poggiano i piedi è liscia. Con passo deciso, fidandosi bene dei propri mezzi, si raggiunge il muretto di destra che consente di tornare a salire in verticale. Le prese ora ci sono e sono abbondanti rendendo la progressione più semplice. Potrebbe tuttavia tornare comoda una coppia di friend medio-piccoli visto che le protezioni in loco sono distanziate in questo tratto. Puntando all’ultimo cordone penzolante visibile si vince la verticale giungendo ad un tratto più appoggiato che conduce senza ulteriori difficoltà alla cengia di sosta. 27m, V+.

I primi metri della seconda lunghezza, V+.

Il terzo tiro continua lungo il muro fessurato oltre la sosta. Si inizia portandosi di poco sulla sinistra e raggiungendo un primo esile cordoncino attorno a clessidra che si supera ritornando sulla verticale e proseguendo lungo placca compatta e facile. Le molteplici fessure a parete, fonde ed accoglienti, e le protezioni solide e ravvicinate rendono la progressione semplice e piacevole almeno fino alla placchetta finale. Questa rappresenta il passo chiave del tiro e si vince attraverso arrampicata di equilibrio e di aderenza raggiungendo le buone prese sommitali che consentono di rimontare sul terrazzino di sosta. Vista la lunghezza del tiro limitata e la linearità di quello successivo, allungando qualche protezione, si può saltare la sosta e proseguire fino a quella successiva. 20m, V+.

La linea del terzo tiro, V+.

La quarta lunghezza si avventura all’interno del diedro/canale che prosegue fino al terrazzino successivo. Lungo tutto l’itinerario la roccia è frastagliata e la progressione risulta essere sempre semplice anche se la qualità non eccelsa della roccia in questo tratto costringe a rimanere sempre sull’attenti e valutare bene quello che si prende. Dalla sosta ci si immette direttamente nel canale che obliqua verso destra preferendo la parte interna almeno per il tratto inferiore. La linea è ben evidente, grazie alle numerose clessidre adornate da altrettanti cordoncini, ed in breve si raggiunge un arbusto evidentemente potato per permettere il passaggio. Lasciato quest’ultimo sulla destra si prosegue sulla parete compatta alla sinistra del canale dove la roccia è più solida e l’arrampicata più entusiasmante. Senza particolari difficoltà si raggiunge infine il terrazzino di sosta. 28m, V-.

Martina la termine della quarta lunghezza, V-.

Molto bello ed elegante è il quinto tiro che vince la bellissima ed estetica placconata leggermente appoggiata che si estende oltre il terrazzino di sosta. Dopo un movimento in allungo per immettersi sulla placca si inizia a seguire il bordo sinistro che ospita le prese migliori. Si abbandona quest’ultimo dopo qualche metro tornando così ad arrampicare sulla placconata principale seguendo la linea delle protezioni a parete. Passando da una fessura all’altra si raggiunge l’ultimo tratto del muro grigio dove, in un unico movimento, sono concentrate le difficoltà del tiro. Un tagliente bidito permette di agguantare il bordo di una cavità che consente di alzare bene i piedi e, spingendo lungo la liscia placca, proiettarsi all’insopra del terrazzino di sosta. 30m, V.

La bella placca del quinto tiro, V.

La sesta lunghezza prosegue lungo l’evidente corridoio tra gli alberi attraverso arrampicata semplice lungo roccette rotte. Strappo alla regola sono i primi tre metri che si svolgono ancora lungo placca compatta e che costituiscono l’ostacolo maggiore del tiro. Qui infatti le prese non sono particolarmente comode e l’arbusto sulla destra ostacola un po’ il passaggio. Raggiunto il primo cordone la parete si appoggia e l’arrampicata risulta essere più semplice. Si prosegue in verticale fino a che il corridoio è chiuso da vegetazione imponendo una brusca sterzata verso sinistra che, attraverso un po’ di terriccio e cercando di rimanerne al di sopra, porta alla comoda terrazza di sosta. 22m, IV.

Martina sulla sesta lunghezza, IV.

Il settimo tiro è breve e poco entusiasmante. Supera il breve muretto oltre la sosta che conduce ad una larga terrazza detritica che si segue camminando verso destra fino a che si raggiunge la base della parete successiva dove si sosta a fianco alla scritta “Claudia”. Lungo il muretto iniziale la qualità della roccia non è delle migliori e non è raro che rimanga in mano più di qualche appiglio. Fortunatamente il tratto è breve e semplice ma è comunque fondamentale prestare attenzione. Un occhio di riguardo anche durante il traverso e quando si recupera la corda perchè è facile smuovere qualche detrito che arriva direttamente sulla sosta sottostante. 22m, IV.

L’inizio del settimo tiro, IV.

L’ottava lunghezza torna a salire in verticale all’interno di un largo diedro composto principalmente da roccette rotte e poco stabili. Prima di giungere nel diedro vero e proprio si rimonta il facile muretto basale e si prosegue mantenendo la parete di sinistra quasi fino al termine. Ignorare ora la linea di protezioni che continua ancora a sinistra (fanno parte della via “Cercando la Trincea”) e spostarsi invece lungo la parete destra del diedro rimontando il pilastro ed oltrepassando l’arbusto posto sul suo culmine. Un breve traverso verso destra porta alla base di una placchetta compatta che si vince verticalmente raggiungendo così il terrazzino di sosta. 24m, V.

Il diedro dell’ottava lunghezza, V.

Molto breve è il nono tiro che, allungando qualche protezione in precedenza, si può decidere di concatenare. Si tratta principalmente di una anonima camminata verso destra che in breve tempo porta all’uscita della via ed al libro di vetta. Solamente gli ultimi 3 metri si svolgono su roccette ma non aggiungono particolari emozioni ad un tiro sostanzialmente di collegamento. Si sosta sulla roccetta al di sotto del libro di vetta oppure, più comodamente, sull’arbusto subito sopra. 18m, II.

Gli ultimi metri del nono tiro, II.

La via si può terminare qui, seguendo il sentiero di sinistra, oppure raggiungere il breve tiro finale che consente di raggiungere la cima del Pezol arrampicando. In questo caso si segue per una decina di metri la traccia di destra fino alla parete successiva. Di seguito la descrizione.

La decima lunghezza è corta ma piacevole e si svolge lungo il muretto che termina poco prima del traliccio dell’alta tensione. Si risale la bella parete fessurata con difficoltà pressochè costanti raggiungendo dapprima un arbusto, da cui penzola un cordone, ed in seguito proseguendo a zig zag lungo la placchetta successiva. Spostandosi prima verso sinistra ed in seguito verso destra si segue la linea delle protezioni che si sviluppa lungo il bel muretto compatto alla ricerca della linea più facile ed intuitiva. Anche qui le fonde fessure aiutano la progressione che termina con un facile traversino verso sinistra che permette di rimontare in vetta. Oltrepassate le ultime roccette, ormai camminando, si raggiunge la coppia di fix che si attrezzano per l’ultima sosta. 25m, V.

Simone lungo l’ultimo tiro, V.

Via semplice e particolarmente didattica. Adatta a chi muove i primi passi sulle vie a più tiri. Le protezioni sono abbondanti lungo tutto l’itinerario, solo nel secondo tiro può essere utile inserire qualche friend. La roccia è buona anche se in alcuni tratti necessita di una controllata considerando anche che la via è recente e bisogna aspettare ancora qualche salita per il consolidamento.

Sulle pance del Pezol

Il sabato del lungo weekend di Halloween scendiamo verso Arco nonostante le temperature siano torride per il periodo. 27° di massima a fine ottobre inzia veramente ad essere preoccupante! Ci dirigiamo comunque alla Parete del Pezol di buona mattina arrivando alla base della fascia rocciosa con il sole che inizia già a scaldare la parete. La via? “Sulle pance del Pezol”.

Il primo tiro supera lo zoccoletto iniziale tramite un breve traverso verso destra su rampetta semplice ed appoggiata. Una volta aggirata la parete ci si trova su cengia che si segue costeggiando il piccolo strapiombetto sommitale fino ad incontrare il muretto successivo. Qui inizia un diedrino che si risale agevolmente, grazie alle numerose prese ed appigli quà e là, lungo roccia gialla, solida e grumosa. Al termine del diedrino ci si sposta leggermente sulla destra per raggiungere la sosta aerea da attrezzare. 27m, V.

Simone all’inizio della via, V.

La seconda lunghezza riparte con un breve traverso, ancora verso est, in aderenza su bella placchetta. Aggirato lo spigolo della parete si torna a salire verticalmente all’interno di un secondo diedro più severo e fisico rispetto a quello precedente. Le prese sono comunque abbondanti lungo tutto il tratto e giocando bene con gli appoggi laterali si riesce sempre a scaricare il peso dopo ogni movimento. Al termine del diedro si inizia un ulteriore traverso rimanendo al di sotto dello strapiombo che chiude la parete. Gli appoggi per i piedi, piuttosto alti, costringono a rimanenre quasi sempre rannicchiati rendendo così la progressione più ricercata. Se si è particolarmente alti si possono invece sfruttare le prese al di sopra dello strapiombetto, nascoste alla vista. Al termine del traverso, in corrispondenza del primo arbusto, si trova la sosta da attrezzare su 2 cordoni attorno a clessidre. 30m, VI.

Steve al termine della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro riparte ancora verso destra oltrepassando così gli alberi sopra la sosta rimanendone al di sotto. Si raggiunge così una rampetta obliqua che torna a salire in verticale dopo pochi metri. Oltrepassato qualche cordone si giunge ad una placchetta priva di ulteriori protezioni. Qui la linea da seguire non è evidente ma come riferimento continuare lungo lo spigoletto di sinistra fino alla base di un tettino sopra il quale è presente un fix non visibile dal basso. Con passo semplice si rimonta raggiungendo così un lungo terrazzino che, seguito verso destra per tutta la sua interezza, conduce alla sosta. 30m, V.

Molto bella, per via della particolare conformità della roccia, è la quarta lunghezza che, tramite traverso ascendente, porta ai piedi di un grande tetto ad arco. Si parte su solida placconata che si vince senza troppe difficoltà e che permette di raggiungere una grande canna attorno alla quale penzola un cordone bianco. Con passo atletico e meritevole si raggiunge la parete di destra maestosamente lavorata a taglienti gocce. Si traversa quindi leggermente mantenendosi il più possibile bassi, per sfruttare le prese migliori per le mani e gli evidenti appoggi per i piedi, fino alla verticale di un arbusto tagliato ed ornato da cordoncino. Qui si torna a salire sempre lungo parete gialla a gocce fino a che non lo si raggiunge. Sul terrazzino poco sopra è presente infine la sosta da attrezzare. 23m, V+.

La bella roccia a gocce a termine della quarta lunghezza, V+.

Il quinto tiro segue, per tutta la sua lunghezza, l’arcata che chiude la parete inferiore che dapprima ascende fino al culmine per poi discendere fino alla sosta successiva posta più in basso rispetto a quella attuale. La sicurezza è garantita dai numerosi cordoni attorno alle clessidre ricavate sulle molteplici canne alla base dell’arco, qualcona posta però un po’ in alto rispetto al livello del traverso. La progressione risulta comunque semplice grazie all’inclinazione favorevole della parete e all’abbondanza di appoggi su cui muovere i piedi. Raggiunto il punto più alto dell’arco si inizia lentamente a scendere disarrampicando fino alla sosta posta poco prima di raggiungere l’evidente canale che separa le pareti. 30m, IV.

Il traverso discendente del quinto tiro, IV.

La sesta lunghezza è corta ma intensa, la prima veramente ingaggiante della salita. Dalla sosta si affronta diritti per diritti il tetto soprastante, molto fisico lungo il primo tratto ma su prese comode. Tutt’altro discorso è invece il traverso successivo, puramente d’aderenza e senza prese nette per le mani. Il passo chiave è proprio questo: corpo bello attaccato alla parete e movimento lento ed estremamente delicato verso sinistra per arrivare alla fonda lama che consente di spostarsi definitivamente verso rocce più frastagliate e semplici da salire. Si continua ancora per qualche metro verso sinistra, integrando le protezioni presenti con qualche friend per agevolare la progressione del secondo di cordata. Raggiunto un diedrino lo si sale prestando attenzione alla qualità della roccia, abbastanza scadente in questo punto. Rimontato il pulpito al termine del diedro si attrezza la sosta aerea. 20m, VI+.

Jacopo lungo il passo chiave della sesta lunghezza, VI+.

Il settimo tiro riparte risalendo la breve placchetta che si sviluppa oltre la sosta leggermente sulla sinistra. Dopo un primo fix si raggiunge un facile strapiombetto che si vince senza particolari difficoltà grazie alle fonde ed accoglienti lame sommitali. Si giunge così su rampetta ascendente verso destra, particolarmente compatta e lavorata anch’essa da bei buchi e fessure. Al termine della rampa si discende per qualche metro, con passetti delicati, fino ad un cordone alla base di un piccolo tettino. Questo si supera atleticamente con movimento non semlice e si raggiunge così la sosta sul terrazzino subito oltre. 27m, V-.

La facile rampa del settimo tiro, V-.

L’ottava lunghezza riprende risalendo la placchetta oltre la sosta attraverso arrampicata piacevole e di equilibrio. Solo i primi metri, un po’ scarsi d’appoggi rilevanti, impegnano un po’ di più l’arrampicatore. Circa a metà della placca, per evitare le evidenti roccette pericolanti poco sopra, la linea piega decisamente verso sinistra fino a portarsi alla base di un pulpito. Anche qui la roccia non è il massimo ma le prese principali sembrano reggere e con un paio di passi fisici ed atletici, qui la parete straiomba un po’, si rimonta il pulpito trovandosi sul terrazzino sommitale dove è presente una sosta intermedia, ma consigliata, per evitare l’eccessivo attrito delle corde lungo il delicato muretto del tiro successivo. 25m, VI.

La placchetta iniziale dell’ottava lunghezza, VI.

Il nono tiro, se si è scelto di sfruttare la sosta intermedia, è particolarmente breve ed intenso. Si tratta di vincere la pacchetta chiusa da pronunciato tetto attraverso arrampicata elegante ma delicata. Dalla sosta si raggiungono senza difficoltà le fonde lame basali della placca e si continua, da qui in poi, arrangiandosi con le poche tacchette a disposizione obliquando leggermente verso destra. Il passo centrale è quello più ostico: qui le tacche sono storte ed appena accennate ed è fondamentale trovare gli equilibri giusti fidandosi bene dei piedi che spingono bene sulla placca. Una volta raggiunta la presa sotto il cordone si prosegue più agevolmente fino alla scomoda sosta aerea sotto il tetto. 12m, VI.

Steve alle prese con la delicata placchetta del nono tiro, VI.

La decima lunghezza ospita i singoli più duri di tutto l’itinerario e nel complesso è bella e sostenuta. Si inizia con un breve traverso verso destra che aggira lo spigolo della parete immettendosi su placchetta rossa. I primi metri del traverso sono i più delicati ma raggiunte le prime canne la progressione diviene più facile grazie anche ai numerosi appoggi per i piedi. La placchetta oltre lo spigolo invece è tutt’altro che semplice da interpretare visto che le prese a parete, a parte il vascone iniziale, sono rare e quelle presenti sono appena accennate. Il passaggio per raggiungere il cordone che penzola dal tetto soprastante è quindi molto delicato e richiede una buona dose di fiducia, sia nelle mani che nei piedi, per essere superato. Raggiunto lo strapiombo la soddisfazione è massima ma rimangono ancora alcuni metri prima di poter cantare vittoria. Lo strapiombo è faticoso sì ma tutto sommato ben appigliato e se si sono conservate un po’ di forze si passa senza troppi patemi considerando che i cordoni permettono comunque di azzerare in caso di necessità. Un breve traverso verso sinistra conduce infine alla sosta. Tiro bello e meritevole, a nostro avviso le difficoltà reali risiedono nella placca sottostante il tetto più che nel superare il tetto in sè. 28m, VII.

Simone lungo il traverso prima del passo chiave della via, VII.

L’undicesimo tiro si sviluppa lungo le belle placconate finali della parete zigzagando alla ricerca dei punti che oppongono minor resistenza. Dalla sosta si risale lungo la bella lama di sinistra fino al suo termine dove ci si sposta verso destra iniziando così un bel traverso in direzione del grande diedro che si segue per qualche metro in verticale una volta raggiunto. Per evitare la severa placchetta soprastante si torna ancora una volta verso sinistra raggiungendo lo spigolo della parete prima di tornare verso destra un’ultima volta rimontando la breve pancia che conduce alla sosta. Nonostante il tiro sia poco lineare è molto bello, ricordarsi solo di allungare qualche protezione per evitare eccessivo attrito lungo i metri finali. 40m, VI.

La bella placconata del penultimo tiro, V+.

L’ultima lunghezza riparte, traversando su cengetta, a sinistra della sosta e raggiungendo lo spigoletto finale. La qualità della roccia lascia molto a desiderare in questo tratto, prestare quindi attenzione a quello che si prende. Le difficoltà sono comunque limitate ed in breve si raggiungono i prati sopra la parete che, dopo una serie di terrazzini, portano ai piedi di una vecchia trincea. Oltrepassata anche quest’ultima si sosta comodamente al suo interno. 30m, V+.

Steve lungo gli ultimi metri della via, V+.

Via molto bella che offre molteplici spunti interessanti lungo placche, diedri e brevi strapiombetti. Le protezioni a parete sono abbondanti e posizionate intelligentemente nei punti giusti anche se ogni tanto è bene integrare la progressione per una maggiore sicurezza soprattutto del secondo di cordata. La linea è piuttosto storta ma divertente, assolutamente da non perdere!

Il Cammino dell’Arco

Alla ricerca di tranquillità ci dirigiamo verso posti meno conosciuti e recensiti. Le pareti del Monte Velo le conosciamo abbastanza bene ma fino ad oggi abbiamo messo le mani solo sulle pareti che si affacciano subito sopra Bolognano. Questa volta decidiamo di avventurarci più in quota per vedere cosa offre la parete denominata “Due Sassi”. Tra le vie della fascia rocciosa scegliamo “Il cammino dell’arco”, 7 tiri sulla carta tranquilli e divertenti.

Il primo tiro affronta subito il diedro ad arco che con ogni probabilità dà anche il nome all’itinerario. E’ senza ombra di dubbio il tiro più solido, bello ed entusiasmante di tutta la via che, purtroppo, oltre a questa, non offre ulteriori lunghezze emozionanti. Si parte risalendo il muretto oltre il nome della via, abbastanza ostico nei primi metri, fino a che un breve traverso verso destra, in aderenza, conduce ad una placchetta verticale. Sfruttando le fessure si procede agevolmente per qualche metro fino a quando la placca si appoggia leggermente e le prese scompaiono. Poche gocce permettono di mantenere l’equilibrio e lavorare con i piedi in aderenza per raggiungere la presa gialla evidente dove la placca collide con la parete verticale successiva. Si rimonta ora in piedi sulla placca, che è quasi appoggiata a terrazzino, e la si traversa raggiungendo il diedro di sinistra. Questo si affronta in maniera decisa con arrampicata fisica ma intrvallata da qualche buon riposo grazie alle parti laterali che offrono spesso buoni appoggi. A metà diedro un passo in dulfer consente di guadagnare la parete superiore dove vi si esce sulla parete di sinistra con passo non semplice e strapiombante. Aggirato lo spigolo è presente la sosta aerea. 25m, 6a+.

Simone lungo il primo tiro, 6a+.

La seconda lunghezza parte con un breve traverso verso sinistra che porta alla base di una paretina verticale dove si trova il passo chiave della lunghezza subito sopra ad un tettino iniziale. Rimontare il tetto non è semplicissimo ma spostarsi bene sulla sinistra aiuta a trovare l’equilibrio necessario per vincere questa prima asperità. Inizia ora una sezione in placca, tutta in aderenza, dove sono poche le prese visibili e la maggior parte di esse sono molto piccole e scomode da tenere. Si lavora bene con la posizione del baricentro e con i pochi grumi a disposizione che consentono di manterenere il corpo attaccato il più possibile alla parete. Dove questa si chiude da un secondo tetto, più pronunciato rispetto al precedente, si inizia a traversare verso destra fino ad incontrare la fine del tetto dove buone prese consentono di riposare. La linea prosegue ora lungo muretto grigio frastagliato, che si sviluppa leggermente verso destra, e che non presenta difficoltà particolari se non fosse che qualsiasi cosa si prende come minimo si muove. Il lavoro di pulizia in questo tratto non è stato infatti eccelso e rende davvero pericolosa la progressione, prestare quindi particolare attenzione. Giunti in prossimità di vecchi chiodi a pressione si piega leggermente verso sinistra rimontando gli ultimi terrazzini che ci separano dalla sosta. L’attrito delle corde è notevole verso la fine della lunghezza ed è quindi bene allungare qualche protezione lungo il tragitto. 35m, 6b.

Martina lungo le rocce frastagliate al termine della seconda lunghezza, 6b.

Il terzo tiro è particolarmente brutto e friabile. Purtroppo qui la verticalità della parete lascia il posto a sequenze di terrazzini ripidi e terrosi dove è spesso necessario procedere cautamente per evitare di scivolare. Dopo un primo muretto grigio ci si sposta verso destra seguendo la linea di cordoni che, attraversando i terrazzini, conduce alla base di una parete più verticale e leggermente più compatta. Qui belle fessure permettono di salire agevolmente i primi metri fino a quando la roccia torna ad essere scadente. Un delicato traverso verso destra su comode prese permette di guadagnare il culmine della paretina dove inizia ad essere visibile la sosta all’interno di una nicchia a sinistra. Raggiungerla è molto difficoltoso e pericoloso per via del terreno e delle rocce particolarmente instabili. Tutto quello che si tocca si muove ed è necessario procedere con piccoli passi delicati. Un alberello verso metà traverso può essere usato come solido appiglio e per proteggere il tratto con un cordone. 30m, 5a.

Il termine del terzo tiro, 5a.

La quarta lunghezza esce dalla nicchia di sosta verso destra affrontando direttamente il marcato strapiombetto atletico. Dopo un breve traverso alla sua base lo si rimonta in maniera atletica e decisa uscendone sul versante di destra, ben ammanigliato grazie alle fonde e comode fessure soprastanti. Si apre ora una bella placconata solida che si segue verticalmente con arrampicata piacevole e difficoltà contenute fino al culmine della paretina. Qui si obliqua leggermente verso sinistra per tornare in corrispondenza dello spigolo della parete che si segue fino al termine. Attenzione in uscita visto che si entra in un largo canale pendente costellato da innumerevoli sassi e sassolini pronti a rotolare. Noi personalmente abbiamo perso il contro di quante volte abbiamo urlato “sasso” perchè ad ogni movimento la corda che strisciava nel canale ne smuoveva qualcuno, con buona pace del secondo di cordata costetto ad arrampicare a testa china e subirsi una doccia di detriti ad ogni recupero. Fortuna che non c’erano cordate sotto di noi! Il canale si sviluppa verso destra e, camminando sull’instabilità del manto roccioso, si raggiunge la sosta posta oltre un solido alberello in corrispondenza della larga cengia che separa le due pareti. 35m, 5b.

L’inizio della quarta lunghezza, 5b.

Il trasferimento verso la fascia rocciosa superiore si svolge lungo pendio di frana con traccia appena accennata che discende leggermente fino a rientrare nel boschetto antecedente la parete. Vista la brevità del tragitto e la pericolosità dello stesso è consigliato procedere legati. La seconda parte della via inizia in prossimità di un grosso arbusto tagliato che fa da base all’assicuratore (nome della via a parete).

Il quinto tiro riparte salendo il bel diedro oltre lo spigolo della parete con difficoltà costanti ma limitate. L’arrampicata è piacevole e la roccia decisamente migliore rispetto ai tiri precedenti. Alla fine del diedro si esce sulla sinistra attraverso un bel passo con incrocio di mani che ci proietta alla base di una placchetta grigia. Questa conduce in breve all’interno di un secondo diedro leggermente più fisico e tecnico che si affronta con decisione in dulfer con le mani in fessura ed i piedi lungo la parete di destra. Il tratto è ben protetto e dopo ogni movimento “duro” è sempre possibile trovare una posizione comoda dove scaricare. Terminato il diedro la parete si appoggia leggermente entrando in una breve sezione caratterizzata da roccette frastagliate che si supera senza particolari difficoltà fino a che si raggiunge la comoda sosta. Dopo qualche tiro scabroso finalmente una lunghezza quantomeno decente. 30m, 6a+.

Martina al termine del quinto tiro, 6a+.

La sesta lunghezza prosegue lungo facili roccette frastagliate ma piuttosto compatte che si sviluppano verticalmente oltre la sosta. La linea si districa attraverso le sezioni rocciose che consentono un’arrampicata continua saltando da un pilastro all’altro. Seguendo l’evidente linea dei fix si rimane quasi sempre lungo lo spigolo sinistro della parete dove la roccia è più solida e l’arrampicata verticale. Senza grosse difficoltà si raggiunge il terrazzo di sosta, non prima di essere usciti da una sbifida pancetta che si supera con ribaltata su piccole tacchette. Qui una fessura con vecchio chiodo rosso conduce alla parete opposta e quindi alla sosta. 25m, 5a.

Martina in uscita dalla sesta lunghezza, 5a.

L’ultimo tiro si snoda lungo una serie di belle fessure fino alla sommità della parete. Dalla sosta non è subito evidente la linea di salita in quanto a parete non sono presenti protezioni. La fessura da raggiungere è quella evidente alla nostra destra ma la placca oltre la sosta appare essere troppo severa per il grado proposto. Si scende piuttosto per circa un paio di metri lungo la rampetta di destra fino ad aggirare la parete e raggiungere quindi la base della fessura che si può ora salire agevolmente. Mano a mano che si sale la linea si fa più evidente e compaiono i primi cordoni a parete. Al termine della prima fessura un brevissimo stacco su placchetta conduce alla base di una seconda fessura, molto più stretta, che si sale in dulfer con arrampicata sostenuta. Questo tratto, molto tecnico, è particolarmente bello da salire, ben protetto ed eventualmente integrabile. Al termine ci si trova al di sopra di un largo terrazzino antecedente la paretina finale. Questa è ben manigliata e non oppone particolare resistenza. Conclusa anche questa si sosta su arbusto e ci si gode l’ampio panorama sul lago di Garda. 40m, 5c.

La bella roccia compatta dell’ultimo tiro, 5c.

Via che nel complesso non regala grandi emozioni. A parte il primo tiro e qualche tratto nella parte superiore l’arrampicata si svolge lungo roccia frastagliata, sporca e pericolante. Probabilmente le ascensioni future miglioreranno e ripuliranno questo itinerario che tutto sommato offre qualche passo interessante qua e la. Al momento non ci sentiamo comunque di consigliarlo se non ad arrampicatori con una certa esperienza e in cerca di avventura.

L’Inquisitore

Usciti dalla via “Ghiro in tondo” il sole è ancora alto nel cielo. Ci dirigiamo quindi verso la parete dell’Ir superiore per concludere la giornata con un’altra vietta breve. Scegliamo la prima disponibile vista l’alta frequentazione della zona: “L’inquisitore”, 3 tiri solamente ma d’ingaggio elevato.

Il primo tiro parte in concomitanza dell’attacco della via “In crescendo” con cui condivide il primo cordone. Oltre questo la linea devia bruscamente verso sinistra rimontando al di sopra di uno stretto terrazzino con passo non semplice. Tutto il traverso è sprotetto, difficilmente integrabile e, visti i pochi metri che ci separano dal terreno, una caduta non risulterebbe piacevole. Ciò nonostante la traversata non risulta particolarmente ostica ma la roccia è brutta e costringe a rimanere sull’attenti per tuto il tratto. Il traverso termina in prossimità dello spigolo della parete dove si torna a salire in verticale entrando in una specie di corridoio. Il passo per entrarci è piuttosto fisico ma su buone prese anche se a volte nascoste dal basso. Spostandosi prima verso sinistra e poi verso destra si affrontano le labili roccette rotte che conducono alla sosta senza difficoltà particolari. Anche qui la roccia è parecchio instabile e non è raro scaricare materiale al solo recupero delle corde. 20m, VI.

Simone lungo il traverso del primo tiro, VI.

La seconda lunghezza prosegue verticalmente lungo il muretto a canne che si sviluppa oltre la sosta. La parete leggermente strapiombante impone un’arrampicata continua e sostenuta almeno per i primi metri. Superati i primi due cordoni si esce leggermente verso destra per poi rientrare lungo la verticale in prossimità di un fix. Qui un ultimo passo conduce ad una placca più appoggiata che forma un diedro con la parete di sinistra. Un chiodo con testa stondata sancisce l’inizio di un breve traverso che porta all’interno del diedro stesso, solcato da una larga fessura verticale utile solo se si hanno a disposizione friend veramente grandi. Anche questo tratto è oggettivamente molto sprotetto e difficilmente si riesce ad inserire qualcosa. Si punta verso i marcati tetti che chiudono la parete dove tornano ad essere presenti fix e cordoni in abbondanza, segnale che le difficoltà stanno per iniziare. Gli strapiombi, particolarmente pronunciati, sono intervallati da qualche buon riposo ma i passaggi tra uno e l’altro non sono per niente semplici e richiedono buona fisicità per essere superati. L’ultimo balcone è particolarmente ostico da oltrepassare in quanto non ci sono prese marcate al di sopra di esso e bisogna arrangiarsi con quello che si trova. Qui un’attenta posizione del corpo aiuta non poco. Rimontata l’ultima difficoltà si prosegue verso destra per qualche metro fino ad incontrare la sosta. Vista la lunghezza del tiro e la sua conformità è bene allungare qualche protezione per evitare un attrito eccessivo lungo i difficili metri finali. 35m, VI+.

Lo sviluppo della seconda lunghezza, VI+.

Il terzo ed ultimo tiro continua in verticale oltre la sosta attraverso un muretto placcoso che parte semplice ma che ospita un passo molto delicato verso metà. Qui è infatti necessario sapersi muovere bene su prese minute per le mani e piedi sul placca per raggiungere l’evidente e comoda lametta larga a sinistra rispetto la verticale di salita. Una volta raggiunta si entra in un canalino, con grossi massi da verificare, che culmina in cima ad un pilastrino ai piedi della parete finale. Questa è composta da un diedro fessurato che costringe ad un’arrampicata sia fisica che tecnica in quanto la salita in dulfer rappresenta la soluzione più valida. Mano a mano che si sale la fessura diviene meno marcata e più stondata e anche le difficoltà aumentano leggermente fino a massimizzarsi nei pressi dell’uscita quando la fessura scompare lasciando spazio a roccette rotte. Si prosegue quindi in verticale lungo il pilastro finale, prestando attenzione a ciò che si tiene, che in breve conduce in cima alla fascia rocciosa dove, sulla piccola paretina opposta, sono presenti 2 cordoni attorno a clessidre sui quali attrezzare l’ultima sosta. 30m, VI+.

L’inizio dell’ultimo tiro, VI+.

Via breve ma continua dove i gradi sono tutt’altro che regalati. Ad oggi risulta essere ancora sporca in alcuni punti, viste anche le poche ripetizioni che conta. I tratti difficili sono ben protetti ma il resto della via richiede l’utilizzo di protezioni rapide non sempre facilmente inseribili. E’ sicuramente un buon itinerario se concatenato con una delle vie della parete inferiore, da solo invece lascia il tempo che trova.

Ghiro in tondo

Si preannuncia una giornata molto ventosa con forti raffiche previste da Nord. Consci di ciò cerchiamo comunque di sfruttare a pieno il sole, che splende in un cielo limpido e sgombro da nuvole, dirigendoci verso la parete dell’Ir la cui esposizione dovrebbe riparare parzialmente dal vento. Come via scegliamo di salire “Ghiro in Tondo” all’estrema sinistra della parete e di concatenarla in seguito con una di quelle presenti sulla parete dell’Ir superiore.

Il primo tiro inizia salendo una rampetta appoggiata, abbastanza sporca e polverosa per via del canale soprastante che scarica un po’ di materiale. Uscendone sulla sinistra si giunge ad una cengetta rocciosa che si segue verso sinistra fino alla base del canale che disegna una ‘C’ sulla parete. Si entra in questo, con passo delicato per via della qualità della roccia non eccelsa, e lo si segue, oltrepassando due cordoni, fino a che termina alla base di una sezione a gradoni piuttosto terrosa. Proprio per questo motivo il superamento del primo gradone risulta complesso. Oltrepassato questo si prosegue principalmente su terra fino alla piccola cengia antecedente il diedro finale, al termine del quale è ben visibile la sosta su 2 fix uniti da cordone. Il diedro, appoggiato, non presenta particolari difficoltà e si supera sfruttando bene entrambe le pareti raggiungendo così il termine del tiro. 30m, V.

Martina lungo il diedrino finale della prima lunghezza, V.

La seconda lunghezza è particolarmente breve e nel complesso poco interessante. Si limita a traversare verso destra fino ad aggirare l’evidente tettino che chiude la parete. La traversata si svolge lungo cengia pendente con buone prese per le mani. Solo il passaggio terminale richiede un po’ più d’impegno: qui una spallata consente di guadagnare la parete di destra rimontando così al di sopra dello strapiombo. La linea prosegue ora in verticale, leggermente verso sinistra, seguendo il pilastrino roccioso fessurato che, con arrampicata in aderenza, conduce alla sosta alla base di una parete lavorata a canne. Il terrazzino di sosta ospita molti sassolini nascosti in mezzo alla terra, prestare quindi attenzione quando si recuperano le mezze. 15m, V.

Il breve traverso iniziale del secondo tiro, V.

Il tezo tiro prosegue in traverso verso destra lungo la bella placca chiusa nel corridoio tra il tetto soprastante e la vegetazione al di sotto. Dalla sosta si discende qualche centimetro per raggiungere la base della placca che si approccia senza difficoltà. Dopo alcuni metri il passo chiave del tiro costringe ad un’atletica arrampicata in dulfer per vincere la verticalità dettata dalle stupende canne a parete. Qui la linea delle protezioni obbliga la corda a qualche giro a zig-zag, assicurarsi di allungarne qualche cordone per evitare fastidiosi attriti verso il termine della lunghezza. Si prosegue quindi in traverso lungo la placca di destra rimanendo piuttosto bassi per sfruttare gli appoggi naturali a parete. Giunti in prossimità del bordo si torna a proseguire più verticali obliquando sempre verso destra lungo placca grigia e fessurata. Al termine di questa inizia una sezione caratterizzata da terrazzini terrosi che si susseguono fino ad aggirare completamente la parete. Seguendoli faticosamente, per via della natura cedevole degli appoggi, si giunge in sosta prima di una seconda lunga placconata che si sviluppa ancora verso destra e che accompagnerà la progressione nella prossima lunghezza. 33m, V+.

Simone lungo il traverso del terzo tiro, V+.

La quarta lunghezza è senza ombra di dubbio la più bella di tutto l’itinerario. Si svolge lungo la bella placca compatta che traversa a destra della sosta fino ad aggirare la parete attraverso un bello spigolo aereo. I primi metri si svolgono spensierati grazie all’abbondanza di appoggi presenti che consentono di raggiungere agevolmente il tronco posto a metà del traverso. Oltre di questo si continua lungo la placca ora più compatta e spoglia di prese evidenti se non fosse per una minuta fessurina che accompagna per i primi metri la progressione e che può essere usata per l’inserimento di protezioni rapide vista la lontananza di quelle a parete. Inizia quindi una sezione puramente d’equilibrio che, con passi delicati, porta, in leggera discesa, in prossimità dello spigolo della parete. Le difficoltà sono oramai superate e non resta che oltrepassarlo per giungere in sosta. Il passo è ben appigliato, sia per mani che per piedi, e, giunti alla base di una rampetta, la si segue fino ad arrivare su di un largo terrazzino alberato dove due fix uniti da cordone invitano ad una comoda sosta vista lago. 30m, VI.

Il bel traverso della quarta lunghezza, VI.

L’ultimo tiro supera l’evidente tetto sopra la sosta approcciandolo dove questo sporge meno. Si parte seguendo la fessura di sinistra, prestando attenzione alla roccia non sempre buona, fino a raggiungere la base del tetto stesso. Qui un’evidente lama staccata consente di superarlo con passo atletico ma tutto sommato semplice vista l’abbondanza di prese comode che si susseguono sopra di esso. Proseguendo lungo il muretto successivo si superano gli ultimi scaloni che consentono di guadagnare la parete di destra e quindi la cengia alberata dove la parete principale termina. Gli ultimi metri della via proseguono invece lungo i terrazzoni ricoperti da terra ed erba che continuano oltre la cengia. Puntando ad un arbusto sulla sinistra si intravede il cordone arancio della sosta posta poco più in alto, raggiungibile camminando a zig-zag laddove il terreno permette una progressione meno scivolosa. 30m, VI+.

Prima del tetto dell’ultima lunghezza, VI+.

Nonostante qualche tratto sporco e qualche parte poco arrampicabile, nel complesso la via è divertente. Molto belli sono i traversi delle sezioni centrali che regalano emozioni attraverso un’arrampicata prevalentemente di movimento. I gradi sono onesti e, a dire il vero, li abbiamo trovati abbastanza generosi. Le protezioni sono buone e giuste, sono rari i casi in cui abbiamo sentito la necessità di integrare. Come per tutte le vie della parete il panorama è davvero bello e fa da sfondo ad una salita altrettando meritevole.

Via dell’Incontro Superiore

Usciti dalla “via dell’Incontro” il sole è ancora alto nel cielo e la giornata si prospetta ancora lunga. Ne approfittiamo per concatenare una seconda via. Circa un anno dopo la realizzazione della “via dell’Incontro” è stata aperta, alla parete dell’Ir superiore, la “via dell’Incontro Superiore” che, sebbene non sia una continuazione logica della via sottostante per via del distacco marcato tra le due pareti, ne condivide il nome ed in parte lo stile.

Il primo tiro risale il breve diedro subito a destra delle corde fisse della piccola falesia. Il nome alla base non è presente ma l’attacco è ben evidente sulla verticale del cordone bianco posto lungo i primi metri della parete chiusa da pronunciati strapiombi a canne. Si segue il diedro giallo caratterizzato da belle lame che facilitano la progressione e cenducono senza grosse difficoltà ad un primo terrazzino alla cui destra inizia una bella placconata gialla lavorata a gocce e fessure. Si sale questa seguendo la linea dei 2 fix a parete fino a rimontare su di un secondo terrazzino roccioso che in breve conduce alla sosta da attrezzare su anello e cordone blu. 25m, IV+.

Simone lungo il primo tiro della via, IV+.

La seconda lunghezza è senza ombra di dubbio la più bella ed adrenalinica di tutta la via. Seppur breve è in grado di regalare forti emozioni. Consiste in un traverso molto esposto, su magnifiche canne che corrono verticali sopra le catene della falesia sottostante, che termina una volta che si aggira lo spigolo della parete. Si inizia risalendo qualche metro fino al raggiungimento del primo cordone su pianta potata. Inizia ora il traverso verso sinistra che nella prima parte discende leggermente con passo piuttosto lungo per raggiungere il piccolo terrazzino su cui ristabilizzarsi. Qui si torna a salire leggermente proseguendo il traverso, passando da una canna e l’altra, fino ad aggirare la parete sfruttando la sonora orecchia che consente di giungere in sosta. Tiro molto bello e fotogenico grazie anche al lago di Garda sullo sfondo. 18m, VI.

Il bel traverso esposto della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro prosegue per qualche metro verso sinistra passando attraverso roccette non molto stabili intervallate da zolle terrose ed erbose. Dopo qualche metro la roccia migliora e la linea torna a salire più verticale sfruttando la comoda fessura che incide la placca appoggiata. Le protezioni in questo tratto non sono molte ma è facilmente integrabile. L’arrampicata è in ogni caso piuttosto semplice ed in breve si raggiunge il termine del muretto dove si esce verso sinistra ritornando su roccia meno compatta e più frastagliata che culmina sul terrazzino di sosta. 25m, IV+.

Simone verso il termine del terzo tiro, IV+.

L’ultima lunghezza obliqua verso destra traversando facilmente fino alla base del muretto finale. Qui ci accoglie una placca compatta che si vince in aderenza attraverso una serie di passi delicati in equilibrio. Usciti da questa ci si trova alla base della fessura che culmina in cima alla parete. Con arrampicata atletica, dovuta all’esposizione del muretto finale, si esce sul terrazzino sommitale prestando attenzione agli ultimi massi in quanto incastrati e mobili. Il lungo terrazzo termina ai piedi di una piccola parete dove è posizionata la sosta oltre alla scatola metallica contenente il libro di vetta. 30m, VI.

La linea dell’ultima lunghezza, VI.

Via corta e senza difficoltà rilevanti. Molto bello il secondo tiro mentre gli altri alternano sezioni meritevoli a tratti più anonimi. La chiodatura è sufficiente nei tratti più facili e molto buona dove serve sui tratti più difficili. Nel complesso la salita guadagna maggior senso se concatenata con una delle vie della parete inferiore, altrimenti rimane un’alternativa valida per il post lavoro grazie all’esposizione favorevole e all’avvicinamento breve.

Via dell’Incontro

Grazie alla recente apertura di nuovi itinerari la parete dell’Ir sta guadagnando nuovamente interesse attirando ogni weekend molteplici arrampicatori. La giornata che ci aspetta è molto soleggiata ed anche noi ci dirigiamo alla base della fascia rocciosa per affrontare la “Via dell’Incontro” che si preannuncia essere interessante e di marcato stampo alpinistico.

Il primo tiro sale lungo la rampetta obliqua verso sinistra, oltre la scritta blu che identifica la via. La linea non è visibile nell’immediato, complici i primi cordoni che sono nascosti alla vista da protuberanze naturali. Saliti i primi metri la direzione da seguire si fa più chiara e porta in prossimità di un arbusto con cordone dove inizia una bella lama che corre verso destra. Seguendo quest’ultima, e sfruttandola per inserirci protezioni rapide, si giunge alla base di un muretto, protetto da fix, che si rimonta con passo atletico fino alla placchetta soprastante. Seguendo l’arco che chiude la parete si continua verso destra superando una serie di terrazzini terrosi e qualche piccolo masso instabile fino a che si giunge in prossimità della sosta alla base di una lunga placconata. Verso la fine del tiro l’attrito delle corde si inizia a sentire, ricordarsi di allungare qualche protezione soprattutto nei terrazzamenti finali. 32m, VI.

Martina al termine del primo tiro, VI.

La seconda lunghezza prosegue lungo la bella placca che corre a destra della sosta. Il primo tratto è caratterizzato da una bella ed accogliente fessura che facilita la progressione ed offre qualche spunto per proteggersi. Terminata la fessura si sale in placca con movimenti d’equilibrio puntando al tetto che chiude la parete alla cui base corre orizzontale una bella fessura rovescia da tenere mantenendo i piedi belli alti. Agguantata quest’ultima si inizia a traversare verso destra in direzione di un evidente cordone che si supera per giungere ad una rampetta che prosegue sempre verso destra, con arrampicata più facile. Seguendola si raggiunge in breve anche il termine del tetto che è ora possibile rimontare sfruttando le piccole tacche e fessure della parete di destra. Superato un arbusto, evidentemente tagliato per consentire il passaggio, si segue la rampa appoggiata che sale ora verso sinistra sopra il tetto e raggiunge, senza ulteriori difficoltà, la sosta su di un piccolo terrazzino. Tiro molto bello dove le rare protezioni presenti costringono a movimenti ponderati, soprattutto sulla placca. Il resto della lunghezza è abbastanza proteggibile. 32m, VI.

Lo sviluppo della bella placconata che caratterizza la seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro continua sulla rampa gialla che si sviluppa a destra della sosta. I primi metri portano ad un grosso blocco che, oltrepassato, consente di guadagnare le belle fessure che accompagnano la progressione. Al termine della rampa ci si sposta verso destra per superare lo spigolo della parete e ritrovarsi alla base di una seconda rampetta più corta. La si segue per tutta la sua interezza, con arrampicata facile, fino a che si raggiunge la sosta al termine di un pilastrino. 22m, VI-.

L’inizio del terzo tiro, VI-.

La quarta lunghezza ospita i passi chiave della via. Si inizia seguendo verticalmente la placca oltre la sosta sfruttando la fessura di sinistra sia per la progressione che per l’inserimento di protezioni rapide prima di iniziare il delicato traverso verso destra. Con movimenti d’equilibrio si affronta la placca intermezzata da solido fix. Al termine di questa un cordone bianco penzolante permette di proteggersi prima di proiettarsi sulla rampa che parte alla sua destra. Questa si raggiunge con passo non semplice afferrando in allungo una bella presa di molto al di sopra del cordone. La progressione lungo la rampa è delicata per via delle poche prese marcate a disposizione e della natura piuttosto storta della parete in questo punto. Anche le protezioni scarseggiano anche se è possibile inserire un solido friend circa a metà rampa. Verso la fine un ultimo passaggio fisico permette di raggiungere la sosta al di sotto di un marcato tetto. 25m, VI+.

Simone subito prima del passo chiave della via, VI+.

L’ultimo tiro traversa leggermente verso sinistra per raggiungere la lama che consente di superare il tetto dopo aver protetto il passaggio con friend medio/grande. Con passo atletico si raggiunge la parete soprastante che prosegue senza grosse difficoltà verso destra. Rimontando le ultime facili roccette fessurate si arriva sopra una cengia con arbusto che si lascia sulla sinistra per continuare su roccette appoggiate fino al culmine della parete dove si attrezza la sosta attorno ad un paio di alberelli alla sinistra del barattolo contenente il libro di vetta. 25m, VI-.

Martina lungo gli ultimi metri della via, VI-.

Bella via dallo stampo decisamente alpinistico dove è necessario sapersi muovere bene tra le protezioni, spesso distanti, ed integrare all’occasione. La roccia è piuttosto solida lungo tutto il percorso anche se in alcuni tratti è meglio fermarsi a verificare. Usciti dalla via è possibile continuare lungo la “Via dell’Incontro Superiore” alla parete dell’Ir Superiore.

Via Dante Dassati

Sulla parete del Pezol, alle pendici del Monte Velo, nel versante Arcense, le prime vie sono state tracciate agli inizi degli anni ’80. La scarsa frequentazione ed il tempo hanno gettato nel dimenticatoio questi itinerari, riscoperti solo di recente e rivalorizzati con interventi di ammodernamento. Un esempio è la via “Dante Dassati” che siamo andati a ripercorrere una cupa mattinata di inizio febbraio.

Il primo tiro si svolge lungo roccette poco solide, sintomo di una fascia rocciosa non sempre sana, che si alternano a pilastrini leggermente più compatti per tutta la lunghezza. Dalla base della parete si segue l’evidente linea di cordoni che sale leggermente verso destra rispetto alla partenza della via. Proprio il muretto iniziale presenta la roccia meno compatta e spesso mobile al solo tatto ed è quindi necessario valutare bene le prese che si decidono di prendere. Superare il primo muretto risulta essere anche la difficoltà maggiore della lunghezza in quanto, una volta sulla parete soprastante, la linea si appoggia ed i solidi pilastrini fessurati consentono una progressione agevole fino alla sosta costituita di anello e cordone. Rimanere comunque sull’attenti anche sulla parte superiore del tiro in quanto al di fuori dei pilastri di salita la roccia rimane friabile. 25m, V.

Simone all’inizio del primo tiro, V.

La seconda lunghezza prosegue a destra della sosta su bella placca compatta. L’arrampicata è prevalentemente di aderenza con buone prese per le mani e piedi a spalmo sulla parete. La prima parte della placca si supera sfruttando lo spigolo di sinistra che permette di raggiungere la fonda e comoda fessura che taglia la parete orizzontalmente. Rimontata questa una seconda placchetta ci divide dai terrazzini prima della sosta. Questa si supera con movimenti delicati in equilibrio che permettono di afferrare una comoda presa sullo spigolo di destra, posta un po’ in alto, ed oltrepassare così le difficoltà. Si prosegue ora lungo una successione di brevi pilastrini alternati a cenge, sulla falsa riga del tiro precedente, che, senza ulteriori difficoltà, conducono in breve alla sosta. 30m, VI.

La bella placchetta della seconda lunghezza, VI.

Il terzo tiro cotinua ancora lungo la parete a destra del pilastro di sosta che si raggiunge con passo discendente. La placchetta che si presenta davanti è di facile risoluzione e, uscendone sulla destra, si giunge al di sopra di un terrazzino roccioso chiuso da un piccolo tettino. Da qui si traversa per un paio di metri verso sinistra fino a trovare delle buone e marcate prese che consentono di superarlo agevolmente. Continuando ancora verso sinistra si passa attraverso una zona caratterizzata da rocce rotte che evitano gli arbusti di destra. Il tratto non è protetto ma la progressione è semplice, complice la pendenza della parete tutt’altro che verticale. Giunti in prossimità dello spigolo di sinistra si torna ad obliquare verso destra in direzione di un evidente canale alla cui base è presente la sosta costituita da singolo anello. 30m, V+.

Martina al termine del terzo tiro, V+.

La quarta lunghezza rimonta le rocce staccate subito a destra della sosta proiettandoci all’interno di una largo camino particolarmente terroso. Fortunatamente i primi metri si svolgono lungo la placca fessurata della parete di sinistra, decisamente più pulita e compatta, che mano a mano che si sale diviene più severa e costringe a ripiegare all’interno del canale. Questo, oltre ad importanti accumoli di terra, è caratterizzato da numerosi massi appoggiati ed incastrati, anche di grosse dimensioni, e non è raro smuovere qualcosa durante la progressione. La sosta sottostante è comunque al riparo dalla verticale di caduta ed eventuali massi volanti impattano direttamente nel boschetto sottostante. Il camino non presenta particolari difficoltà e lo si supera sfruttando le pareti laterali un po’ ad incastro. L’arrampicata non è comunque emozionante e la sensazione è quella di volerne uscire al più presto. Il camino termina su di una piccola cengia pendente dove è presente una sosta scomoda. 20m, V-.

Il camino del quarto tiro, V-.

Il quinto tiro è molto breve e sale il muretto fessurato che si sviluppa oltre la sosta fino a raggiungere il tetto posto più in alto. L’arrampicata si svolge principalmente lungo la fessura cha fa arco verso destra, dove è possibile inserire qualche protezione rapida in aggiunta a quelle esistenti qui distanziate. Il tratto è particolarmente sostenuto per via della verticalità della parete e del fatto che le prese non sono mai belle nette. Quando la fessura inizia a curvare ci si sposta sulla placchetta di destra proseguendo con movimenti più semplici fino a raggiungere il termine delle asperità. Qui la roccia muta di forma e colore e dalle lame grige passiamo a gocce su parete rossastra. Senza grosse difficoltà inizia un breve traverso verso destra che conduce alla sosta composta da 2 cordoni posti proprio sotto lo strapiombo (c’è anche la possibilità di aggiungere un 3° cordone nella clessidra artificiale subito sotto a destra dei primi 2). 20m, VI-.

Simone sulla quinta lunghezza, VI-.

La sesta lunghezza inizia traversando verso destra per aggirare il marcato tetto sopra la sosta. Qui è anche presente il passo più difficile della via: con arrampicata fisica ed atletica si rimonta il terrazzino di destra chiuso da un piccolo strapiombo che si supera in allungo raggiungendo con le mani l’inizio della fessura che incide la placca soprastante le difficoltà. Raggiunta questa si prosegue con arrampicata più semplice seguendo la linea dei cordoni a parete che, obliquando verso destra, supera un piccolo arbusto e porta alla base della placca terminale. Qui si torna a salire verticali sfruttando le belle e fonde fessure a parete che, mano a mano che si sale, tendono a scomparire. Un ultimo passo su placca d’equilibrio conduce infine ad una sosta aerea ben evidente. 30m, VI+.

La placca finale del sesto tiro, VI+.

L’ultimo tiro non presenta difficoltà rilevanti ma la qualità della roccia, almeno lungo il primo tratto, costringe quantomeno a non abbassare l’attenzione, Con breve traverso ci si sposta verso sinstra su di un ampio terrazzino e si approccia il muretto finale. Qui qualsiasi cosa si tocchi si muove quindi delicatamente si prosegue fino a che la roccia non migliora ed un ultimo passo in placca conduce alla cresta sommitale. Si cammina raggiungendone il punto più alto dove è sito un cordone. Da qui è possibile traversare verso destra e continuare lungo l’ultimo tiro della via “Cercando la trincea”, oppure proseguire nel boschetto e sostare su di un albero per raggiungere la vetta a piedi. Per non rovinarci la sorpresa per quando andremo ad affrontare l’altra via noi abbiamo deciso di fermarci qui. 30m, IV+.

Le roccette finali, IV+.

Via modesta che alterna roccia molto solida a tratti più scabrosi. L’arrampicata è comunque divertente e continua, mai interrotta da arbusti e zone boschive, ed il bel panorama sul lago di Garda regala uno sfondo magico che ci si ferma ad ammirare ad ogni sosta. L’esposizione fa sì che il sole baci la parete per molte ore, la chiodatura è buona e solo in pochi punti è necessario integrare. Ingredienti ideali per un inevitabile affollamento.