Cascata dello Spallone

La stagione di ghiaccio, come negli ultimi anni, è difficoltosa e le cascate formate sono putroppo poche. Tutti sono alla ricerca delle poche disponibili e basta che qualcuno condivida, su qualche social, una foto di una bella cascata che il giorno dopo ti ritrovi alla base una coda chilometrica di potenziali salitori. Noi non siamo da meno ed assicuratoci che le condizioni fossero quelle ideali partiamo alla volta della “Cascata dello Spallone”. Ci svegliamo di prima mattina nella speranza di non imbatterci in altre cordare e con la frontale ci incamminiamo di buon passo verso la forcella Demetz. La salita è ripida ma fortunatamente la traccia è battuta e quindi proseguiamo abbastanza spediti. Nonostante l’ora mattiniera scorgiamo davanti a noi altre frontali, presagio che la giornata si rivelerà affollata. Arrivati al rifugio Demetz decidiamo di predisporci già per la salita così da avere i ramponi ai piedi per percorrere in sicurezza la cengia dei Fassani. Arriviamo all’attacco mentre altre frontali si apprestano a raggiungerci.

L’avvicinamento lungo la “Cengia dei Fassani”.

La salita inizia al cospetto di una facile sezione di ghiaccio che porta verso destra all’interno di un canale. Dopo qualche metro, sulla sinistra, si trova un muretto verticale lungo giusto un paio di metri, che si sormonta per uscire su nevaio alla base dell’ingresso del canale della lunghezza successiva. Qui si trova la sosta sulla sinistra composta da chiodi. 40m, III.

In arrivo alla prima sosta, III.

La seconda lunghezza è quella chiave. Una volta scaldate un po’ le braccia ci si incammina lungo il nevaio per alcuni metri raggiungendo in breve la sezione di ghiaccio. Dopo aver salito alcuni facili metri ad 80° ci si trova sopra un risalto. Già dal basso si capisce che la poca presenza di ghiaccio non avrebbe aiutato nel proteggersi durante la progressione e non ci resta che affidarci a quello che è presente: qualche chiodo da allungare sulla parete di sinistra. Si prosegue lungo la cascata salendo meduse e cavolfiori. Il passaggio di cordate precedente aiuta a capire dove posizionare picche e ramponi al meglio, trovando sempre buchi già fatti. Sormontata una sporgenza di ghiaccio ci si sposta, con movimento non banale, verso sinistra evitando così gli strapiombi soprastanti. Allungando un ulteriore chiodo ci si appresta ad affrontare la parte più verticale e difficile del tiro che va salita delicatamente sfruttando le piccole meduse disponibili e cercando di essere i più leggiadri possibile. Anche qui inserire protezioni nel ghiaccio è complicato e facciamo affidamento su qualche friend lungo la parete rocciosa. Usciti sul manto nevoso si affronta un grosso masso che porta ad un secondo nevaio dove, al suo termine, è posizionata la sosta su chiodi. 40m, V.

Lungo il camino della seconda lunghezza, V.

Si prosegue ora lungo il nevaio giungendo alla coorte di una corta e facile sezione di ghiaccio che passa al di sotto del tipico masso incastrato che caratterizza la linea. Usciti dal tratto ghiacciato ci si trova ad un bivio: sulla destra una bellissima sezione verticale di ghiaccio, mentre sulla sinistra corre il canale, al momento poco innevato, della linea “Goulotte raggio di sole”. Al cospetto del bivio è presente anche la sosta all’interno di una nicchia alta. 50m, III.

Il caratteristico passagio nel buco lungo il terzo tiro, III.

Dalla sosta si scende alcuni metri per raggiungere la base della parete di ghiaccio sulla destra che si sale in verticale per alcuni metri. Vista la fotogenità della sezione, le istantanee di rito sono d’obbligo. Proseguendo lungo ghiaccio lavorato dai passaggi precedenti, lungo pendenze contenute, si giunge al cospetto di un enorme colata di ghiaccio che si sviluppa ancora per una ventina di metri. Una sezione più appoggiata ci permette di raggiungere un tratto con pendenza di circa 85°. La progressione qui è davvero meritevole, le picche entrano senza problemi e la qualità del ghiaccio dona un senso di sicurezza alla salita. Terminato il ghiaccio si giunge al nevaio sommitale dove si sosta sulla sinistra. 50m, IV.

Lungo il tratto iniziale della quarta lunghezza, IV.

Si prosegue ora lungo bel muro di 80° che è interrotto da un risalto verso metà prima di tornare a salire con caratteristiche analoghe al tratto precedente. Il ghiaccio al nostro passaggio è un po’ spaccoso ma le difficoltà decisamente contenute aiutano nella progressione. Si esce su neve e rocce e si sosta attrezzando con viti oppure sfruttando i chiodi ed il cordone sulla parete di destra. 40m, IV.

La linea del quinto tiro, IV.

Si continua approcciando verso destra un diedro fessurato, non molto largo, e con pendenza attorno ai 70°. La neve poco consistente e la larghezza minuta del passaggio rendono difficoltosa la salita ma in questo tratto ci si riesce a proteggere bene a friends su roccia. In generale la progressione non risulta banale e costringe spesso a movimenti delicati lungo i numerosi risalti che si incontrano lungo il percorso. Al termine del canale è resente la sosta a chiodi. 50m, M4.

Il tratto ghiacciato della sesta lunghezza, M4.

Il persorso da seguire ora non è di facile intuizione. Noi siamo saliti affrontando una serie di facili roccette che dal basso sembravano abbordabili ma che in realtà, complice anche la roccia non molto solida in alcuni tratti, si sono rivelate più ostiche del previsto. Col senno di poi sarebbe stato più semplice mettere via le picche ed uscire sul nevaio, al momento del nostro passaggio inconsistente, fino alla sosta di fine via. 20m, M5.

Lungo l’ultimo tiro, M5.

La via terminerebbe qui ma risalendo alla destra della sosta, faccia a valle, si raggiunge il pendio nevoso che conduce fino in vetta. Il panorama è mozzafiato e vale in pieno la fatica degli ultimi 200 metri di dislivello saliti! Siamo in cima allo spallone del Sassolungo con vista a 360° in mezzo alle Dolomiti. Mangiato qualcosa e fotografato ogni centimetro attorno a noi ci incamminiamo per la lunga discesa, costituita principalmente da doppie, che ci riporta dapprima a terra, poi alla Forcella Demetz ed infine alla macchina.

Il panorama dalla vetta.

Ci avevano detto in molti che questa salita merita il lungo avvicinamento necessario per affrontarla e non possiamo che confermare. Un avventura bella piena, ricca di emozioni e con paesaggi fantastici. Una sfaticata complessa che merita e ripaga appieno però tutti gli sforzi.

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